BGE 100 Ia 147
 
22. Sentenza 22 maggio 1974 nella causa AG für Hypothekaranlagen contro Pedroli e litisconsorti.
 
Regeste
Baurecht; Vorwirkung eines Bebauungsplanes; Eigentumsgarantie, Art. 22 ter BV.
2. Positive Vorwirkung des werdenden Baurechts. Art. 36 Abs. 2 des Tessiner Baugesetzes: Frage der Verfassungsmässigkeit offen gelassen(Erw. 2c). Auf diese Vorwirkung sind die für die Gesetzesrückwirkung geltenden Grundsätze, insbesondere über die zeitliche Begrenzung, anzuwenden (Erw. 3).
 
Sachverhalt
Riassunto dei fatti:
Nel giugno 1972 il Municipio di Locarno accordava alla AG für Hypothekaranlagen la licenza per la costruzione di due edifici. Alcuni vicini impugnavano avanti il Consiglio di Stato del cantone Ticino detta licenza, che era stata pubblicata il 16 giugno 1972. Con decisione 6 settembre 1972 il Consiglio di Stato respingeva il gravame. Statuendo su di un ricorso presentato dai vicini, il Tribunale cantonale amministrativo annullava la licenza edilizia con sentenza 25 aprile 1973.
Nella sua sentenza il Tribunale cantonale amministrativo analizzava la complessa situazione esistente a Locarno in materia di diritto edilizio. Chiarita la vigenza del regolamento edilizio del 1945 (RE), in quanto non modificato da norme successive, detto Tribunale rilevava che era altresi in vigore il Piano Regolatore e le relative norme integranti dell'ottobre 1966 (PR e NI 1966); adottate dal Consiglio comunale e sottoposte tempestivamente all'approvazione del Consiglio di Stato, queste disposizioni avevano acquistato efficacia provvisoria in virtù dell'art. 36 della legge edilizia cantonale (LE), nè l'avevano perduta per non essere mai state approvate dal Consiglio di Stato o per essere state implicitamente abbandonate dal Comune. Infine, esisteva un ulteriore Piano Regolatore (provvisorio), elaborato nel 1971 (PRP 1971) con le relative norme d'attuazione; esso non era però ancora in vigore, nè a titolo provvisorio nè a titolo definitivo, per non essere ancora stato pubblicato e sottoposto al legislativo comunale e al Consiglio di Stato. Per non pregiudicare il PRP 1971, il Consiglio comunale di Locarno aveva adottato il 28 settembre 1970 una norma, approvata dal Consiglio di Stato, che conferiva al Municipio il potere di differire, per un periodo massimo di due anni, l'esame di domande di costruzione manifestamente in contrasto con il PRP 1971. Il progetto della AG für Hypothekaranlagen rispettava il RE 1945, ma non il PR e le NI del 1966, tuttora vigenti. La licenza edilizia non poteva quindi essere rilasciata.
Con tempestivo ricorso di diritto pubblico fondato sulla violazione degli art. 4 e 22ter CF, la AG für Hypothekaranlagen ha impugnato dinnanzi al Tribunale federale la sentenza del Tribunale cantonale amministrativo.
 
Considerando in diritto:
"Art. 36. Il piano regolatore entra in vigore con l'approvazione del Consiglio di Stato.
Dall'inizio del suo deposito i proprietari degli edifici e dei fondi in esso compresi devono nelle costruzioni, ricostruzioni, e modificazioni uniformarsi alle linee in esso tracciate, con la riserva della procedura di approvazione.
Il piano regolatore dev'essere presentato dal comune all'approvazione del Consiglio di Stato al più tardi entro sei mesi dall'inizio del suo deposito, in difetto di che decade l'efficacia provvisoria conferita dal presente articolo al piano cosi pubblicato.
Il Consiglio di Stato, su istanza motivata, può accordare al comune due proroghe di sei mesi ciascuna.
L'istanza deve essere presentata un mese prima della scadenza del-l'efficacia provvisoria del piano.
Il Consiglio di Stato decide sul piano al più tardi entro sei mesi dalla sua presentazione."
