VerfassungsgeschichteVerfassungsvergleichVerfassungsrechtRechtsphilosophie
UebersichtWho-is-WhoBundesgerichtBundesverfassungsgerichtVolltextsuche...

Informationen zum Dokument  BGE 109 II 403  Materielle Begründung
Druckversion | Cache | Rtf-Version

Regeste
Sachverhalt
Considerando in diritto:
1. L'ordinamento federale assicura ai fratelli e alle sorelle di  ...
2. a) Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale una profes ...
3. a) (Cognizione del Tribunale federale in materia di interpreta ...
Bearbeitung, zuletzt am 15.03.2020, durch: DFR-Server (automatisch)  
 
85. Estratto della sentenza 22 dicembre 1983 della II Corte civile nella causa Wernli contro Comunione ereditaria Balmer (ricorso per riforma)
 
 
Regeste
 
Formerfordernisse bei einer "professio iuris" (Art. 472 ZGB in Verbindung mit Art. 59 SchlT ZGB und Art. 22 Abs. 2 NAG).  
 
Sachverhalt
 
BGE 109 II, 403 (404)A.- Emilia Adele von Arx-Reinhardt è deceduta a Chiasso, suo ultimo domicilio, il 23 luglio 1980. Era attinente di Basilea e Oensingen (Canton Soletta). Vedova, non aveva discendenti. Con testamento pubblico del 1o settembre 1978 essa ha istituito eredi universali i nipoti Angelo e Sigfrido Wernli, nonché Sandro, Diego, Yvonne ed Erwin Schmidlin. Vistasi esclusa dal testamento, Margherita Balmer - una delle sorelle della defunta - ha chiesto il 1o settembre 1981 al Pretore di Mendrisio-Sud che le fosse riconosciuta la sua porzione legittima e che le disposizioni a favore degli eredi istituiti fossero ridotte di conseguenza. Il 9 aprile 1983, in accoglimento della domanda, il Pretore ha assegnato all'attrice un dodicesimo della successione. Statuendo il 25 luglio 1983 su un ricorso di Angelo Wernli, la I Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino ha confermato il giudizio di primo grado.
1
BGE 109 II, 403 (405)B.- Angelo Wernli è insorto il 2 settembre 1983 al Tribunale federale con un ricorso per riforma in cui propone di annullare la sentenza d'appello e di respingere la petizione di Margherita Balmer. Gli eredi di Margherita Balmer concludono per il rigetto del gravame.
2
 
Considerando in diritto:
 
