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Informationen zum Dokument  BGE 95 II 119  Materielle Begründung
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Regeste
Sachverhalt
Estratto dei considerandi:
1. Il contratto di compravendita litigioso è stato conclus ...
2. ... ...
3. Giusta l'art. 197 CO il venditore risponde verso il compratore ...
4. Discende però dell'art. 199 CO che, eccettuato il caso  ...
5. A ragione le giurisdizioni cantonali hanno altresì invo ...
6. Oltre che per le ragioni esposte, il ricorso è infondat ...
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17. Estratto della sentenza 28 maggio 1969 della I. Corte civile nella causa Monney contro Industria meccanica fratelli Minali.
 
 
Regeste
 
Rechtliche Mängel einer in Mailand von einer italienischen Firma an einen schweizerischen Kunden verkauften Maschine, die der Käufer in Genf benützen will. Wegbedingung der Gewährspflicht.  
2. Rechtliche Mängel der Maschine, weil ihre elektrische Ausrüstung den Vorschriften der genferischen industriellen Betriebe nicht entspricht (Erw. 3 b).  
3. Stillschweigende Wegbedingung der Gewährspflicht mit Rücksicht darauf, dass die Maschine in Italien durch eine italienische Firma ohne schweizerische Zweigniederlassungen oder Vertretungen angeboten und verkauft wurde, die nicht verpflichtet war, die genferischen Vorschriften zu kennen (Erw. 4).  
4. "Gewöhnliche Aufmerksamkeit", die der Käufer anzuwenden hat (Erw. 5).  
5. Die Gewährspflicht für Mängel verschafft dem Käufer nur die Wahl zwischen Wandelung und Minderung (Erw. 6).  
 
Sachverhalt
 
BGE 95 II, 119 (120)A.- Nella primavera del 1966 Emile Monney, di Ginevra, esaminò alla fiera di Milano, accompagnato da un tecnico, una macchina per la levigatura e la pulitura dei marmi e dei graniti, esposta dalla Industria meccanica fratelli Minali, di Bergamo. Il 22 aprile 1966 Monney acquistò la macchina per il prezzo di fr. 32 700.--. Secondo il contratto, questa doveva essere fornita a Ginevra nel termine di 30 giorni e messa in grado di funzionare entro il 25 maggio. Quando la macchina (con alcuni giorni di ritardo) giunse a Ginevra, e un tecnico della venditrice si apprestò ad installarla, Monney scoperse che il quadro elettrico non era conforme alle prescrizioni ginevrine. Dopo aver interpellato i Servizi industriali di Ginevra, egli incaricò due ditte del luogo di apportare le necessarie modifiche e di mettere quindi la macchina in grado di funzionare. Questi adattamenti alle prescrizioni ginevrine costarono a Monney la somma di fr. 9518.40.
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L'acquirente mise al corrente la fornitrice di questi inconvenienti e, con lettera del 21 luglio 1966, le domandò il rimborso del citato importo, oltre che la rifusione di fr. 2094.60 per danni e spese. La venditrice negò di dovere qualsiasi somma. Il 2 novembre 1966 Monney ottenne il sequestro, presso una ditta di Cresciano, d'un credito di 2 500 000 lire italiane, vantato dalla venditrice verso quest'ultima.
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B.- Mediante petizione del 28 novembre 1966 Emile Monney convenne la ditta Industria meccanica fratelli Minali davanti alla Pretura del distretto di Riviera, quale foro del sequestro. Egli chiese la condanna della ditta al pagamento di un importo di fr. 11 613.-- oltre interessi e spese.
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BGE 95 II, 119 (121)Il Pretore respinse la petizione con giudizio del 29 aprile 1968. Egli osservò innanzitutto che l'attore non ha affatto provato il preteso impegno della convenuta di adattare l'impianto elettrico della macchina alle esigenze dei Servizi industriali ginevrini. D'altra parte, aggiunse il Pretore, la macchina non era inficiata da un difetto materiale ai sensi dell'art. 197 CO, perchè, nell'assetto in cui è stata fornita, con l'impianto elettrico originale, essa era certamente in grado di funzionare. Il Pretore negò ugualmente che le deficienze lamentate dall'attore potessero assurgere a difetto giuridico, dato che la convenuta non aveva offerto pubblicamente la macchina in Svizzera, nè aveva qui succursali od agenzie. Del resto, l'acquirente, che ha esaminato la macchina a Milano in compagnia d'un tecnico di fiducia, avrebbe potuto e dovuto riconoscere le asserite deficienze dell'impianto elettrico: non avendo in quell'occasione rilevato nulla, la responsabilità del venditore sarebbe esclusa ai sensi dell'art. 200 CO.
