VerfassungsgeschichteVerfassungsvergleichVerfassungsrechtRechtsphilosophie
UebersichtWho-is-WhoBundesgerichtBundesverfassungsgerichtVolltextsuche...

Informationen zum Dokument  BGer 6S.17/2004  Materielle Begründung
Druckversion | Cache | Rtf-Version

Bearbeitung, zuletzt am 16.03.2020, durch: DFR-Server (automatisch)  
 
BGer 6S.17/2004 vom 22.07.2004
 
Tribunale federale
 
{T 0/2}
 
6S.17/2004 /viz
 
Sentenza del 22 luglio 2004
 
Corte di cassazione penale
 
Composizione
 
Giudici federali Schneider, presidente,
 
Wiprächtiger, Kolly, Karlen, Ramelli, giudice supplente,
 
cancelliere Garré.
 
Parti
 
Ministero pubblico del Cantone Ticino,
 
Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano,
 
ricorrente,
 
E.________,
 
patrocinata dall'avv. Ulderico Provini,
 
parte civile,
 
contro
 
A.________,
 
opponente, patrocinato dall'avv. Stefano Will,
 
Oggetto
 
Promovimento della prostituzione
 
(art. 195 cpv. 2, 3 e 4 CP),
 
ricorso per cassazione contro la sentenza
 
del 26 novembre 2003 della Corte di cassazione
 
e di revisione penale del Tribunale d'appello del
 
Cantone Ticino.
 
Fatti:
 
A.
 
Tra il 2 aprile 1998 ed il 22 novembre 2000 nelle camere poste sopra il bar X.________ di Chiasso hanno soggiornato non meno di 66 cittadine straniere, per complessivi 3'500 pernottamenti. Il bar era di fatto gestito da A.________. Le ospiti pagavano per vitto e alloggio fr. 65.-- al giorno, poi aumentati a fr. 90.--. Nelle camere esse praticavano la prostituzione con clienti contattati nel bar sottostante.
 
B.
 
Il 22 novembre 2000 A.________ veniva arrestato per ordine del Ministero pubblico del Cantone Ticino ed il 13 giugno 2001 veniva posto in stato d'accusa per promovimento della prostituzione (segnatamente a danno delle cittadine lettoni B.________, C.________, D.________ e E.________), truffa, falsità in documenti e infrazione alla legge federale sul domicilio e la dimora degli stranieri (LDDS; RS 142.20).
 
C.
 
Con sentenza del 20 agosto 2001 il presidente della Corte delle assise correzionali di Mendrisio proscioglieva A.________ dall'accusa di promovimento della prostituzione, truffa e falsità in documenti, dichiarandolo però colpevole di infrazione alla LDDS per avere favorito, dando alloggio, il soggiorno in Svizzera di B.________ tra il novembre del 1999 e il novembre del 2000, eccedendo di una trentina di giorni il limite consentito di sei mesi annui. Per questo reato A.________ veniva condannato a 20 giorni di detenzione da espiare. Non veniva invece revocata la sospensione condizionale a un'espulsione che il condannato si era visto infliggere il 10 novembre 1995 dalla Corte delle assise criminali di Lugano. Il periodo di prova veniva tuttavia prolungato di un anno. Il tribunale non dava infine luogo alle pretese di parte civile sollevate da E.________.
 
D.
 
Il 26 novembre 2003 la Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CCRP) respingeva nella misura della sua ammissibilità il ricorso per cassazione presentato dal Procuratore pubblico e dichiarava inammissibile il ricorso per cassazione inoltrato da E.________, confermando così la sentenza di prima istanza.
 
E.
 
Il Procuratore pubblico insorge davanti al Tribunale federale con tempestivo ricorso per cassazione contro la decisione dell'ultima istanza cantonale, domandando l'annullamento della sentenza impugnata ed il rinvio del procedimento all'autorità cantonale per un nuovo giudizio.
 
F.
 
La CCRP rinuncia a presentare osservazioni al ricorso. Il resistente domanda che il ricorso venga respinto nella misura della sua ammissibilità, chiedendo implicitamente di venire ammesso all'assistenza giudiziaria. La parte civile E.________ aderisce alle motivazioni del ricorso, senza aggiungere proprie osservazioni, limitandosi a chiedere l'accoglimento del ricorso.
 
Diritto:
 
1.
 
1.1 Il ricorso per cassazione può essere proposto unicamente per violazione del diritto federale (art. 269 cpv. 1 PP). Incombe al ricorrente di esporre in modo conciso quali sono le norme di diritto federale violate e in che cosa consiste la violazione (art. 273 cpv. 1 lett. b seconda frase PP). La Corte di cassazione penale del Tribunale federale è vincolata dagli accertamenti di fatto dell'autorità cantonale (art. 277bis cpv. 1 seconda frase PP). Essa deve pertanto fondare il proprio giudizio sui fatti accertati dall'ultima istanza cantonale oppure dall'autorità inferiore, ma solo nella misura in cui quest'ultimi siano ripresi perlomeno implicitamente nella decisione impugnata (DTF 129 IV 246 consid. 1). Il ricorrente non deve criticare accertamenti di fatto né proporre eccezioni ed impugnazioni nuove (art. 273 cpv. 1 lett. b ultima frase PP).
 
Qualora una censura sia stata dichiarata inammissibile dall'autorità cantonale, essa non può essere riproposta nell'ambito di un ricorso per cassazione, a causa del mancato previo esaurimento delle istanze ricorsuali cantonali (art. 268 n. 1 PP; DTF 123 IV 42 consid. 2a).
 