1. L'ordinamento federale assicura ai fratelli e alle sorelle di un testatore un quarto della quota ereditaria come porzione legittima (art. 471 n. 3 CC). Trattandosi della successione di attinenti che hanno avuto l'ultimo domicilio nel loro territorio, i Cantoni possono escludere la legittima dei fratelli e delle sorelle o estenderla ai discendenti di questi (art. 472 CC). Nella specie la testatrice era attinente di Basilea Città e Soletta: la sua successione è estranea quindi al diritto ticinese, che ha soppresso la legittima di fratelli e sorelle (art. 76 della legge di applicazione e complemento del CC), e ricade sotto il diritto federale. Se non che, in virtù dell'art. 59 tit.fin. CC, un disponente può derogare al diritto federale e sottoporre la legittima di fratelli e sorelle, con una professio iuris, alle norme del suo Cantone di attinenza (DTF 103 II 323 consid. 2a e 2b, DTF 91 II 465 consid. 5 con rinvii).
3
Il diritto del Canton Soletta estendeva la porzione legittima dei fratelli e delle sorelle ai discendenti di questi; dal 1o gennaio 1980 tale legittima è stata abolita (§ 163 EG ZGB; v. Amtliche Sammlung der Gesetze und Verordnungen des Kantons Solothurn, vol. 88/1979-81, pag. 106 e 113). Basilea Città non ha mai stabilito alcuna legittima per fratelli e sorelle (§ 125 EG ZGB). Occorre esaminare, in concreto, se la disposizione a causa di morte della testatrice contempli una valida professio iuris che osti all'applicazione del diritto federale.
4
2. a) Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale una professio iuris, per essere valida, dev'essere espressa (DTF 40 II 18 consid. 4 con citazione). Di identico avviso sono, segnatamente, ESCHER (Zürcher Kommentar, 3a edizione, nota 7 ad art. 472 CC), TUOR (Berner Kommentar, 2a edizione, nota 17 ad art. 472 CC), STAUFFER (Praxis zur NAG, nota 10 ad art. 22 LR), ANLIKER (Die erbrechtlichen Verhältnisse der Schweizer im Ausland und der Ausländer in der Schweiz, Aarau e Lipsia 1933, pag. 231) e KLAUS P. HOTZ (Die Rechtswahl im Erbrecht, tesi, Zurigo 1969, pag. 51 segg. e 119). Altri autori sostengono opinioni più temperate; fra BGE 109 II, 403 (406)di essi BECK (Berner Kommentar, nota 27 ad art. 59 tit.fin. CC), SCHNITZER (Handbuch des internationalen Privatrechts, 4a edizione, vol. II, pag. 518), DÖLLE (Die Rechtswahl im internationalen Erbrecht, in: Rabels Zeitschrift für ausländisches und internationales Privatrecht, vol. 30/1966, pag. 205 segg., in particolare pag. 236 segg.) e PATRICK DE PREUX (La professio iuris, tesi, Losanna 1980, pag. 61).
5
PETER MAX GUTZWILLER (Zur Form der erbrechtlichen professio iuris, in: SJZ 70/1974 pag. 357 segg.) rileva giustamente che, per la professio iuris, l'esigenza di una formulazione espressa non costituisce una nozione comune, essendo intesa in modo diverso dai vari autori; la giurisprudenza, da parte sua, non precisa quali requisiti debbano porsi al riguardo. Stando alla genesi dell'art. 22 cpv. 2 LR, applicabile alla legittima di fratelli e sorelle giusta l'art. 59 tit.fin. CC, il legislatore concepiva la professio iuris come una dichiarazione scritta, stilata alla stregua d'un testamento o inserita in un contratto successorio. Nessuna condizione formale si evince tuttavia dalla redazione definitiva della norma, e neppure dallo scopo della stessa, che consiste nel tutelare l'autonomia del disponente, e con ciò la relativa libertà testamentaria.
6
b) Diversamente dall'interpretazione di un contratto fra vivi, che si fonda - in difetto di volontà reale e concorde delle parti - sul principio della buona fede (DTF 107 II 163 consid. 6b con rinvii), una disposizione a causa di morte va interpretata in base all'effettiva volontà del defunto (DTF 75 II 284 consid. 3; v. altresì DTF 108 II 282 consid. 4a). Ove essa si presti a più accezioni, dev'essere presunta - in ossequio alla regola del favor testamenti - quella per cui l'atto rimane valido (DTF 101 II 34 seg., DTF 98 II 84, DTF 89 II 441). Nell'interpretare una professio iuris non v'è ragione di contravvenire a questi criteri. Non è necessario, dunque, che il testatore si pronunci in termini solenni per il diritto del proprio Cantone di attinenza: può anche riferirvisi in modo approssimativo o persino implicito, purché il testo della disposizione a causa di morte contenga indizi univoci, gli elementi estrinseci potendo servire semmai a interpretare le indicazioni che emergono dal testo, ma non a supplire o a sostituire il medesimo (DTF 104 II 340 consid. 2c, DTF 101 II 33 consid. 2 e 3, DTF 100 II 446 consid. 6 e 7a, DTF 91 II 99 consid. 3, DTF 83 II 435 consid. 1a).
7
8
b) La testatrice aveva, nel caso in esame, doppia attinenza: BGE 109 II, 403 (407)poteva scegliere così fra due ordinamenti giuridici, ritenuto che l'art. 22 cpv. 3 CC non vincola la professio iuris alla normativa di un unico Cantone (EGGER in: Zürcher Kommentar, 2a edizione, nota 3 ad art. 22 CC; BUCHER in: Berner Kommentar, 3a edizione, nota 12 ad art. 22 CC; HOTZ, op.cit., pag. 53). Ora, per quanto concerne il diritto del Canton Soletta, nessun accenno si desume dal testamento, nel quale la defunta ha omesso persino la cittadinanza solettese. Il testamento, del resto, non sarebbe nemmeno stato conforme all'abrogata normativa del Canton Soletta, dal momento che un nipote al beneficio della porzione legittima, trovandosi già in buone condizioni finanziarie, risulta essere stato escluso dall'eredità.
9
Resta da chiedersi se il proposito di sottoporre la successione alla legge di Basilea Città si arguisca con sufficiente certezza dalla scrittura testamentaria. L'estromissione delle sorelle, di per sé, non configura un elemento di richiamo alle norme del Cantone di attinenza e non giustifica pertanto il vaglio di circostanze estrinseche al testo della disposizione a causa di morte, siano esse testimonianze o documenti. È vero che la testatrice non si è limitata all'esclusione delle sorelle, ma ha designato anche sei eredi universali e ha diviso l'intera successione in quote. Tali indizi però appaiono troppo vaghi per confortare senza equivoci l'ipotesi di una professio iuris. La semplice consonanza sostanziale di un testamento con la normativa d'un cantone di cui il disponente ha l'attinenza non basta ancora per derogare all'art. 471 cpv. 3 CC, per privare cioè fratelli e sorelle della legittima (BECK, loc.cit.; TUOR, loc.cit.; ESCHER, loc.cit.) Il ricorrente afferma che la testatrice mirava proprio a escludere le sorelle dall'eredità; essa nondimeno, credendosi soggetta al diritto ticinese, sarebbe incorsa in un errore. Simili argomenti poggiano su circostanze estrinseche al testo della disposizione a causa di morte e potrebbero giovare alla tesi del ricorrente solo se la volontà di formulare una professio iuris trasparisse - quanto meno indirettamente - dalla scrittura testamentaria. Un'evenienza del genere, come detto, non trova conforto.
10
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
11
Il ricorso è respinto e la sentenza impugnata è confermata.
12
© 1994-2020 Das Fallrecht (DFR).