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C.- La Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino, adita dall'attore, confermò il giudizio pretoriale mediante sentenza del 29 ottobre 1968.
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Essa si riferì esplicitamente ai motivi esposti dal Pretore, che fece propri. Aggiunse poi che macchine del tutto simili a quella fornita a Monney furono vendute dalla convenuta nel Ticino e nella Svizzera romanda, ove poterono essere adattate senza difficoltà e senza eccessive spese alle reti elettriche. Del resto, Monney doveva presumere che la venditrice non conosceva le severe esigenze poste dalle imprese elettriche ginevrine. In ogni caso, l'attore e il suo consulente avrebbero dovuto rilevare a Milano le particolarità dell'impianto elettrico.
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D.- Monney impugna questa sentenza mediante un tempestivo ricorso per riforma davanti al Tribunale federale. Egli chiede la condanna della convenuta a versargli un importo di fr. 10 113.-- oltre interessi, corrispondente alla pretesa fatta valere in sede di petizione, meno una somma di fr. 1500.-- riconosciuta alla venditrice per due accessori forniti in più. In via subordinata l'attore postula il rinvio degli atti all'istanza cantonale per nuovo giudizio.
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Il ricorrente rimprovera alla Corte cantonale d'aver violato gli art. 97, 197 e 204 CO, oltre che le regole di diritto federale in materia di prove.
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E.- L'intimata propone la reiezione del ricorso.
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BGE 95 II, 119 (122)Estratto dei considerandi:
 
1. Il contratto di compravendita litigioso è stato concluso il 22 aprile 1966 tra Emile Monney, in qualità di acquirente, e l'Industria meccanica fratelli Minali, in qualità di venditrice. Secondo le regole del diritto internazionale privato, il presente contratto è retto dal diritto italiano, vale a dire dal diritto del domicilio del venditore (SCHÖNENBERGER-JÄGGI, N. 266 e 267). Sennonchè, entrambe le giurisdizioni ticinesi hanno applicato il diritto svizzero, senza nemmeno sollevare il quesito del diritto applicabile. Non risulta comunque che le parti abbiano invocato l'applicabilità della legge italiana. Al contrario, nella petizione al Pretore di Riviera, l'attore si è esplicitamente fondato sulle regole del diritto svizzero, mentre da parte sua la convenuta, in sede di risposta, non ha affatto preteso che questo diritto non fosse applicabile. Infine, davanti al Tribunale federale, il ricorrente invoca ancora le norme del diritto svizzero e non rimprovera affatto alla Corte cantonale la mancata applicazione della legge italiana.
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Non v,è quindi motivo, in tali circostanze, di annullare d'ufficio la sentenza cantonale e di invitare la precedente istanza ad esaminare e risolvere il quesito del diritto applicabile.
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Giusta l'art. 35 del codice cantonale di procedura civile, il giudice ticinese applica infatti d'ufficio il diritto federale e i diritti cantonali, mentre applica le leggi estere soltanto se le parti le invocano e le giustificano. Ciò significa in tutta evidenza che il diritto straniero non viene applicato d'ufficio dai giudici ticinesi. In materia contrattuale, ove l'applicazione del diritto estero non è imperativa, questa prassi non contrasta affatto con il diritto federale. Ne consegue che, applicando il diritto svizzero, la precedente istanza non ha affatto violato, in concreto, il diritto federale; il ricorso è pertanto ricevibile. Il quesito di sapere se la precedente istanza ha applicato il diritto svizzero perchè ha ravvisato nel comportamento delle parti una convenzione elettiva di diritto, oppure perchè l'ha considerato come diritto estero suppletivo, non ha rilevanza ai fini del presente giudizio, e può essere lasciato aperto.