1.2 Il ricorrente ribadisce anzitutto l'assoluta credibilità delle testimonianze rese da B.________, C.________, D.________ e E.________, riconfermando le censure di arbitrarietà già sollevate nel pregresso ricorso alla CCRP (ricorso pag. 3 e seg.). Si tratta di considerazioni relative agli accertamenti di fatto, come tali inammissibili in ambito di ricorso per cassazione al Tribunale federale. Su questo punto il gravame è dunque irricevibile, come già correttamente osservato da parte del resistente (risposta pag. 3), tanto più che parte di tali censure sono già state dichiarate inammissibili dall'autorità cantonale per cui non sono più riproponibili in questa sede.
 
2.
 
2.1 Nel ricorso viene fatta valere una violazione dell'art. 195 CP. A mente dell'accusa la condotta di A.________ adempie i requisiti oggettivi e soggettivi della fattispecie di promovimento della prostituzione nelle forme specifiche previste ai cpv. 2, 3 e 4 di tale articolo.
 
2.2 La fattispecie di promovimento della prostituzione giusta l'art. 195 CP può configurarsi sotto quattro forme esplicitamente elencate nella legge. Si rende colpevole di questo reato chiunque:
 
- sospinge alla prostituzione un minorenne (cpv. 1);
 
- profittando di un rapporto di dipendenza o per trarne un vantaggio patrimoniale, sospinge altri alla prostituzione (cpv. 2);
 
- lede la libertà d'azione di una persona dedita alla prostituzione sorvegliandola in questa sua attività o imponendole il luogo, il tempo, l'estensione od altre circostanze inerenti all'esercizio della prostituzione (cpv. 3);
 
- mantiene una persona nella prostituzione (cpv. 4).
 
Dato che nel caso in esame non sono coinvolte persone minorenni è possibile ridurre l'analisi alle ultime tre varianti.
 
Le circostanze di politica criminologica che hanno portato il legislatore ad introdurre nel 1992 l'art. 195 CP attualmente in vigore, in sostituzione degli art. 198-201 vCP, sono state recentemente illustrate dal Tribunale federale in DTF 129 IV 71 consid. 1.3. In questa sede si può quindi semplicemente rinviare a tale sentenza ribadendo comunque come questa nuova disposizione da un canto protegge l'autodeterminazione sessuale delle persone dedite alla prostituzione e, d'altro canto, fa in modo che altre persone non siano indotte, loro malgrado, a prostituirsi. L'intervento del diritto penale in questo settore è dunque esclusivamente volto a proteggere la libertà personale (FF 1985 II 904, 974 e segg.).
 
3.
 
3.1 La prima ipotesi da esaminare è quella prevista all'art. 195 cpv. 2 CP. Sospinge alla prostituzione chi inizia una persona a questo mestiere e la convince a esercitarlo. Perché questo comportamento sia penalmente rilevante occorre che l'influenza sia esercitata con una certa intensità e che avvenga abusando di un rapporto di dipendenza oppure per trarne un vantaggio patrimoniale. Si devono dunque configurare cumulativamente due condizioni: da un lato è necessario che il reo eserciti una certa pressione sulla vittima; dall'altro deve esserci abuso di dipendenza oppure fine di lucro.
 
3.2 Per quanto riguarda la prima condizione, ovvero la pressione esercitata sulla vittima, non basta un semplice consiglio o invito, ma occorre che venga intralciata con una certa intensità la sua libertà di volere e agire, per esempio mediante un comportamento pressante o insistente, che come tale oltrepassi il semplice incitamento o consiglio (DTF 129 IV 71 consid. 1.4 e rinvii).
 
3.3 Per quanto attiene alla seconda condizione la legge prevede due ipotesi alternative.
 
3.3.1 La prima ruota attorno alla nozione di dipendenza, la quale deve essere compresa in senso lato, lasciando tuttavia al giudice il compito di apprezzare la situazione concreta. Essa può già essere ammessa quando la vittima risulta succube del reo, oppure nel caso di stato di bisogno, rapporto di lavoro, tossicodipendenza, esposizione finanziaria ecc. (DTF 129 IV 71 consid. 1.4 pag. 77 e rinvii dottrinali). Trattandosi di una questione di apprezzamento delle circostanze concrete la corte di merito, più vicina ai fatti, fruisce di un'ampia autonomia. Il Tribunale federale interviene solo quando essa cade nell'eccesso o nell'abuso del suo potere di apprezzamento, ossia quando si scosta senza motivo dai principi riconosciuti da dottrina e giurisprudenza, oppure quando si basa su criteri giuridicamente irrilevanti, tralascia importanti aspetti, rispettivamente effettua una ponderazione manifestamente errata delle circostanze del caso (DTF 129 IV 6 consid. 6.1; 128 III 428 consid. 4 e rispettivi rinvii).
 
3.3.2 La seconda forma di promovimento della prostituzione prevista all'art. 195 cpv. 2 CP è subordinata alla condizione che l'autore intenda trarne un profitto pecuniario. Il movente diventa quindi qui un elemento costitutivo del reato (FF 1985 II 976). A questo proposito dottrina e giurisprudenza sottolineano come non si tratti di reintrodurre, attraverso questa variante di reato, le considerazioni di natura morale presenti nelle vecchie disposizioni penali contro il lenocinio o lo sfruttamento della prostituzione, esplicitamente criticate dal legislatore nell'adozione del nuovo diritto penale sessuale. Al centro resta invece anche in questo ambito l'autodeterminazione sessuale della vittima come nelle altre varianti di reato (DTF 129 IV 71 consid. 1.4 pag. 77 e rinvii).
 
