BGE 109 III 18
 
6. Estratto della sentenza 7 marzo 1983 della Camera delle esecuzioni e dei fallimenti nella causa X. (ricorso)
 
Regeste
Drittanspruch bei gepfändeten Sachen.
2. Nachforschungen, welche die kantonale Aufsichtsbehörde durchführen muss, um im vorliegenden Fall auf einen offensichtlichen Missbrauch des Widerspruchsrechts schliessen zu können (E. 2).
 
Sachverhalt


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L'Ufficio di esecuzioni e fallimenti (UEF) ha effettuato contro Y. diversi pignoramenti, tra i quali quelli appartenenti al gruppo n. 26'572. Un primo incanto fissato per il 14 gennaio 1982 è stato annullato in seguito alla concessione di una moratoria concordataria da parte del Pretore, poi revocata il 21 luglio 1982. L'UEF ha quindi fissato il nuovo incanto per il 30 settembre 1982: la vendita riguardava tra l'altro i beni pignorati a favore del gruppo n. 26'572. Il 6 settembre 1982 X., moglie del debitore, ha rivendicato la proprietà di quasi tutti questi beni. Il medesimo giorno l'UEF ha dichiarato la rivendicazione tardiva, poiché la signora X. era a conoscenza dei pignoramenti eseguiti fin dal maggio 1979. La Camera di esecuzione e fallimenti ticinese ha respinto il reclamo presentato da X. con sentenza del 31 gennaio 1983.
La rivendicante insorge al Tribunale federale con ricorso del 15 febbraio 1983, con il quale chiede l'annullamento della decisione dell'autorità cantonale di vigilanza e, in sostanza, che sia avviata l'usuale procedura di rivendicazione. Il Tribunale federale ha accolto parzialmente il ricorso ed ha rinviato la causa all'autorità cantonale per completare l'istruzione nel senso dei considerandi e per nuovo giudizio.
 
Considerato in diritto:
1. L'apertura della procedura di rivendicazione presuppone che l'UEF sia informato della pretesa del terzo dal debitore o dal rivendicante medesimo. La legge non stabilisce un termine entro il quale quest'ultimo deve notificare la propria pretesa: l'art. 107 cpv. 4 LEF lascia tempo fino alla ripartizione. Prima di questo momento il diritto di rivendicazione può decadere soltanto se la notificazione tardiva delle pretese costituisca

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abuso manifesto di un diritto. Ciò può avvenire non solo quando il terzo ritarda la notificazione delle sue pretese con l'intenzione di ostacolare il decorso dell'esecuzione, ma anche quando egli, senza dolo, agisce in altro modo incompatibile con le regole della buonafede, in particolare quando il ritardo non è giustificato da alcun motivo legittimo e il rivendicante non può ignorare che il suo comportamento compromette il normale svolgimento della procedura esecutiva (DTF 106 III 58 consid. 1).
Questa giurisprudenza è il frutto di successive rielaborazioni, dovute in buona parte alle critiche di KURT AMONN (ZBJV 1978 pag. 12 segg.; 1980 pag. 330 segg.), il quale ha deplorato l'istituzione di una perenzione del diritto di rivendicazione in assenza di esplicite disposizioni legali (cfr. DTF 104 III 44 consid. 2, 3, 4 e rif.). Il medesimo autore ha in seguito approvato la nuova formulazione giurisprudenziale ed ha però auspicato che la malafede del terzo rivendicante non sia ammessa troppo facilmente (ZBJV 1982 pagg. 397/8). Comunque, in modo generale, la perenzione di un diritto a dipendenza del ritardo abusivo nel suo esercizio deve essere ammessa con grande riserva (DTF DTF 94 II 41 consid. b e rif.). Quanto al diritto di rivendicazione, è ovvio ch'esso non può decadere per abuso del titolare fintanto ch'egli ignori l'esistenza del pignoramento (o del sequestro) dei beni sui quali vanta delle pretese (DTF 102 III 144 e rif.); in linea di principio il terzo rivendicante deve avere personalmente conoscenza dei provvedimenti che colpiscono i suoi beni e questa conoscenza effettiva non può essere sostituita con il gioco delle norme che reggono determinati rapporti giuridici tra persone, norme che potrebbero consentire d'imputare a una parte ciò che il suo rappresentante ha saputo o ignorato (DTF 106 III 60).
In definitiva, non basta che l'interessato sia al corrente di esecuzioni promosse contro un debitore che detiene beni di sua proprietà. Solo qualora apprenda che uno di questi beni è stato pignorato il terzo può rendersi conto che l'oggetto rischia d'essere realizzato, con la conseguente possibile perdita dei suoi diritti, e che le regole della buonafede gli impongono di agire, poiché un'ingiustificata reazione tardiva ostacolerebbe il procedimento esecutivo. Prima di questo momento il proprietario può credere che gli oggetti non saranno pignorati, tanto più che l'art. 95 cpv. 3 LEF impone che i beni indicati come appartenenti a terzi o rivendicati siano pignorati da ultimo. D'altra parte la buonafede

