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Informationen zum Dokument  BGer 5A_688/2008  Materielle Begründung
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BGer 5A_688/2008 vom 11.12.2009
 
Bundesgericht
 
Tribunal fédéral
 
Tribunale federale
 
{T 0/2}
 
5A_688/2008
 
Sentenza dell'11 dicembre 2009
 
II Corte di diritto civile
 
Composizione
 
Giudici federali Hohl, Presidente,
 
Escher, Marazzi,
 
Cancelliere Piatti.
 
Parti
 
A.________Srl,
 
patrocinata dagli avv. Pier Mario e Fabio Creazzo,
 
ricorrente,
 
contro
 
B.________Scparl,
 
patrocinata dall'avv. dott. Carlo Postizzi,
 
opponente.
 
Oggetto
 
sequestro,
 
ricorso contro la sentenza emanata il 9 settembre 2008 dalla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
 
Fatti:
 
A.
 
A.a Con atto di compravendita redatto e sottoscritto in Italia in data 2 novembre 2006, la B.________Scparl ha venduto alla A.________Srl un complesso immobiliare sito nel centro di Marostica (I), sull'area denominata xxx. Fra le parti è in seguito sorta una vertenza fondata sull'esistenza di un vincolo di ostacolo all'edificabilità del complesso, ed asseritamente sottaciuto dalla parte alienante. In Italia sono pendenti nel merito una procedura penale e una procedura civile.
 
A.b Con istanza 23 gennaio 2008, A.________Srl ha chiesto al Pretore del Distretto di Lugano, Sezione 5, di porre sotto sequestro - in applicazione dell'art. 271 cpv. 4 n. 1 LEF - il credito di Euro 8'075'000.-- che B.________Scparl vanta nei confronti di C.________SA di Lugano a seguito dell'escussione della garanzia di pagamento n. 47GA-B61394-5KRA del 31 ottobre 2006. Dopo aver accordato il sequestro il medesimo giorno, con sentenza 21 aprile 2008 il Pretore ha accolto l'opposizione formulata da B.________Scparl ed ha revocato la misura.
 
B.
 
Adita da A.________Srl (qui di seguito anche: ricorrente) con atto 30 aprile 2008, la Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale di appello del Cantone Ticino ha respinto l'appello con la qui impugnata decisione 9 settembre 2008.
 
C.
 
Con il ricorso in materia civile del 9 ottobre 2008, A.________Srl postula la riforma della decisione cantonale nel senso dell'accoglimento del suo appello, in subordine il rinvio della causa alla Corte cantonale. Con decreto 4 novembre 2008 è stato conferito al gravame l'effetto sospensivo. Non sono state chieste osservazioni nel merito.
 
Diritto:
 
1.
 
1.1 Oggetto della presente impugnativa è una decisione in materia di esecuzione e fallimento, contro la quale è aperta la via del ricorso in materia civile al Tribunale federale (art. 72 cpv. 2 lett. a LTF) a condizione che il valore di lite superi i fr. 30'000.-- (art. 74 cpv. 1 lett. b LTF) e che la decisione impugnata sia di ultima istanza cantonale (art. 75 cpv. 1 LTF), ciò che si verifica nel caso di specie.
 
1.2 La decisione dell'autorità cantonale di ricorso (art. 278 cpv. 3 LEF) sull'opposizione al decreto di sequestro (art. 278 cpv. 1 e 2 LEF) è da considerarsi una misura cautelare ai sensi dell'art. 98 LTF (DTF 135 III 232 consid. 1.2 pag. 234), alla stregua del decreto di sequestro medesimo (DTF 133 III 589 consid. 1 pag. 590). Contro decisioni in materia di misure cautelari, il ricorrente può far valere unicamente la violazione di diritti costituzionali (art. 98 LTF), il che presuppone che il ricorrente abbia sollevato e motivato una tale censura (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 133 III 589 consid. 2 pag. 591, cosiddetto "Rügeprinzip").
 
1.3 Ciò vale anche con riferimento all'accertamento dei fatti: posto che il Tribunale federale fonda la propria sentenza sui fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF), la limitazione dell'art. 98 LTF rende inapplicabili (almeno in modo diretto) tanto l'art. 105 cpv. 2 LTF che gli artt. 95 e 97 LTF, ai quali il primo rinvia. Pure una rettifica o una completazione dei fatti dell'istanza inferiore sono pertanto possibili unicamente se fondate su una violazione di diritti costituzionali, ciò che va motivato conformemente alle accresciute esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 133 III 393 consid. 7.1).
 