3.4 A mente dell'accusa, il resistente ha sospinto alla prostituzione B.________, C.________, D.________ e E.________ profittando di un rapporto di dipendenza o per trarne un vantaggio patrimoniale (ricorso pag. 5 e segg.). A sostegno della sua tesi il Procuratore pubblico formula numerose considerazioni relative all'accertamento dei fatti, come tali inammissibili in questa sede. Valgano a titolo di esempio il passaggio dove viene nuovamente affermata l'assoluta credibilità delle testimoni (ricorso pag. 5), nonché i numerosi richiami agli atti istruttori predibattimentali o addirittura al pregresso ricorso per cassazione (ricorso pag. 6 e 7). Molto problematici da questo punto di vista sono anche i continui richiami alla sentenza del primo giudice, la quale non è di per sé oggetto di questa procedura, per cui, come già sottolineato al consid. 1.1, gli accertamenti di fatto operati in quella sede possono venire presi in considerazione dal Tribunale federale solo nella misura in cui vi si faccia perlomeno implicito riferimento nella sentenza impugnata. L'esame delle censure sollevate nel ricorso va quindi limitato a quelle che adempiono tali requisiti di ricevibilità, ovvero quelle relative alla sussumibilità all'art. 195 cpv. 2 CP dei fatti accertati in sede cantonale. Da questo profilo l'unica contestazione ammissibile è quella che ruota attorno al concetto di pressioni ambientali e personali. Secondo il ricorrente le giovani donne in questione sono state oggetto di pressioni ambientali di natura personale, finanziaria e psicologica ben note al resistente, il quale, approfittando di questo loro rapporto di inferiorità e di dipendenza, le avrebbe sapientemente sfruttate alfine di sospingerle alla prostituzione (ricorso pag. 7).
 
3.5 Occorre dunque anzitutto chiarire se il resistente ha sospinto altri alla prostituzione ai sensi dell'art. 195 cpv. 2 CP. A questo proposito la CCRP, dopo essersi ampiamente confrontata con gli accertamenti di fatto operati dal primo giudice, è giunta alla seguente conclusione:
 
" [...] l'accertamento della Corte di assise, secondo cui le ragazze hanno liberamente accolto la proposta di lavorare - dandosi il caso - come prostitute al bar X.________ e non perché condizionate in modo rilevante dalla loro fragilità o vulnerabilità dovuta a "pressioni ambientali" resiste alla critica" (sentenza impugnata pag. 23).
 
Le autorità cantonali sottolineano come B.________, C.________, D.________ e E.________ siano "giunte in Svizzera nella convinzione di essere destinate ad un lavoro onesto, ancorché in tre casi da esercitare in luoghi ove si praticava la prostituzione" (sentenza impugnata pag. 19). La loro situazione al momento in cui si sono date alla prostituzione viene descritta nei seguenti termini:
 
"[...] queste si erano viste offrire un lavoro di meretrice, erano state sollecitate a rimborsare le spese di viaggio e a corrispondere una forte commissione da parte di chi aveva trovato loro il lavoro, si erano trovate senza mezzi per il ritorno, si erano indebitate per sostentarsi e non conoscevano la lingua" (sentenza impugnata pag. 19 e seg. con richiamo alla sentenza del primo giudice).
 
Di questa difficile situazione le autorità cantonali non disconoscono il peso ma sottolineano altresì che "non si trattava di ragazze ignoranti o sottosviluppate, disperate né tanto meno affamate" e che nessuna di esse "aveva preteso di essere stata minacciata o privata della libertà personale o dei propri documenti o della possibilità di chiedere aiuto". In questo senso il primo giudice con il pieno avallo della CCRP ha ritenuto che la prostituzione non rappresentava per loro "l'unica via d'uscita" dalla situazione in cui si trovavano ed ha concluso che "le ragazze avevano preferito esercitare la prostituzione piuttosto che tornare a casa, cedendo liberamente alle pressioni ambientali" (sentenza impugnata pag. 20 con richiamo alla sentenza del primo giudice). D'altro canto per quanto riguarda il comportamento tenuto dal resistente viene rilevato come egli non ha ingannato le giovani donne sul lavoro che le attendeva, non ha preteso da loro alcuna provvigione e non si è rivolto a nessuno per ottenere che esse venissero a lavorare da lui. Complessivamente la condotta del resistente viene giudicata come segue:
 
"Egli ha profittato tutt'al più del disagio in cui le ragazze si trovavano per trarne vantaggi economici, presentandosi come un buon samaritano, salvo proporre poi quanto anche gli altri offrivano. Ma ciò non toglie [...] che il suo fosse un intervento di second'ordine e in seconda battuta, limitato a consentire l'esercizio della prostituzione, senza intensità di rilievo penale, non avendo egli alcuna responsabilità per la prima fase dell'operazione, in cui le ragazze sarebbero state raggirate, sradicate dal loro paese e indebitate" (sentenza impugnata pag. 21 con richiamo alla sentenza del primo giudice).
 