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BGE 95 II, 119 (123)a) La Corte cantonale, seguendo il giudizio del Pretore, ha negato che la macchinalitigiosa fosse inficiata da difetti materiali. Essa ha infatti constatato che la levigatrice era stata fornita a Monney in perfetto stato, e in grado di funzionare normalmente. Questo accertamento, che concerne i fatti, vincola il Tribunale federale (art. 63 cpv. 2 OG), e l'art. 55 cpv. 1 lett. c OG vieta al ricorrente di criticarlo. Vero è che quest'ultimo rimprovera a tale riguardo alla Corte cantonale di non aver fatto allestire una perizia. Tuttavia, a parte il fatto che dagli atti non risulta che l'assunzione di una simile prova sia stata postulata, il quesito sollevato dal ricorrente, concernendo la procedura cantonale, sfugge all'esame di questa giurisdizione. La precedente istanza poteva d'altra parte, senza violare il diritto federale, fondare la propria convinzione sulle deposizioni testimoniali e rinunciare ad una perizia che appariva destinata, dopo tutto, a chiarire punti non controversi (cfr. RU 87 II 232, 90 II 224 b e 309 c). Ne consegue che, sulla base delle constatazioni della Corte cantonale, si deve ammettere che la macchina venduta a Monney non era inficiata da difetti materiali.
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b) Anche un difetto giuridico può togliere o diminuire l'utilità dell'oggetto venduto e fondare quindi la responsabilità del venditore ai sensi del citato articolo (cfr., per quanto riguarda tale genere di difetti, RU 55 II 188 e 60 II 442).
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Nella fattispecie, è pacifico che la macchina, non essendo conforme alle prescrizioni regolamentari, non poteva essere utilizzata dall'acquirente a Ginevra, vale a dire là dove essa doveva essere fornita e installata dal venditore. D'altra parte, è pure fuori discussione che i requisiti relativi all'impianto elettrico differiscono in Svizzera da una regione all'altra, e talora in modo sensibile. Se ne deve dedurre che la macchina è inficiata da un difetto giuridico (che le toglie l'utilità al luogo in cui deve funzionare) e che questo difetto ha un carattere in qualche maniera locale. Il presente caso può essere paragonato a quello della vendita di un'automobile in grado di funzionare, ma non ammessa alla circolazione dall'autorità amministrativa, che non la considera rispondente a certi requisiti regolamentari relativi, ad esempio, al dispositivo di illuminazione, all'assenza di cinghie di sicurezza - obbligatorie in taluni paesi -, ecc. (v. RGP 1937, p. 462; per il diritto tedesco cfr. STAUDINGER, N. 45 b al § 459; SOERGEL-SIEBERT, N. 17 al § 459; cfr. inoltre la sentenza del Tribunale di appello di Basilea-città del 16 febbraio BGE 95 II, 119 (124)1950, pubblicata in SJZ, 1950, p. 331). Certo, la garanzia non è dovuta che nella misura in cui i difetti privino la cosa dell'utilità prevista. Tuttavia, in concreto, questa utilità era, secondo quanto il venditore sapeva, l'uso della macchina a Ginevra. L'esistenza d'un difetto giuridico ai sensi dell'art. 197 CO è quindi, in tali circostanze, oggettivamente realizzata.
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La giurisdizione cantonale reputa che, nel caso d'una vendita conclusa all'estero, la garanzia per i difetti risultanti da disposizioni amministrative è esclusa quando il venditore non possiede in Svizzera nè agenzie nè succursali, e ivi non offre pubblicamente la sua merce. La Corte cantonale sembra pertanto considerare che, in un simile caso, le parti siano presunte rinunciare a quella garanzia. Per quanto attinente ai fatti, tale presunzione poggia su considerazioni tratte dall'esperienza generale: essa può quindi essere riveduta da codesto Tribunale (RU 87 II 237 e riferimenti, 89 II 130 consid. 4).