1.4
 
1.4.1 In ragione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, il ricorrente che lamenta una violazione del divieto d'arbitrio (art. 9 Cost.) non può limitarsi a criticare la decisione impugnata come in una procedura d'appello, dove l'autorità di ricorso gode di cognizione libera, opponendo semplicemente la propria opinione a quella dell'autorità cantonale (DTF 133 III 585 consid. 4.1 pag. 589; 130 I 258 consid. 1.3 pag. 262), bensì deve dimostrare, attraverso un'argomentazione precisa, che la decisione impugnata si fonda su un'applicazione della legge od un apprezzamento delle prove manifestamente insostenibile (DTF 133 III 638 [n. 87] consid. 2 pag. 639; 133 IV 286 consid. 1.4). Non basta, in particolare, che il ricorrente affermi l'arbitrarietà della decisione impugnata adducendo considerazioni generiche (DTF 133 III 589 consid. 2 pag. 591 seg; 125 I 492 consid. 1b).
 
1.4.2 Con riferimento particolare all'apprezzamento delle prove ed all'accertamento dei fatti, visto l'ampio potere che esso riconosce in proposito alle autorità cantonali (DTF 120 Ia 31 consid. 4b pag. 40), il Tribunale federale fa prova di ritegno: ammette una violazione dell'art. 9 Cost. unicamente qualora il giudice non abbia manifestamente compreso il senso e la portata di un mezzo di prova, se ha omesso di considerare un mezzo di prova pertinente senza serio motivo, infine se, sulla base degli elementi fattuali raccolti, il giudice cantonale ha tratto delle deduzioni insostenibili (DTF 133 III 393 consid. 7.1 pag. 398, con rinvii; 129 I 8 consid. 2.1 pag. 9; 127 I 38 consid. 2a pag. 41, con rinvii). Spetta al ricorrente dimostrare con precisione, e per ogni accertamento di fatto censurato, in quale modo, a suo avviso, le prove assunte avrebbero dovuto essere valutate, e per quale ragione l'apprezzamento da parte dell'autorità cantonale sia insostenibile (DTF 129 I 113 consid. 2.1 pag. 120; 128 I 295 consid. 7a pag. 312; 125 I 492 consid. 1b pag. 495, con rinvii). Deve inoltre spiegare, sempre in modo chiaro e dettagliato, che l'eliminazione del vizio è determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 ultima frase LTF per analogia).
 
1.4.3 Vi è arbitrio nell'applicazione della legge quando la decisione impugnata appare manifestamente insostenibile, in patente contraddizione con la situazione reale, quando viola una norma o un principio giuridico indiscusso, infine quando offende in modo insopportabile il sentimento di giustizia. Il Tribunale federale annulla tuttavia una decisione soltanto se la stessa si appalesa insostenibile non soltanto nella motivazione, ma anche nel risultato: che una soluzione divergente da quella adottata dalla Corte cantonale sia altrettanto sostenibile, o addirittura preferibile, non basta (DTF 134 I 140 consid. 5.4 pag. 148; 132 I 175 consid. 1.2 pag. 177; 131 I 467 consid. 3.1 pag. 473 seg., tutte con rinvii).
 
1.5 Non possono essere addotti nuovi fatti o nuovi mezzi di prova, a meno che non ne dia motivo la decisione impugnata, ciò che la parte ricorrente deve debitamente esporre nel proprio gravame (art. 99 cpv. 1 LTF).
 
2.
 
2.1 Va premesso che il presente ricorso è un coacervo quasi inestricabile di censure in fatto ed in diritto, ove per diritto si intendono norme svizzere di rango costituzionale e legislativo nonché norme italiane di carattere amministrativo e civile. Ciò ha costretto la Corte giudicante ad un fastidioso lavoro di sistematizzazione, alla ricerca delle reali censure sollevate. Per questa ragione il ricorso è, visto nel suo insieme, al limite dell'ammissibilità (sentenza 5A_765/2008 del 29 giugno 2009 consid. 2). Qui di seguito verranno pertanto trattate unicamente le censure che hanno potuto essere individuate in maniera attendibile.
 