3.6 I giudici cantonali non distinguono con sufficiente coerenza analitica gli elementi tipici della fattispecie in esame. Vi è in questo senso uno scarto argomentativo fra le corrette considerazioni giuridiche formulate in ingresso (v. sentenza impugnata pag. 4 e seg.) e la loro applicazione concreta nel caso di specie. In modo particolare non risulta sempre in maniera chiara se le considerazioni dei giudici cantonali si riferiscano all'atto di sospingere alla prostituzione, oppure al concetto di abuso di dipendenza rispettivamente di ricerca di un vantaggio patrimoniale. Per quanto riguarda il sospingimento alla prostituzione va preso atto che i giudici cantonali non contestano l'esistenza di pressioni ambientali in quanto tali, bensì l'impatto che esse avrebbero avuto sulla libertà di scegliere delle giovani. A mente della CCRP la prostituzione non rappresentava l'unica via d'uscita dalla loro difficile situazione e del resto nessuna di esse aveva preteso di essere stata minacciata o privata della libertà personale o della possibilità di chiedere aiuto (sentenza impugnata pag. 20). A questo proposito va tuttavia sottolineato come l'atto di sospingere alla prostituzione non presuppone necessariamente l'esistenza di condizioni così estreme: è sufficiente un intralcio di una certa intensità alla libertà personale, il quale può eventualmente verificarsi anche mettendo a disposizione locali e clienti a scopo di prostituzione, o fungendo da intermediario (DTF 129 IV 71 consid. 1.4 e rinvii). Si tratta di una situazione indubbiamente perfezionata nel caso in esame, visto che sulla base degli accertamenti di fatto effettuati in sede cantonale il resistente ha effettivamente messo a disposizione sia i locali che la clientela del proprio bar a tale scopo. Egli consigliava alle prostitute i clienti che pagavano meglio, li sceglieva, trattava e combinava gli accordi, fungeva da interprete, anticipava addirittura i soldi per coloro che non potevano pagare (v. sentenza impugnata pag. 30 e seg.). È inoltre indubbio che egli abbia fatto leva sulla difficile situazione in cui tutte e quattro le giovani si sono trovate al momento del loro arrivo in Ticino. Ha dunque approfittato di quelle che il ricorrente definisce correttamente pressioni ambientali allo scopo di indurle a prostituirsi. In questo senso i giudici cantonali hanno erroneamente negato l'esistenza del requisito del sospingimento, insistendo a torto sul fatto che il resistente non ha nessuna responsabilità nell'organizzazione dell'arrivo in Svizzera delle giovani, ma ha agito solo "in seconda battuta" (sentenza impugnata pag. 21). Queste ultime considerazioni sono irrilevanti nella fattispecie, visto che non è in questione il reato di tratta di esseri umani ai sensi dell'art. 196 CP, bensì quello di promovimento della prostituzione il quale non presuppone la partecipazione del reo alla tratta di prostitute, eventualità qui del resto mai adombrata nemmeno da parte dell'accusa.
 
3.7 Perché la fattispecie dell'art. 195 cpv. 2 CP sia adempiuta non è tuttavia sufficiente che il reo abbia sospinto altri alla prostituzione, ma occorre anche che tale condotta sia effettuata profittando di un rapporto di dipendenza oppure per trarne un vantaggio patrimoniale.
 
3.7.1 Per quanto riguarda l'abuso di un rapporto di dipendenza i giudici cantonali non hanno esaminato nel dettaglio la questione, limitandosi a contestare in maniera diffusa l'esistenza di costrizioni che avessero intralciato in termini penalmente rilevanti la libertà sessuale delle giovani e concludendo quindi che la loro decisione di prostituirsi rappresentasse una scelta libera. Fra le argomentazioni addotte a sostegno di questa tesi va in particolare citato il seguente passaggio:
 
"[Il primo giudice] ha dato atto che le giovani erano giunte in Svizzera nella convinzione di essere destinate a un lavoro diverso (ancorché da esercitare, per tre di esse, in luoghi ove si praticava la prostituzione), che erano indebitate e non conoscevano la lingua (sentenza, pag. 36). Nondimeno egli ha ritenuto, a fronte di altri accertamenti, che ciò non fosse decisivo. Le ragazze, in effetti, non erano ignoranti né sottosviluppate: anzi, avevano una formazione e un reddito superiore alla media (D.________), rispettivamente una formazione completa (B.________, che pur lamentando l'esiguità del suo reddito di poliziotta, è apparsa persona matura, volitiva e apparentemente non influenzabile), rispettivamente il privilegio di essere studenti (E.________ e C.________), rispettivamente la possibilità di aiutarsi vicendevolmente (E.________ e C.________). Inoltre non apparivano facilmente influenzabili e avevano la possibilità di rivolgersi alla polizia (ciò che due di esse hanno anche fatto), fosse solo per essere rimpatriate (sentenza, loc. cit.). A dispetto di ciò, tutte e quattro avevano accettato la proposta dell'imputato. Rimanendo al bar X.________ e prostituendosi, esse non hanno pertanto ceduto - a mente del primo giudice - perché costrette dal disagio di cui l'imputato ha subdolamente profittato, ma hanno agito per libera scelta" (sentenza impugnata pag. 22).
 
Alla luce di queste considerazioni va anzitutto constatato che le giovani donne non sono venute in Svizzera per esercitare la prostituzione. Esse erano inoltre indebitate e non conoscevano la lingua del posto. A queste difficili condizioni, che di per sé parlano a favore della tesi dell'abuso di dipendenza, i giudici cantonali oppongono tutta una serie di riflessioni relative alla loro situazione individuale, sulle quali occorre soffermarsi attentamente in quanto sono decisive per una corretta applicazione dell'art. 195 cpv. 2 CP. La dottrina sottolinea infatti giustamente come vi possa essere abuso di dipendenza non soltanto nei casi in cui la vittima sia succube del reo ma anche di fronte alla particolare debolezza di persone prive di mezzi, provenienti da paesi poveri ed indotte a venire in Svizzera con promesse fittizie (Günter Stratenwerth/Guido Jenny, Schweizerisches Strafrecht, Besonderer Teil I, 6a ed., Berna 2003, § 9 n. 9; Matthias Schwaibold/Kaspar Meng, Commentario basilese, n. 19 ad art. 195 CP; Stefan Trechsel, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Kurzkommentar, 2a ed., Zurigo 1997, n. 6 ad art. 195 CP; Brigitte Hürlimann, Prostitution - ihre Regelung im schweizerischen Recht und die Frage der Sittenwidrigkeit, tesi di laurea friburghese, Zurigo 2004, pag. 53).
 