In conformità con i principi generali sanciti dalla legge organica comunale ticinese in materia di diritto autonomo comunale (art. 12, 35, 159 LOC), anche il piano regolatore deve esser adottato dal legislativo comunale (assemblea o consiglio comunale, art. 29 e 30 LE) e poi approvato dal Consiglio di Stato (art. 32, 33 LE). L'approvazione è condizione di validità e ha effetto costitutivo, poichè solo con essa il piano regolatore entra in vigore (art. 36 cpv. 1 LE; cfr. RU 89 I 25).
Tuttavia, secondo il capoverso due dell'art. 36, il piano regolatore gode sin dal momento del suo deposito (anteriore all'adozione ed all'approvazione) di un'efficacia provvisoria, nel senso che "alle linee in esso tracciate" debbono uniformarsi le costruzioni, le ricostruzioni e le modificazioni. Nonostante che, nel testo legale, si parli solo di "linee" del PR, secondo i lavori legislativi (cfr. messaggio del Consiglio di Stato del 23 gennaio 1962, p. 2 e 3) e secondo la prassi costantemente seguita dalle autorità cantonali (cfr. sentenza impugnata p. 20 ss), tale efficacia provvisoria non solo concerne il piano vero e proprio, ma si estende anche alle norme integranti che l'accompagnano e ne costituiscono la parte descrittiva (cosi, ad esempio, gli indici di occupazione e sfruttamento). Così com'è interpretata dall'autorità cantonale, l'efficacia provvisoria significa quindi che la disciplina edilizia del piano viene direttamente ed anticipatamente applicata già in pendenza della procedura di adozione ed approvazione. Tale efficacia provvisoria perdura - purchè siano osservate talune disposizioni formali su cui si tornerà oltre - sino alla definitiva entrata in vigore del piano, o alla sua reiezione, vuoi per mancata adozione, vuoi per negata approvazione.
b) Di regola, infatti, allorquando si par la di effetto anticipato (Vorwirkung) del diritto in via di formazione, si intende con ciò un effetto puramente negativo, che paralizza l'applicazione del diritto attuale sino all'entrata in vigore del diritto futuro. Nel campo specifico del diritto edilizio e pianificatorio tale effetto anticipato negativo assume due forme: quella del blocco edilizio ("Bausperre"; "Veränderungssperre"; "Baubann"; cfr. ad es. § 14 Bundesbaugesetz tedesco, il Commentario Heitzer-Oestreicher, note introduttive a questo paragrafo; § 18 della legge edilizia lucernese del 15 settembre 1970; art. 44 del progetto di LF sulla pianificazione territoriale, e messaggio del Consiglio federale del 31 maggio 1972 p. 12), oppure quella del rinvio o sospensione della decisione della domanda edilizia (Zurückstellen von Baugesuchen, § 15 Bundesbaugesetz tedesco; art. 56 della legge bernese sulle costruzioni; art. 83 ss legge vodese del 5 febbraio 1941; art. 1bis della legge ginevrina del 9 marzo 1929 ecc.).
Soltanto di codesta forma di effetto anticipato, a carattere meramente negativo, la giurisprudenza del Tribunale si è sinora occupata. Dopo aver rilevato che la maggior parte delle legislazioni cantonali la contemplava (RU 89 I 472), il Tribunale federale ha precisato che, in assenza di una base legale appropriata, l'autorità amministrativa non può inibire puramente e semplicemente una costruzione per un determinato periodo, nell'attesa della entrata in vigore di un nuovo regolamento o di un piano edilizio, ma che non è arbitrario modificare, in via legislativa, l'ordinamento in vigore per introdurvi disposizioni transitorie atte a salvaguardare l'avvenire (RU 89 I 481/82: in casu, limitare transitoriamente il numero dei piani edificabili). La necessità di una base legale, per l'imposizione di un divieto provvisorio di costruzione a salvaguardia di una futura linea di arretramento, è stata confermata in RU 99 Ia 485 consid. 3. Infine, nella recente sentenza (inedita) del 19 dicembre 1973 in re Naef c. Ginevra il Tribunale federale ha ribadito che l'effetto anticipato di natura negativa esige, com'è ammesso dalla dottrina e dalle giurisprudenza federale [IMBODEN, Schweiz. Verwaltungsrechtsprechung, 3a ed. n. 313 IV; GRISEL, Droit administratif suisse p. 401; ZIMMERLIN, Zum Problem der zeitlichen Geltung im Baupolizei- und Bauplanungsrecht, RDS 88 I (1969) p. 429 ss, 435; Verwaltungsgericht Zürich, vol. 67 p. 187/89, vol. 69 p. 194; cfr. anche GRISEL, L'application du droit public dans le temps, ZBl vol. 75 (1974), in particolare p. 249 ss.], una base legale in virtù delle disposizioni costituzionali a tutela della proprietà, poichè impedire ad un proprietario, per un tempo più o meno lungo, di costruire costituisce una restrizione di diritto pubblico della proprietà, per la quale sono richiesti una base legale ed un interesse pubblico, e dalla quale sgorga il diritto ad un'indennità se, nelle conseguenze, la restrizione equivale ad un'espropriazione.