2.2 Appare inoltre opportuno attirare l'attenzione, prima di entrare nel merito del ricorso, su quello che - in estrema sintesi - può essere detto il nocciolo della presente vertenza. La pretesa per inadempimento contrattuale vantata dalla ricorrente scaturisce dall'esistenza, a carico degli immobili acquisiti, di due vincoli di diritto amministrativo italiano di ostacolo all'edificabilità del complesso immobiliare: un decreto del 15 maggio 1914 ed un secondo decreto del 15 giugno 1915 (quest'ultimo, il cosiddetto "decreto Grippo"). Il primo decreto è menzionato nel contratto, il secondo non lo è rispettivamente lo è soltanto per mezzo di un rimando ad un inserto dell'atto notarile. La ricorrente considera questa contingenza motivo di inadempienza, mentre Pretore e Tribunale di appello considerano i due decreti come un tutt'uno.
 
2.3 Il Tribunale di appello ha peraltro ritenuto che entrambi i decreti risultavano imposti dalla legge n. 364/1909 poi sostituita dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, precisando che gli immobili gravati dal vincolo erano espressamente descritti e che l'area in questione era qualificata "centro storico" in virtù del certificato di destinazione urbanistica (CDU) rilasciato dal Comune di Marostica in data 13 ottobre 2006, allegato al contratto di compravendita e valido anche senza firma delle parti e senza necessità di sua pubblica lettura.
 
2.4 Sulla base di questi accertamenti, la Corte cantonale ha escluso tanto l'ipotesi di dolo ai sensi dell'art. 1439 comma 1 del Codice civile italiano (qui di seguito: CCit) che l'ipotesi di errore essenziale ai sensi dell'art. 1428 CCit - tanto la prima quanto la seconda ipotesi, in virtù dell'espressa ripetuta menzione a contratto del vincolo artistico, che la ricorrente non può pretendere esserle stato ignoto. L'ipotesi di una risoluzione del contratto giusta l'art. 1489 CCit, che tratta della vendita di una cosa gravata da oneri non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non dichiarati nel contratto, è stata scartata in ragione della clausola di esclusione di garanzia della venditrice presente nel contratto di compravendita, poiché tale clausola si riferirebbe ad entrambi i decreti. La Corte cantonale ha peraltro negato, nella circostanza specifica, la natura "non apparente" dell'onere in questione, emergente dal certificato di dichiarazione urbanistica.
 
2.5 La Corte cantonale ha pertanto respinto l'appello della procedente per non avere quest'ultima reso verosimile il credito a suo favore.
 
3.
 
3.1 La ricorrente, pur ammettendo che i fatti sono correttamente riassunti nella decisione impugnata, li ripropone abbondantemente arricchiti di precisazioni che non emergono dalla pronuncia cantonale, dunque nuove, senza per questo avvalersi della censura di arbitrio e senza dimostrare l'eccezionale ammissibilità di nova. Ciò vale in particolare con riferimento alle considerazioni dedicate al certificato di destinazione urbanistica nonché alla sua mancata firma: esse sono nuove poiché il Tribunale di appello ha constatato che tali censure non erano più state sollevate in sede di appello. Questo modo di procedere è contrario alle regole di procedura esposte supra (artt. 105 cpv. 1 e 99 cpv. 1 LTF; consid. 1.3, 1.4.2 e 1.5). Di dette precisazioni non sarà pertanto tenuto conto. Peraltro, la ricorrente nemmeno censura l'accertamento della Corte cantonale secondo cui la dispensa dalla lettura di tale documento risulta dall'atto notarile.
 
3.2 Sotto il titolo dell'arbitrario apprezzamento delle prove, la ricorrente lamenta che la Corte cantonale non ha tenuto conto di - a suo dire - importanti elementi di fatto dettagliatamente esposti: si riferisce alle deposizioni, nella procedura penale italiana, dell'ing. D.________, dell'arch. E.________ e dell'arch. F.________, dalle quali essa desume che la venditrice era perfettamente al corrente degli insormontabili vincoli edificatori scaturenti dal decreto Grippo per aver già dovuto rinunciare ad un proprio progetto.
 
Limitandosi a riproporre acriticamente alcune testimonianze, senza neppure tentare di dimostrare che la loro mancata considerazione da parte della Corte cantonale sia insostenibile, la ricorrente non adempie i requisiti di motivazione esposti sopra (consid. 1.4.2). Peraltro, la censura è formulata in modo tendenzioso: il Tribunale di appello ha definito priva di pertinenza unicamente la questione legata al sequestro conservativo chiesto in Italia dalla venditrice, avanti al Tribunale federale non più sollevata. Con riferimento alle deposizioni citate, i Giudici d'appello hanno invece rinviato alla decisione giudiziaria italiana che ha confermato l'archiviazione del procedimento penale, e che in tal modo ha smentito l'unilaterale lettura delle deposizioni proposta dalla ricorrente. Considerato, infine, che i Giudici cantonali hanno positivamente ritenuto che i vincoli pianificatori emergevano sufficientemente dal contratto, mal si comprende - né la ricorrente spiega - cosa potrebbe cambiare qualora fosse accertato che la banca era a conoscenza della portata di detti vincoli. Così come formulata, la censura è inammissibile per manifesta carenza di motivazione.
 