Per quanto riguarda D.________ va preso atto che essa, allora ventottenne, aveva una formazione e un reddito superiore alla media (sentenza impugnata pag. 20). In questo senso non può essere considerata priva di mezzi. Essa è piuttosto un caso limite, nel merito del quale il Tribunale federale non può intervenire, in quanto i giudici cantonali, negando l'esistenza di un rapporto di dipendenza, hanno ancora agito all'interno dei confini del loro potere d'apprezzamento. Lo stesso non si può invece dire per le altre tre giovani. B.________, allora ventiseienne, aveva certo una formazione completa quale agente di polizia, ma percepiva un basso reddito in patria ed ora si trovava indebitata come le altre giovani, per cui il fatto che essa venga giudicata "donna matura, volitiva e apparentemente non influenzabile" (sentenza impugnata pag. 20) non è sufficiente per riequilibrare in maniera rilevante la scarsità di mezzi con cui era confrontata all'arrivo nel nostro Paese. Ancora peggiore era la situazione delle due studentesse C.________ e E.________, entrambe diciottenni al loro arrivo in Svizzera. A mente dei giudici cantonali esse beneficiavano di una situazione privilegiata data dal loro statuto di studentesse, nel senso che non si dibattevano in particolari ristrettezze economiche (sentenza impugnata pag. 20 e 22). Orbene da un lato non si comprende come lo statuto di studentessa in quanto tale possa proteggere due ragazze da poco divenute maggiorenni da abusi di dipendenza; dall'altro l'affermazione che esse non si dibattevano in particolari ristrettezze economiche contrasta con il fatto insindacabilmente accertato che tutte le giovani donne in questione erano indebitate proprio in seguito al loro viaggio in Svizzera. Il fatto che esse potessero rivolgersi alla polizia, fosse solo per essere rimpatriate, considerazione pressoché ovvia in uno Stato di diritto, non è certo sufficiente a ribaltare tale situazione, proprio per le difficoltà cagionate dal loro stesso indebitamento. Come non è nemmeno di grande rilievo la circostanza, su cui invece insistono i giudici cantonali, che esse avessero la possibilità di aiutarsi vicendevolmente, visti i comunque squilibrati rapporti di forza esistenti nei confronti del resistente. Resistente che era pienamente conscio di questa situazione ed ha intenzionalmente approfittato di questa situazione per sospingerle alla prostituzione. Negando l'esistenza di un rapporto di dipendenza i giudici cantonali hanno quindi abusato del loro potere di apprezzamento, in particolare ponderando le circostanze in maniera manifestamente scorretta e dunque violando il diritto federale.
 
3.7.2 Da tutto ciò discende che a danno di B.________, C.________ e E.________ vi è stato, oltre che sospingimento alla prostituzione, anche abuso di dipendenza, sia dal profilo oggettivo che soggettivo, per cui la fattispecie dell'art. 195 cpv. 2 CP è adempiuta. Su questo punto il gravame è dunque da accogliere e la sentenza cantonale da annullare.
 
3.8 Il Procuratore pubblico sostiene che il resistente, oltre a sospingere alla prostituzione profittando di un rapporto di dipendenza, avrebbe anche avuto fine di lucro (ricorso pag. 5 e 9). Si pone dunque la questione di sapere se la fattispecie dell'art. 195 cpv. 2 CP sia perfezionata anche nella seconda variante di reato. La questione va anch'essa esaminata, a prescindere dal fatto che la fattispecie sia già adempiuta nella prima variante, visto che può avere delle conseguenze sulla commisurazione della pena (art. 63 CP). Su questo aspetto del problema il Procuratore pubblico si limita a formulare alcune considerazioni piuttosto scarne, facendo notare come la nozione di vantaggio patrimoniale richiami per l'autore, indipendentemente dal suo movente, il fatto di poter conseguire un guadagno dalla prostituzione da lui "sospinta" tra cui anche solo, quale esempio, gli introiti della locazione dei vani destinati all'esercizio del meretricio (ricorso pag. 5).
 
3.9 A questo proposito va subito considerato che, contrariamente a quanto sostenuto nel gravame, la dottrina non afferma che il solo fatto di conseguire un guadagno attraverso la locazione di vani destinati all'esercizio della prostituzione costituisca già di per sé fine di lucro ai sensi dell'art. 195 cpv. 2 CP. Al contrario una parte di essa sostiene addirittura che la semplice locazione di locali utilizzati per la prostituzione, anche con pigioni molto elevate ma non usurarie (art. 157 CP), non costituisce reato (Stefan Trechsel, Fragen zum neuen Sexualstrafrecht, in ZBJV 129/1993, pag. 599). A questa posizione estrema, che va respinta perché troppo indifferenziata, si contrappone l'opinione di un'altra parte della dottrina, la quale ammette la possibilità dell'esistenza di finalità di lucro nel caso di chi affitta dei locali ad un prezzo esagerato (Corboz, op. cit., n. 35 ad art. 195 CP; Jörg Rehberg/Niklaus Schmid/Andreas Donatsch, Strafrecht III, 8a ed., Zurigo 1997, pag. 446). Ciò a condizione che il reo, approfittando finanziariamente dell'attività di chi si prostituisce, eserciti anche una pressione tale per cui la libertà di azione della vittima risulta in definitiva intralciata come nelle altre varianti di reato (DTF 129 IV 71 consid. 1.4 pag. 77).
 