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La presunzione appare fondata. Innanzitutto, le prescrizioni amministrative di cui si tratta hanno un carattere speciale e variano, talvolta sensibilmente, da una regione all'altra della Svizzera. Al venditore che offre la propria merce ad un prezzo determinato in una esposizione italiana non si può imporre la presunzione di conoscere quelle prescrizioni, di concepire l'ampiezza delle modifiche da apportare alla macchina, e quindi di adattare l'impianto elettrico a norme che variano nel tempo e nello spazio. Egli offre la macchina così com'essa è. Ed è appunto in questa sua presentazione e in questo suo assetto che il ricorrente l'ha acquistata. Benchè accompagnato da un consulente tecnico che ha fornito al venditore precisazioni sul voltaggio, egli non si è preoccupato degli altri elementi. In tali circostanze, o l'acquirente conosceva già tutti i requisiti posti dai Servizi industriali ginevrini, e allora, giusta l'art. 200 cpv. 2 CO, gli è preclusa la facoltà di invocare la garanzia, o egli li ignorava BGE 95 II, 119 (125)puramente e semplicemente. Ma pure in questa seconda ipotesi (che è la più plausibile) egli doveva sapere che esistono prescrizioni precise. Gli incombeva quindi prevedere l'eventualità d'un adattamento necessario. Presentandosi su un mercato estero, e rivolgendosi ad un venditore ch'egli sapeva ignorare quelle prescrizioni (tanto che ha giudicato opportuno ragguagliarlo sul voltaggio), il ricorrente non poteva in buona fede considerare che la controparte si obligasse ad adattare gratuitamente l'apparecchiatura elettrica alle prescrizioni ginevrine. Al contrario, Monney doveva rendersi conto che la macchina gli veniva venduta così come essa si presentava, e che il venditore non intendeva obbligarsi ad eseguire a sue spese le modifiche che si fossero rivelate necessarie. Si deve, in definitiva, presumere che chi acquista all'estero da un venditore straniero una merce colà fabbricata rinunci alla garanzia dei difetti giuridici che levano alla cosa l'utilità prevista, quando simili difetti risultano da prescrizioni amministrative speciali e più severe, che l'acquirente sa essere ignorate dal venditore.
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Il ricorso dev'essere di conseguenza respinto.
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In effetti, incombeva all'acquirente l'obbligo di informarsi sulle esigenze dei servizi industriali ginevrini. Certo, l'"ordinaria diligenza" che l'art. 200 cpv. 2 CO esige dal compratore si riferisce all'esame della cosa in sè. Tuttavia si deve pretendere dall'acquirente che, nelle circostanze della fattispecie, accentrasse la sua attenzione e il suo esame anche sulle complicazioni che potevano risultare dall'adattamento alle norme svizzere - o a quelle ginevrine - d'una apparecchiatura elettrica costruita all'estero. Secondo gli accertamenti vincolanti della Corte cantonale, Monney si è curato di farsi assistere a Milano da un consulente specializzato. Egli ha quindi riconosciuto la necessità di esaminare la conformità della macchina alle norme del luogo in cui essa sarebbe entrata in funzione. Sennonchè, siffatto esame si è rivelato insufficiente, essendo stato limitato alla sola questione del voltaggio. La responsabilità del venditore è quindi in concreto esclusa.
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6. Oltre che per le ragioni esposte, il ricorso è infondato anche per un altro motivo. Contrariamente a quanto prevede BGE 95 II, 119 (126)l'art. 368 cpv. 2 CO per il contratto d'appalto, la garanzia dei difetti non conferisce all'acquirente un diritto alla riparazione dei vizi, quest'ultimo non potendo optare che tra l'azione redibitoria e l'azione estimatoria. Ora, nella fattispecie, il ricorrente non propone nè l'una nè l'altra di queste azioni. Egli reclama, piuttosto, una indennità che lo compensi delle spese d'adattamento della macchina e del ritardo che questo lavoro ha cagionato alla sua messa in esercizio. Vero è che la giurisprudenza autorizza l'acquirente a ricorrere all'azione generale fondata sull'inadempimento: ma in un simile caso il venditore può liberarsi provando, giusta l'art. 97 CC, che nessuna colpa gli è imputabile. Ora, nella fattispecie, gli accertamenti di fatto operati dalla Corte cantonale escludono qualsiasi colpa del venditore, cui non si può rimproverare di aver ignorato le speciali prescrizioni ginevrine che nemmeno l'acquirente e il suo consulente sembrano aver conosciuto. La convenuta ha senz'altro eseguito la sua prestazione, fornendo e installando a Ginevra la levigatrice comperata da Monney. Nessuna colpa le può essere imputata nè al momento della conclusione del contratto, nè al momento del suo adempimento.
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Il Tribunale federale pronuncia:
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Il ricorso è respinto.
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