3.3 L'apodittica chiosa, secondo la quale dal lamentato arbitrario apprezzamento delle prove debba necessariamente derivare un diniego di giustizia, è parimenti priva di motivazione, al punto che non si comprende se la ricorrente abbia davvero voluto eccepire un diniego di giustizia nel senso di una violazione del diritto di essere sentita (art. 29 cpv. 2 Cost.), o se l'espressione utilizzata abbia semplicemente voluto sottolineare la censura di arbitrio. Presa di per sé, la censura è inammissibile.
 
4.
 
4.1 Il sequestro è concesso se, fra l'altro, la parte istante ha reso verosimile la propria pretesa (art. 272 cpv. 1 n. 1 LEF). In merito all'adempimento dei criteri del sequestro, l'autorità chiamata a pronunciarsi su ricorso contro la decisione sull'opposizione al sequestro (art. 278 cpv. 3 LEF) statuisce, come già il primo giudice, in base a criteri di verosimiglianza (DTF 135 III 474 consid. 3.3.2; sentenza 5P.341/2006 del 23 novembre 2006 consid. 3.2; Yvonne Artho von Gunten, Die Arresteinsprache, 2001, pag. 146; Bertrand Reeb, Les mesures provisoires dans la procédure de poursuite, RDS 116/1997 II pag. 482). Basta così che il giudice, fondandosi su elementi oggettivi, acquisisca l'impressione che i fatti pertinenti si siano realizzati, senza dover escludere la possibilità che si siano svolti in altro modo (sentenza 5P.341/2006 del 23 novembre 2006 consid. 3.2; Walter A. Stoffel, Kommentar zum Bundesgesetz über Schuldbetreibung und Konkurs, vol. III, n. 3 ad art. 272 LEF e la dottrina citata; per le misure cautelari v. DTF 104 Ia 408 consid. 4 pag. 413). La parte istante deve pure rendere verosimile il diritto (estero) sul quale essa fonda la propria pretesa (sentenza 5P.355/2006 dell'8 novembre 2006 consid. 4.2 e 4.3; Peter Breitschmid, Übersicht zur Arrestbewilligungspraxis nach revidiertem SchKG, AJP 8/99 n. 1.3 pag. 1009); in merito, il giudice procede ad un esame sommario (Pierre-Robert Gilliéron, Commentaire de la loi fédérale sur la poursuite pour dettes et la faillite, vol. IV, 2003, n. 15 ad art. 272 LEF).
 
È questione di diritto federale determinare il grado di prova (certezza, verosimiglianza preponderante o semplice, v. DTF 132 III 715 consid. 3.1) esigibile in un determinato caso (sentenza 4A_48/2008 del 10 giugno 2008 consid. 3.2, in sic! 11/2008 pag. 820; sentenza 4C.371/2005 del 2 marzo 2006 consid. 2.1, in sic! 7-8/2006 pag. 501). E ciò, sebbene nel presente caso il diritto federale sarebbe da esaminare nell'ottica dell'arbitrio. Sapere se, nel caso di specie, sia raggiunto il grado di verosimiglianza richiesto dal diritto federale, riguarda per contro l'apprezzamento delle prove (DTF 130 III 321 consid. 5 pag. 327 e le sentenze menzionate; in proposito v. supra consid. 1.4.2). Certo, a seconda delle circostanze del caso concreto un determinato fatto può apparire verosimile con maggiore o minore immediatezza; ma anche questo aspetto concerne l'apprezzamento delle prove (DTF 130 III 321 consid. 3.3 pag. 325 seg.). Analogamente a quanto appena detto a proposito dell'accertamento dei fatti, vale anche per l'esame di verosimiglianza del diritto sul quale viene fondata la pretesa: anche in questo ambito il giudice del sequestro gode di un margine di apprezzamento che il Tribunale federale rivede con ritegno (cfr. supra consid. 1.4.2).
 