3.10 Dalle emergenze processuali cantonali risulta che le prostitute attive al bar X.________ dovevano pagare fr. 65.--/90.-- al giorno per vitto e alloggio. I giudici cantonali hanno giudicato tale prezzo non coercitivo di fronte alla controprestazione fornita (sentenza impugnata pag. 21 con riferimento alla sentenza di prima istanza pag. 38). Nella ponderazione di circostanze di questo tipo, legate a condizioni locali (costo di vitto e alloggio) oppure alla definizione di concetti giuridici indeterminati (prezzo esagerato), il giudice di merito, più vicino ai fatti, fruisce di un'ampia autonomia, per cui il Tribunale federale si scosta dalle sue conclusioni solo con grande riserbo (DTF 115 IV 17 consid. 2b). In questo senso, se da un lato è indubbio che il prezzo in questione è molto elevato, dall'altro va constatato che i giudici cantonali rilevano l'esistenza di una relazione di per sé non sproporzionata tra tale prezzo e la controprestazione fornita, ovvero il vitto e l'alloggio. Tale ponderazione è certamente discutibile ma non di per sé censurabile in sede di ricorso per cassazione a condizione che venga suffragata da argomentazioni giuridiche pertinenti e fondate su accertamenti di fatto sufficienti. Non si tratta infatti di reprimere il fine di lucro in quanto tale, come nelle vecchie fattispecie sul lenocinio, esplicitamente abrogate dal legislatore, bensì la dimensione coercitiva che il fine di lucro può assumere, ad esempio nel caso di pigioni esagerate o dell'obbligo di consegnare una parte del provento della prostituzione. Nel caso in esame i giudici cantonali hanno negato l'esistenza di questa dimensione coercitiva senza però spiegare in che senso il prezzo pagato dalle prostitute per vitto e alloggio sia proporzionato a fronte della controprestazione offerta. Con prezzi di questo genere, oscillanti tra fr. 1'950.-- e 2'700.-- mensili, ci si attenderebbero infatti degli standards alberghieri di livello perlomeno discreto, di cui però non c'è traccia negli accertamenti di fatto operati in sede cantonale. Il fatto di tralasciare un aspetto così importante della fattispecie, essenziale per giudicare se il prezzo pagato da B.________, C.________, D.________ e E.________ per vitto ed alloggio sia esagerato o no, e come tale coercitivo ai sensi dell'art. 195 cpv. 2 CP, rende impossibile riconoscere in quale modo sia stata applicata la legge, per cui su questo punto la causa va rinviata all'autorità cantonale ai sensi dell'art. 277 PP, affinché completi gli accertamenti legati alla qualità della controprestazione offerta dal resistente e, sulla base di ciò, pronunci un nuovo giudizio.
 
4.
 
4.1 Secondo il Procuratore pubblico il resistente si è reso colpevole di promovimento della prostituzione anche per avere leso la libertà di azione di C.________, D.________, B.________ e E.________, sorvegliandole nella loro attività di prostitute, imponendole il luogo, il tempo, l'estensione o altre circostanze inerenti all'esercizio della prostituzione (ricorso pag. 10 e seg.).
 
4.2 Anche su questo punto l'esame va limitato alle argomentazioni ricevibili in sede di ricorso per cassazione (v. supra consid. 1.1), escludendo dunque tutti i richiami all'incarto cantonale, le censure relative all'accertamento dei fatti, nonché i meri rinvii alle argomentazioni contenute nel ricorso alla CCRP.
 
4.3 Si rende colpevole di promovimento della prostituzione nella variante prevista all'art. 195 cpv. 3 CP chiunque lede la libertà d'azione di una persona dedita alla prostituzione sorvegliandola in questa sua attività oppure imponendole il luogo, il tempo, l'estensione od altre circostanze inerenti all'esercizio della prostituzione. Il bene giuridico protetto è in questo caso la libertà decisionale delle persone già attive nel settore della prostituzione. La disposizione reprime il comportamento di chi, trovandosi in una posizione di potere nei confronti delle persone che si prostituiscono, limita la loro libertà decisionale, stabilendo nel dettaglio le modalità secondo le quali esse devono esercitare tale attività, eventualmente costringendole addirittura ad osservare determinati comportamenti. La punibilità presuppone l'esercizio di una certa pressione sulla persona che si prostituisce, alla quale essa non può facilmente sottrarsi, di modo che non si può più parlare di una sua scelta completamente libera sui modi e le condizioni di esercizio della prostituzione (DTF 129 IV 81 consid. 1.2 pag. 84; 126 IV 76 consid. 2 e rinvii dottrinali; v. anche la sentenza 6P.162/2001 del 22 marzo 2002, consid. 6a, pubblicata in: Pra 2002 n. 136 pag. 743 e segg.). Dottrina e giurisprudenza concordano sul fatto che la gestione di un postribolo in quanto tale non comporta necessariamente lesione della libertà d'azione delle persone ivi attive. Decisivo è anche in questo caso se ed in che misura esse sono limitate nella loro autodeterminazione sessuale (DTF 126 IV 76 consid. 2 pag. 81 e rinvii dottrinali). A questo proposito occorre sempre ponderare le circostanze del caso concreto. Il Tribunale federale ha avuto occasione di sviluppare in merito un'ampia casistica ancora recentemente illustrata ed integrata in DTF 129 IV 81 consid. 1, con la quale la stessa CCRP si è accuratamente confrontata (sentenza impugnata pag. 23 e segg.) e di cui si dirà laddove necessario nel prossimo considerando.
 