Queste due ultime sentenze hanno chiarito - implicitamente - un'incertezza che la giurisprudenza anteriore sembrava lasciar sussistere a proposito della durata ammissibile del rinvio della decisione sulla domanda di licenza edilizia. In RU 87 I 513, infatti, il Tribunale federale aveva lasciato intendere che, anche in presenza di base legale, l'esame della domanda non deve subire un ritardo intollerabile. Questa formulazione sembrava consentire una doppia deduzione: da un lato, che il rinvio della decisione potesse intervenire anche in assenza di base legale; dall'altro che, data la base legale, la durata del rinvio in essa previsto dovesse esser limitata. In realtà, in assenza di base legale, il ritardo frapposto all'evasione di una domanda di costruzione, conforme al diritto vigente, ma in contrasto con quello in formazione, nell'attesa dell'entrata in vigore di questo sfugge alla censura di violazione dell'art. 4 CF (denegata o protratta giustizia) solo se esso è contenuto nei limiti normali posti dalle esigenze amministrative, limiti che dipendono dalla complessità delle questioni di fatto e di diritto sollevate, nonchè dal numero delle pratiche pendenti (in questo senso, RU 95 I 125 consid. 4a e d). Se la base legale, invece, esiste, la durata del blocco edilizio o del rinvio della decisione in essa prevista non costituisce un elemento della validità della base legale stessa. Codesta validità si determina infatti unicamente in funzione delle esigenze poste dal principio costituzionale della legalità, nel cui novero la durata degli effetti della norma non rientra. Per contro, la durata del vincolo transitorio cosi imposto alla proprietà può esser rilevante ai fini di sapere se la restrizione imposta costituisce espropriazione materiale e comporti l'obbligo di indennizzare (GRISEL, L'application du droit public dans le temps, loc.cit. p. 251 s., RU 89 I 463). Tale questione può comunque rimanere aperta, dato che nella fattispecie non si tratta di decidere sulla validità di una sospensione protratta nel tempo dell'esame di una domanda di licenza edilizia.
c) Per contro, la giurisprudenza del Tribunale federale non si è mai occupata, se non di transenna, di un effetto anticipato positivo del diritto futuro, che consista nell'applicazione diretta, quasi in via provvisionale, delle norme in fieri, in virtù di una disposizione contenuta nel diritto vigente.
aa) Il Tribunale amministrativo sembra invero ritenere che il Tribunale federale abbia avallato, sotto il punto di vista della costituzionalità intrinseca, la norma dell'art. 36 cpv. 2 ss LE.
A torto. In tutte le sentenze riguardanti tale disposizione (sentenze inedite Gartmann, del 26 gennaio 1966; Magri, del 4 ottobre 1967; Dalcol, del 4 giugno 1969) la questione della costituzionalità di quest'articolo e del particolare effetto anticipato ch'esso istituisce, non era in discussione. Nella prima sentenza, il Tribunale federale si limitò a dichiarare non arbitraria l'opinione per cui della (incontestata) provvisoria vigenza del PR partecipano anche le norme integranti indispensabili per la sua attuazione (sentenza citata, consid. 5a e b). Nella causa Magri il litigio concerneva la legittimità di una proroga concessa dal Consiglio di Stato al Comune di Locarno per la presentazione del PR all'approvazione governativa (art. 36 cpv. 4 LE), rispettivamente la natura del termine istituito dal cpv. 5; infine, nella causa Dalcol, il ricorrente non contestava (più) davanti al Tribunale federale l'efficacia provvisoria acquisita dal PR, ma si limitava a sostenere ch'esso avrebbe subito modifiche tali da esigerne la ripubblicazione.
bb) Gli accenni, che su tale questione si trovano in giurisprudenza, sono tutti negativi.