4.2 Richiamato l'art. 272 cpv. 1 n. 1 LEF, la ricorrente ribadisce - in sintesi - che il giudice del sequestro deve attenersi ad un esame del credito di mera verosimiglianza, e che gli è dunque vietato approfondire eccessivamente l'esame. Formulata in termini ambigui, la critica ricorsuale non permette di comprendere se con essa voglia essere rimproverato alla Corte cantonale di aver adottato un errato grado di prova (troppo elevato) oppure di aver mal applicato il grado di prova corretto.
 
4.2.1 Un'attenta lettura porta ad escludere la prima ipotesi; la ricorrente, in altre parole, non pare pretendere che il Tribunale di appello abbia adottato per sbaglio il grado di prova errato. In ogni caso, anche volendo considerare tale ipotesi per scrupolo di completezza, sia rilevato che, qualora letta quale critica contro l'errata applicazione degli artt. 8 CC e 272 LEF, la censura sarebbe infondata: limitata la cognizione del Tribunale federale, nel presente contesto, all'arbitrio (supra, consid. 1.2), constatato che i Giudici cantonali affermano espressamente, con puntuali e pertinenti rinvii dottrinali, di dover esaminare la pretesa nell'ottica della verosimiglianza, appare improponibile affermare che essi abbiano adottato un errato grado di prova.
 
La censura di errata (recte: arbitraria) applicazione del diritto federale sarebbe dunque infondata.
 
4.2.2 La censura ricorsuale sembra piuttosto doversi leggere nel senso che il giudice non sarebbe autorizzato a prendere in considerazione le risultanze di un esame approfondito dell'esistenza del credito che lo convincessero che il credito non esiste, bensì dovrebbe adottare un criterio d'esame più superficiale e concedere il sequestro se, alla luce di un tale esame più superficiale, l'esistenza del credito dovesse apparire non del tutto esclusa. La ricorrente, in altre parole, pretende che i ragionamenti e gli apprezzamenti dei Giudici cantonali vadano oltre ciò che si possa considerare "verosimiglianza".
 
4.3 Si pone allora la questione a sapere se il Tribunale di appello abbia applicato in modo arbitrario il criterio della verosimiglianza. La questione si pone tanto con riferimento all'accertamento dei fatti che alla determinazione del diritto estero applicabile (supra consid. 4.1).
 
5.
 
5.1
 
5.1.1 È insito nel concetto di verosimiglianza, meno rigorosa della certezza, che al giudice di merito compete un determinato margine d'apprezzamento (supra consid. 4.1), nel riesame del quale il Tribunale federale interviene comunque con ritegno (consid. 1.4.2). La limitazione del grado di convincimento del giudice alla semplice verosimiglianza non significa tuttavia che al giudice sia vietato approfondire la questione nella misura che egli giudichi opportuna, costringendolo a rinnegare il proprio convincimento. Adottato nel contesto del sequestro, il criterio di verosimiglianza intende piuttosto facilitare il lavoro al giudice (ed alla parte sequestrante), prevedendo la concessione della misura cautelare del sequestro già in presenza di indizi sufficienti per far apparire il credito probabile anche se non certo. Per contro, quella della verosimiglianza non può essere letta quale regola volta ad impedire al giudice di approfondire l'esame secondo coscienza.
 
5.1.2 Avanti al Tribunale federale, poi, l'esame dell'applicazione del criterio della verosimiglianza avviene nell'ottica ristretta dell'arbitrio, atteso che si tratta di provvedimenti cautelari nel senso dell'art. 98 LTF (supra consid. 1.2). In ogni caso, anche a prescindere da quanto appena osservato, in una causa di natura pecuniaria un ricorrente non può prevalersi di un'errata applicazione del diritto estero, ma può unicamente lamentare una sua applicazione arbitraria (art. 96 lett. b LTF e contrario; DTF 133 III 446 consid. 3.1). La prospettiva meno dettagliata dell'arbitrio si viene pertanto a sommare alla latitudine d'apprezzamento insita nel criterio della verosimiglianza, rialzando ulteriormente la soglia d'intervento del Tribunale federale.
 
5.1.3 È in quest'ottica che vanno esaminate le censure della ricorrente di arbitrio nell'applicazione del criterio della verosimiglianza.
 