4.4 Sulla base degli accertamenti di fatto operati in sede cantonale va prima di tutto preso atto che all'interno del bar X.________ esistevano, per volontà dello stesso resistente, determinate regole, come per esempio l'obbligo di presenza al bar dal tardo pomeriggio fino alle ore piccole, nonché l'obbligo di favorire le consumazioni. Si tratta, come rilevato dal primo giudice con l'avallo della CCRP, di regole dalle quali il prevenuto traeva vantaggi economici, per cui è verosimile che il resistente pretendesse il rispetto di tale consegne (sentenza impugnata pag. 28). I giudici cantonali non intravedono però in questo un comportamento penalmente rilevante, essenzialmente per il seguente motivo:
 
"Pur ammettendo che simili disposizioni potessero limitare la facoltà delle ragazze di scegliere luoghi e tempi, come pure la facoltà di avvicinare liberamente i clienti, il primo giudice ha però sottolineato che grazie all'obbligo di presenza le ragazze potevano facilmente trovare i clienti che altrimenti avrebbero dovuto cercare altrove, con tutti i rischi connessi. Tolto l'orario di apertura del bar, il primo giudice ha rammentato però che le ragazze erano libere di praticare la prostituzione anche altrove, facoltà che nessuna si è mai vista precludere. La presenza obbligatoria al bar rispondeva per finire ai reciproci interessi delle parti e aveva carattere tutto sommato più consensuale che coercitivo, mentre nulla è dato sapere su come il prevenuto avrebbe reagito alla violazione di tali obblighi" (sentenza impugnata pag. 28).
 
Per quanto riguarda l'obbligo di favorire le consumazioni i giudici cantonali fanno notare come esso debba venire valutato con cautela dato che i prezzi di tali consumazioni erano molto bassi per cui in un onere tanto limitato non sarebbe ravvisabile alcun estremo penale, visto anche che tre delle quattro giovani, che il resistente avrebbe indebitamente sorvegliato nell'esercizio della prostituzione, avevano liberamente accettato di venire in Svizzera proprio per far bere clienti al bar (sentenza impugnata pag. 29).
 
I giudici cantonali si chinano anche sulla questione delle tariffe imposte alle prostitute per le loro prestazioni sessuali, negando anche in questo caso rilevanza penale a questo fatto, in particolare argomentando come segue:
 
"[...] eventuali indicazioni sulle tariffe da praticare da parte dell'accusato, che non partecipava in forma percentuale al fatturato delle ragazze, miravano solo a prevenire sgradevoli situazioni di concorrenza interna, che avrebbero danneggiato in primo luogo le ragazze stesse, e non avevano invece lo scopo di limitarne la libertà" (sentenza impugnata pag. 30).
 
Non è stata invece accertata l'esistenza dell'obbligo, asserito dall'accusa, di accompagnarsi con clienti imposti dal resistente o da lui scelti (sentenza impugnata pag. 30 e seg.). Trattandosi di un mero accertamento di fatto il Tribunale federale è vincolato a tale conclusione (art. 277bis cpv. 1 seconda frase PP).
 
Più sfumata è infine la posizione in merito all'asserito divieto di non lasciare il locale senza il consenso del resistente, rispettivamente di non ospitare persone in camera fuori dall'orario di lavoro. La CCRP fa a questo proposito una formulazione ipotetica, da cui emergono dubbi sull'esistenza di siffatte regole, e nega comunque una loro rilevanza penale, ritenendo che esse fossero semmai finalizzate esclusivamente a garantire la sicurezza delle prostitute (sentenza impugnata pag. 31 con riferimento alla sentenza del primo giudice pag. 46 e seg.). Affermazione quest'ultima molto discutibile, visto che si tratterebbe di regole che comportano una sensibile ingerenza nella libertà individuale delle prostitute, impossibili da giustificare solo con argomenti di questo tipo. Tuttavia dato che gli accertamenti probatori non permettono di concludere in maniera univoca che tali regole esistessero davvero, va concesso al resistente il beneficio del dubbio.
 
Alla luce di questi insindacabili accertamenti di fatto occorre dunque esaminare se vi sono sufficienti elementi per concludere che il resistente ha leso la libertà di agire di B.________, C.________, D.________ e E.________ sorvegliandole nell'attività di meretricio oppure imponendo loro il luogo, il tempo, l'estensione od altre circostanze inerenti all'esercizio della prostituzione. A tal proposito va anzitutto respinta la teoria, sostenuta dai giudici cantonali, secondo la quale gli obblighi e le regole accertati non sarebbero rilevanti perché non è dimostrato che esistessero sanzioni in caso di loro violazione. Determinante dal profilo penale è invece esclusivamente l'esistenza di regole cui le persone dedite alla prostituzione obbedivano effettivamente. La presenza o meno di sanzioni può essere naturalmente un indizio a riprova dell'effettiva obbedienza a tali regole, ma non rappresenta una condizione necessaria perché si possa parlare di regole vincolanti e lesive della libertà personale, visto che è possibile che il reo eserciti una forte presa psicologica sulla vittima, fondata sulla dipendenza e la manipolazione, tale da frustrare in nuce qualsiasi velleità di ribellione, rendendo addirittura superflua l'attivazione di sanzioni di sorta. A questa dimensione del problema occorre prestare grande attenzione a maggior ragione in casi come quello qui in esame, in cui questo tribunale ha già avuto modo di constatare l'esistenza di pressioni penalmente rilevanti nella fase di iniziazione alla prostituzione (v. supra consid. 3).
 
In casu è accertato che le giovani donne dovevano essere presenti durante le ore di apertura del bar. Al di fuori di questi orari esse erano libere di prostituirsi anche altrove (sentenza impugnata pag. 28). Non vi sono accertamenti concernenti l'esistenza di altri obblighi che permettano di stabilire una relazione tra la presenza al bar e l'esercizio della prostituzione (per esempio quello di occuparsi di un certo numero di clienti). Quanto ai prezzi delle prestazioni delle prostitute la sentenza impugnata parla di "eventuali indicazioni sulle tariffe ..." (pag. 30). È invece accertato l'obbligo di favorire consumazioni, ma non necessariamente bevande costose (sentenza impugnata pag. 29).
 