Così, in RU 89 I 24/25 il Tribunale federale ha escluso potessero applicarsi ad una domanda di licenza edilizia disposizioni comunali concernenti lo sfruttamento che, adottate dal legislativo comunale, non avevano trovato approvazione presso il Governo cantonale, ancorchè il rifiuto d'approvazione fosse intervenuto per motivi formali e non sostanziali. In RU 89 I 472 il Tribunale federale ha laconicamente ribadito che il diritto non ancora vigente non può costituire fondamento dell'intervento statale; in RU 99 Ia 342 esso ha definito dubbia - con riferimento a RU 89 I 29/25 - la possibilità di applicare norme edilizie già adottate dal legislativo comunale, ma non ancora sanzionate dall'approvazione governativa, intervenuta più tardi.
Vero è che, in tutti i citati casi, il diritto cantonale non conteneva una disposizione singolare ed esplicita quale l'art. 36 cpv. 2 LE.
cc) Anche nel presente caso, tuttavia, la questione della costituzionalità di principio dell'efficacia anticipata positiva istituita dall'art. 36 LE può rimanere aperta, ancorchè espressamente riservata.
Infatti la ricorrente non solo non contesta, ma esplicitamente ammette (ric. p. 3) che il PR e le NI 1966 hanno acquistato efficacia provvisoria. Essa afferma soltanto che quest'efficacia provvisoria iniziale è decaduta, rispettivamente che, fondandosi su quella norma, il Tribunale amministrativo ha disatteso che la loro applicazione era alle autorità comunali di Locarno vietata dal principio della buona fede. A sostegno della sua tesi la ricorrente fa valere in sostanza:
- che l'approvazione stessa del PR da parte del Consiglio comunale di Locarno era risolutivamente condizionata all'obbligo fatto al Municipio di provvedere alla rielaborazione del piano entro 2 anni, e che tale termine essendo decorso infruttuoso la condizione risolutiva si è verificata;
- che il Consiglio di Stato non ha approvato il PR nei sei mesi previsti dall'art. 36 cpv. 6 LE, termine, a mente della ricorrente, perentorio;
- che, quand'anche il termine dell'art. 36 cpv. 6 LE fosse d'ordine, il ritardo del Consiglio di Stato dovrebbe considerarsi inammissibile, da cui la decadenza dell'efficacia provvisoria in virtù del cpv. 3 della stessa disposizione;
- che, tanto dall'atteggiamento del Consiglio di Stato, quanto da quello dell'autorità comunale, devesi dedurre che il PR non è suscettibile d'approvazione, o quantomeno che si è rinunciato alla sua efficacia provvisoria;
- che, allestendo i progetti, la ricorrente ha fatto affidamento sulle assicurazioni fornitele e le istruzioni impartitele dal Municipio.
dd) Non è necessario decidere se, come sostiene la ricorrente, l'adozione del PR da parte del Consiglio comunale di Locarno sia avvenuta sub conditione, nè se il termine di sei mesi, assegnato al Consiglio di Stato per l'approvazione del piano, sia perentorio o ordinatorio. Infatti, come si vedrà, si deve concludere che la decadenza dell'efficacia provvisoria del piano si è comunque verificata.
Già nella sua forma puramente negativa, che paralizza semplicemente l'applicazione del diritto vigente, l'effetto anticipato è paragonabile, per più di un verso, all'effetto retroattivo di una norma in vigore (GRISEL, L'application du droit public dans le temps loc.cit. p. 249 s). A maggior ragione ciò vale per la forma positiva dell'effetto anticipato: se la norma in formazione entra finalmente in vigore, l'applicazione anticipata ch'essa ha in precedenza avuto è, retrospettivamente, analoga negli effetti alla retroattività; se poi essa, per finire, non entra in vigore, gli effetti ch'essa ha esplicato durante il periodo della sua applicazione provvisoria non possono, in genere, più esser rimossi, pur essendo la loro base venuta a mancare.