5.2
 
5.2.1 Come già accennato (supra consid. 2.2), la ricorrente propone una propria rilettura dell'atto preliminare di compravendita 6 luglio 2006 e del contratto di compravendita 2 novembre 2006, deducendone che la venditrice aveva notificato un solo vincolo, quello del 15 maggio 1914, e non anche il decreto Grippo, ed era dunque stata inadempiente. Accompagna il tutto con un'interpretazione propria dell'art. 1489 CCit fondata su numerosi estratti di sentenze della Corte di Cassazione italiana, dalle quali essa deduce che nel caso concreto, il vincolo di inedificabilità non aveva efficacia erga omnes, ma doveva essere portato a conoscenza dell'acquirente, con il relativo onere probatorio a carico dell'alienante.
 
5.2.2 Tanto nel contesto dell'interpretazione del contratto litigioso che nella lettura del diritto italiano, la ricorrente si limita ad esporre la propria visione, ribadendo che anch'essa è verosimile. Così facendo, la ricorrente capovolge i termini del discorso e disattende i principi di motivazione del gravame: sarebbe stato suo preciso onere dimostrare che l'opinione (divergente) sostenuta dal Tribunale di appello fosse non soltanto errata, bensì insostenibile (art. 106 cpv. 2 LTF; supra consid. 1.4.2, 1.4.3 e 5.1.2).
 
5.2.3 In ogni caso, anche esaminata nel merito, la soluzione del Tribunale di appello non può dirsi arbitraria.
 
Intanto, limitandosi a suggerire l'ipotesi che il vincolo scaturente dal decreto Grippo del 15 giugno 1915 potrebbe anche costituire uno specifico provvedimento amministrativo, la ricorrente si limita a riproporre un'alternativa alla soluzione ritenuta dal Tribunale di appello; così facendo, essa non censura in maniera ammissibile l'assunto della vincolatività erga omnes del "decreto Grippo". Peraltro - e contrariamente a quanto pretende la ricorrente --, va da sé che il Tribunale di appello non poteva evitare di pronunciarsi, nei limiti della propria limitata competenza, sulla vincolatività del "decreto Grippo": mal si vede come altrimenti avrebbe potuto giudicare.
 
Quanto all'interpretazione del diritto italiano, e meglio dell'art. 1489 CCit, la dettagliata esposizione dei fattori che potrebbero portare a concludere per la necessità di un'espressa menzione del vincolo nell'atto notarile, segnatamente la già citata distinzione fra vincolo imposto dalla legge e specifico provvedimento amministrativo, non basta per rendere insostenibile la conclusione opposta del Tribunale di appello. Questa, infatti, si fonda su tutt'altro argomento, ovvero sull'esclusione della garanzia della venditrice, in quanto riferita al vincolo artistico. Ora, poiché la ricorrente non ha saputo dimostrare l'arbitrio insito nella conclusione del Tribunale di appello, secondo la quale i due decreti del 1914 e del 1915 sono da considerarsi un tutt'uno, espressione della tutela imposta già ai sensi della legge n. 364/1909 sostituita dal Decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 menzionato nel contratto di compravendita, non si può dire che risulti addirittura arbitrario immaginare come verosimile l'applicazione della clausola di esclusione della garanzia - che la ricorrente, peraltro, non discute.
 
Nei limiti del suo esame fondato sul criterio di convincimento della verosimiglianza, il giudice del sequestro poteva senza arbitrio considerare la pretesa della ricorrente non sufficientemente verosimile.
 
5.3 La censura di arbitrio nell'applicazione del criterio della verosimiglianza si appalesa pertanto infondata nella misura della sua ammissibilità.
 
5.4 Posto che non vi è stato arbitrio nella conclusione che la ricorrente non ha reso verosimile il credito sul quale si fonda la domanda di sequestro, ci si può esimere dall'esaminare gli ulteriori presupposti per la concessione della misura e le relative considerazioni della ricorrente.
 
6.
 
In conclusione, nella ridotta misura della sua ammissibilità il gravame va respinto, con conseguenza di tassa e spese a carico della ricorrente soccombente (art. 66 cpv. 1 LTF). Non sono da attribuire ripetibili all'opponente, non invitata ad esprimersi nel merito e la cui opposizione al conferimento dell'effetto sospensivo al ricorso è rimasta senza successo (art. 68 cpv. 1 LTF).
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
 
1.
 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
 
2.
 
Le spese giudiziarie di fr. 20'000.-- sono poste a carico della ricorrente.
 
3.
 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, alla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino e all'Ufficio esecuzione di Lugano.
 
Losanna, 11 dicembre 2009
 
In nome della II Corte di diritto civile
 
del Tribunale federale svizzero
 
La Presidente: Il Cancelliere:
 
Hohl Piatti
 
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