Rilevanti sono solo le regole inerenti alla prostituzione. Secondo la giurisprudenza essa consiste nell'offrire e mettere a disposizione il proprio corpo per il piacere sessuale altrui in cambio di soldi o altri vantaggi economici (DTF 129 IV 71 consid. 1.4 pag. 75). Non ricade dunque in questo ambito l'obbligo di favorire le consumazioni, visto che si tratta di un'attività solo collaterale o eventualmente preliminare alla prostituzione, da distinguere chiaramente dall'attività prostitutiva in senso stretto.
 
Diversa è invece la situazione per quanto riguarda l'obbligo di presenza al bar e le indicazioni in ambito tariffario, visto che si tratta indubbiamente di regole inerenti all'esercizio della prostituzione. L'obbligo di presenza al bar, in assenza di altre direttive, non può comunque essere parificato a una limitazione della libertà dell'esercizio della prostituzione. Rimane la questione delle tariffe, che l'autorità cantonale ha però soltanto ipotizzato, senza accertare un vero e proprio obbligo di rispettare i prezzi imposti dal resistente. Le norme tariffarie da sole non basterebbero comunque per ritenere adempiuto l'art. 195 cpv. 3 CP, visto che esse, come sottolineato nella sentenza impugnata, possono avere anche una semplice finalità anti-dumping, di per sé non lesiva della libertà delle persone dedite alla prostituzione (DTF 126 IV 76 consid. 3 pag. 82). Esse diventano invece penalmente rilevanti non appena si trovano inserite in un universo disciplinare più ampio e dettagliato, fondato su rapporti di potere cui le persone che si prostituiscono hanno difficoltà a sottrarsi, come ad esempio nei casi giudicati in DTF 125 IV 269 consid. 2 pag. 271 e seg. oppure nella sentenza 6P.162/2001 del 22 marzo 2002 richiamata in DTF 129 IV 81 consid. 1.2 pag. 84. Si tratta di estremi qui non raggiunti, visto che dall'insieme degli accertamenti (vaghi) dell'autorità cantonale risulta che il mestiere era esercitato in modo relativamente libero. Su questo punto il ricorso è quindi da respingere e la sentenza impugnata viene confermata.
 
5.
 
5.1 Il Procuratore pubblico denuncia da ultimo la mancata applicazione dell'art. 195 cpv. 4 CP in quanto sostiene che il resistente ha mantenuto nella prostituzione B.________, C.________, D.________ e E.________ (ricorso pag. 11 e seg.).
 
5.2 Tali censure sono già state giudicate inammissibili dalla CCRP, poiché insufficientemente motivate (sentenza impugnata pag. 31 e seg.). Come tali non sono riproponibili nell'ambito di un ricorso per cassazione al Tribunale federale (DTF 123 IV 42 consid. 2a; Gilbert Kolly, Le pourvoi en nullité à la Cour de cassation pénale du Tribunal fédéral, Berna 2004, n. 1.2.5, pag. 8). Su questo punto il ricorso è dunque inammissibile per mancato esaurimento delle istanze di ricorso cantonali (art. 268 n. 1 PP).
 
6.
 
6.1 In base all'art. 278 cpv. 1 PP le spese sono a carico della parte soccombente. L'accusatore pubblico del Cantone è dispensato dal pagamento delle spese (art. 278 cpv. 2 PP).
 
Il resistente, nella sua risposta, ha domandato la reiezione del ricorso nella misura della sua ammissibilità. Visto l'esito della causa egli risulta parzialmente soccombente, per cui dovrebbe sopportare una parte delle spese. Egli domanda tuttavia l'assistenza giudiziaria. Il Tribunale federale dispensa la parte, la quale dimostra di essere in uno stato di bisogno e le cui conclusioni non si rivelano fin dall'inizio sprovviste di possibilità di esito favorevole, dal pagare le spese processuali e i disborsi (art. 152 cpv. 1 OG). Se occorre, il Tribunale federale può fare assistere questa parte da un avvocato i cui onorari sono sopportati dalla cassa del Tribunale medesimo (art. 152 cpv. 2 OG). Quando la parte sia più tardi in grado di pagare, sarà tenuta alla rifusione verso la cassa del Tribunale (art. 152 cpv. 3 OG). Poiché le condizioni enunciate dall‘art. 152 OG sono qui adempiute l‘assistenza giudiziaria può essere accordata al resistente.
 
6.2 L'accusatore pubblico del Cantone non ha diritto ad indennità (art. 278 cpv. 3 PP). La parte civile E.________ si è limitata ad aderire alle motivazioni ed alle conclusioni del ricorso, senza aggiungere proprie osservazioni, per cui non sopporta spese e non le vengono assegnate indennità per ripetibili.
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
 
1.
 
Nella misura in cui è ammissibile il ricorso è parzialmente accolto, la sentenza impugnata è annullata e la causa viene rinviata all'autorità cantonale per nuovo giudizio.
 
2.
 
Non si riscuotono spese.
 
3.
 
La domanda di assistenza giudiziaria del resistente è accolta. La cassa del Tribunale federale verserà all'avv. Stefano Will l'importo di fr. 2'000.-- a titolo di onorario per la sede federale.
 
4.
 
Comunicazione alle parti e alla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
 
Losanna, 22 luglio 2004
 
In nome della Corte di cassazione penale
 
del Tribunale federale svizzero
 
Il presidente: Il cancelliere:
 
© 1994-2020 Das Fallrecht (DFR).