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non richiede, di regola, che il proprietario, non appena conosca l'esistenza di procedure esecutive, s'informi se beni appartenenti a lui siano stati pignorati. Tale dovere può semmai incombere sull'interessato se i suoi beni si confondono con quelli del debitore e il rischio ch'essi siano pignorati al posto loro è quindi importante: questa circostanza si verifica ad esempio quando il debitore detiene molti oggetti appartenenti al terzo oppure quando entrambi vivono nei medesimi locali.
2. Nella fattispecie l'autorità cantonale ha accertato che X. era al corrente delle esecuzioni pendenti contro suo marito perlomeno dal 23 aprile 1979, quando aveva sottoscritto l'atto di pignoramento del gruppo n. 23'515. In seguito numerosi atti esecutivi erano stati firmati da lei: l'atto di pignoramento 7 aprile 1981 nell'esecuzione n. 40'160, quello di data 27 aprile 1981 riguardante il gruppo n. 25'996 nonché i precetti esecutivi n. 32'811, 159'402 ed altri. Poiché la ricorrente era inoltre al corrente della procedura concordataria del marito, l'autorità cantonale di vigilanza ha concluso ch'essa ha ritardato in modo malizioso il procedimento esecutivo, rivendicando la proprietà dei beni messi all'incanto solo il 6 settembre 1982. Alla sentenza impugnata la ricorrente obietta che la LEF non prevede termini per la rivendicazione, che una casalinga non può conoscere la giurisprudenza, che l'autorità cantonale non ha accertato ch'essa ha firmato l'atto di pignoramento del gruppo n. 26'572, che la durata della moratoria concordataria non può essere computata e che neppure gli art. 210 e 224 CC prevedono termini per la rivendicazione degli apporti della moglie.
Il Tribunale federale è vincolato dagli accertamenti di fatto della sentenza impugnata (art. 81 e 63 cpv. 2 OG). Tra gli accertamenti menzionati sopra sono rilevanti quelli secondo cui X. ha firmato gli atti di pignoramento del 7 e 27 aprile 1981 e quello del 23 aprile 1979. L'autorità cantonale non ha però precisato quali fossero gli oggetti e i beni pignorati in quelle occasioni in presenza della ricorrente né se essi coincidessero con quelli rivendicati il 6 settembre 1982. Questi accertamenti sarebbero stati determinanti poiché, come s'è detto, per stabilire se il ritardo nella rivendicazione costituisca un abuso di diritto importa sapere in primo luogo il momento in cui il proprietario ha avuto conoscenza del pignoramento. La sentenza impugnata deve di conseguenza essere annullata affinché sia completata su questo punto, ai sensi dell'art. 64 cpv. 1 OG; il cpv. 2 della stessa norma impedisce al

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Tribunale federale di completare gli accertamenti, poiché non si tratta di punti puramente accessori.
L'autorità cantonale dovrà in primo luogo verificare l'identità tra i beni rivendicati da X. e quelli pignorati in sua presenza in diverse occasioni, non solo il 27 novembre 1981 in relazione con il gruppo n. 26'572. La firma dei verbali significa che la ricorrente ha assistito ai pignoramenti nella qualità di rappresentante del debitore ai sensi dell'art. 91 cpv. 1 LEF e che poteva quindi indicare ai funzionari dell'UEF quali oggetti appartenessero a lei e quali al marito (il 7 aprile 1981 la ricorrente ha ad esempio indicato che un tappeto cinese era proprietà sua). Se tra i beni rivendicati il 6 settembre 1982 ve ne fossero di quelli non pignorati in presenza della ricorrente, i giudici cantonali dovranno stabilire se essa non avesse appreso dal marito o dall'UEF l'esecuzione del pignoramento. Dopo aver accertato per ogni singolo oggetto il momento nel quale X. ha avuto conoscenza del pignoramento, l'autorità di vigilanza dovrà esaminare se eventuali motivi invocati per giustificare il ritardo nella rivendicazione siano compatibili con le regole della buonafede. A questo proposito è utile rammentare che l'ignoranza della legge e della giurisprudenza non è rilevante e che la ricorrente non può prevalersi neppure della moratoria concordataria concessa al marito il giorno precedente la data stabilita per la prima vendita (14 gennaio 1982), dal momento che non era ragionevolmente possibile fare affidamento su una dilazione concessa all'ultimo minuto. Infine, basti aggiungere che l'argomento tratto dagli art. 210 e 224 CC non è fondato, poiché queste norme non si applicano al regime della separazione dei beni vigente tra i coniugi (cfr. art. 244 CC).