La costituzionalità di una norma retroattiva è subordinata dalla giurisprudenza del Tribunale federale a precise condizioni. Occorre: 1o che la retroattività sia espressamente sancita o quantomeno chiaramente voluta dal legislatore; 2o ch'essa sia limitata nel tempo; 3o che sia giustificata da motivi pertinenti; 4o che non crei disuguaglianze inammissibili; 5o che non leda diritti acquisiti (RU 48 I 609; 49 I 585; 61 I 94; 77 I 189; 92 I 233; 94 I 5; 95 I 103).
Se, come osserva GRISEL (L'application du droit public dans le temps loc.cit. p. 246-248), le due ultime esigenze sono proprie della costituzionalità di qualsiasi norma, e non solo della norma retroattiva, le prime tre esigenze cui è sottoposta la norma retroattiva debbono valere anche per l'effetto anticipato. GRISEL (op. cit. p. 250 s.) osserva invero (v. sopra, consid. 2b) che il problema della limitazione nel tempo non si pone per la norma retroattiva nella stessa maniera che per la norma a effetto anticipato, e ne conclude che, per questa ultima, l'esigenza della limitazione temporale non può essere posta. Ma l'effetto anticipato, cui l'autore allude, è quello negativo che, senza consentire l'applicazione anticipata del diritto in formazione, inibisce semplicemente quella del diritto vigente. Per contro, il problema è diverso quando, come in casu, si tratta di effetto anticipato positivo: dato per ipotesi che un simile effetto sia in sè costituzionalmente ammissibile, l'analogia con l'effetto retroattivo è così stretta ch'esso deve esser subordinato a tutte e tre le condizioni cumulative che sono richieste per la costituzionalità della norma retroattiva.
b) Sotto questo profilo, la norma dello art. 36 LE risponde certamente alla prima esigenza: l'effetto anticipato è chiaramente previsto dal legislatore. Si potrebbe ammettere, ancorchè ciò sia discutibile, che l'art. 36 LE rispetta anche la terza esigenza (esser giustificata da motivi pertinenti).
Per contro, l'esigenza della limitazione nel tempo appare chiaramente rispettata solo se si ammette, contrariamente all'opinione del Tribunale amministrativo e conformemente alla tesi della ricorrente, che l'inosservanza del termine di sei mesi da parte del Consiglio di Stato comporta la decadenza dell'effetto anticipato: la durata massima dell'efficacia provvisoria sarebbe in tal caso limitata a 2 anni (tre volte sei mesi per il Comune più sei mesi per il Consiglio di Stato). In quest'ipotesi, però, la decadenza dell'efficacia provvisoria sarebbe da tempo intervenuta.
Se, invece, con il Tribunale amministrativo, si ammette che il termine di sei mesi a disposizione del Consiglio di Stato è semplicemente d'ordine, allora devesi rimproverare alla norma di non contenere la necessaria limitazione temporale e pertanto d'esser incostituzionale. Si potrebbe tuttavia forse sostenere che non è necessario che la limitazione temporale risulti esplicitamente dalla norma, ma che basta che un tale limite sia deducibile in via interpretativa dalla norma. Ma, anche in questa ipotesi, e senza che sia necessario pronunciarsi definitivamente sulla questione, è evidente che sarebbe impossibile riconoscere al Consiglio di Stato, per pronunciarsi sull'approvazione del PR e decidere i ricorsi, un termine più lungo di quello massimo, proroghe incluse, riservato dalla legge al Comune per adottare il piano e determinarsi sulle opposizioni, termine che è di 18 mesi. In questa più larga ipotesi, la limitazione dell'effetto provvisorio deducibile in via interpretativa dalla norma sarebbe di 3 anni dal deposito del piano: anche codesto termine sarebbe però trascorso.
Se ne deve concludere che in ogni ipotesi, allorquando il Tribunale amministrativo ha fatto capo al PR del 1966, l'efficacia provvisoria di questo era sicuramente decaduta. Fondata su norme inapplicabili, la decisione impugnata dev'essere annullata, senza che sia necessario esaminare la censura della ricorrente relativa alla violazione del principio della buona fede.
Il Tribunale federale pronuncia:
Il ricorso è accolto e l'impugnata decisione è annullata.