BGE 80 II 118
 
19. Sentenza 8 giugno 1954 della I Corte civile nella causa Società immobiliare La Salina SA contro Graziano Mancini.
 
Regeste
Art. 705 OR.
Zur Wahrung seiner Interessen steht dem Verwaltungsrat in der Regel nur die Schadenersatzklage (Art. 705 Abs. 2 OR) zu Gebote. Frage der Zulässigkeit auch der blossen Feststellungsklage in Gestalt der Genugtuungsklage, falls die Abberufung eine unerlaubte Verletzung des Verwaltungsrats in seinen persönlichen Verhältnissen bedeutet.
 
Sachverhalt


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A.- Il 20 giugno 1947, Pietro Giumini, Graziano Mancini e Plinio Zanolini costituivano la Società

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immobiliare La Salina S. A., con sede a Muralto. Per il primo periodo statutario di tre anni erano nominati amministratori i tre azionisti fondatori; Graziano Mancini era designato presidente del consiglio d'amministrazione.
A motivo di dissensi sorti durante l'amministrazione tra il presidente e gli altri due membri del consiglio, questi convocavano un'assemblea generale straordinaria degli azionisti. Nell'avviso di convocazione, pubblicato sul Foglio ufficiale svizzero di commercio e sul Foglio ufficiale del Cantone Ticino, figurava quale prima trattanda la "Revoca d'un amministratore e nomina del nuovo presidente del consiglio d'amministrazione della società". L'assemblea, tenutasi a Locarno il 31 gennaio 1950, deliberava la revoca di Graziano Mancini dalla carica di amministratore e designava Pietro Giumini presidente del consiglio d'amministrazione.
B.- Con petizione 31 marzo 1950 Mancini conveniva la Salina S. A. davanti al Pretore di Locarno proponendo a giudicare:
"1. Le deliberazioni dell'assemblea generale straordinaria 31 gennaio 1950 della Società immobiliare La Salina SA, Muralto. sono annullate.
Sub. - La deliberazione circa la revoca, trattanda 1, è cassata.
2. Comunicazione e pubblicazione sugli organi di pubblicazione sociali.
3. Spese tutte giudiziarie e ripetibili a carico solidale di Pietro Giumini e Plinio Zanolini."
L'attore motivava queste conclusioni adducendo che la deliberazione sociale era contraria alla legge e allo statuto, poichè non esisteva un motivo che giustificasse la sua revoca dalla carica di amministratore prima della scadenza del termine statutario.
La convenuta concludeva pel rigetto della petizione.
C.- Statuendo in data 29 luglio 1952, il Pretore accoglieva la petizione nel senso che, accertata la validità della deliberazione assembleare 31 gennaio 1950, dichiarava ingiustificata ed arbitraria la revoca dell'amministratore Mancini. Pel rimanente le domande dell'attore erano

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respinte. Dopo di aver costatato che le giustificazioni date dalla società per la revoca dell'attore non erano fondate, il primo giudice concludeva osservando che l'amministratore revocato aveva bensì diritto all'azione di risarcimento e, con o prima di essa, all'accertamento giudiziale dell'arbitrarietà della decisione di revoca, ma non all'azione di contestazione della deliberazione assembleare ai sensi dell'art. 706 CO, perchè la deliberazione non era contraria alla legge o allo statuto.
Da questa sentenza si appellavano, in via principale, la Salina S. A. e, adesivamente, Graziano Mancini.
Con sentenza 23 novembre 1953 la Camera civile del Tribunale d'appello confermava il giudizio querelato essenzialmente per i seguenti motivi:
La trasformazione d'una domanda di contestazione d'una deliberazione assembleare in una domanda di accertamento non sottoposta all'esame del giudice è ammissibile. Il diritto privato federale (art. 705 CO) non potrebbe fare a meno dell'azione di mero accertamento in quanto ricorra il presupposto dell'interesse. È bensì vero che il periodo di nomina era da tempo scaduto, ma altrettanto vero è che l'attore aveva e ha un interesse giuridico a far accertare che la revoca era ingiustificata. Anche l'appello adesivo dev'essere respinto, poichè la deliberazione impugnata non contrasta nè con la legge, nè con lo statuto.
D.- Tempestivamente la Salina S. A. ha interposto un ricorso per riforma al Tribunale federale, chiedendo l'annullamento della sentenza cantonale e il rigetto della petizione. La ricorrente fa valere che l'attore non ha un interesse giuridico a far dichiarare arbitraria la deliberazione assembleare e che l'ammissibilità dell'azione di risarcimento rende improponibile quella di mero accertamento.
Mancini, aderendo al ricorso, ha chiesto che, confermata la sentenza cantonale, sia pubblicata la pronuncia dichiarativa del Pretore (dispositivo I della sentenza 29 luglio

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1952), a spese della convenuta, sugli organi di pubblicazione sociale.
 
Considerando in diritto:
La revoca dell'amministratore è pertanto valida, anche se l'assemblea generale non sia in grado di provare un motivo grave a sostegno della revoca stessa. Ai fini dell'applicazione dell'art. 705 cp. 1 CO basta dunque costatare la regolarità con la quale l'assemblea generale si è riunita e ha deliberato sulla trattanda della revoca. Questa regolarità, accertata dal primo giudice, non è più stata contestata dall'attore che, con ragione, ha altresì rinunciato a riproporre in sede federale l'azione fondata sull'art. 706 CO.
Come è già stato giudicato, il diritto cantonale può

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concedere l'azione di mero accertamento anche quando non sia prevista dal diritto federale, semprechè questo non la escluda (RU 49 II 430). Orbene, ammettendo la liceità della revoca senza giustificazione alcuna, il legislatore federale ha manifestamente inteso negare, di regola, all'amministratore il diritto di far dichiarare ingiustificata o arbitraria la deliberazione di revoca. L'amministratore non avrebbe del resto normalmente un interesse giuridico all'immediato accertamento giudiziale della lesione dei suoi diritti. Difatto, è conforme all'essenza dell'azione di accertamento che manca l'interesse a proporla quando l'attore può già esperire l'azione condannatoria (RU 77 II 351; 79 II 259). Ora, quest'ultima, nella forma dell'azione di risarcimento, è proponibile dal momento stesso in cui la revoca è validamente deliberata. Nessun motivo di economia processuale può giustificare una diversa soluzione: ammettendo l'azione di mero accertamento lungi dal favorire l'economia dei processi, si favorisce l'esperimento di due azioni in luogo di quella sola di condanna prevista dal legislatore federale.
Accade tuttavia che l'amministratore sia revocato in un modo che pregiudichi illecitamente le sue relazioni personali. Un tale pregiudizio può risultargli segnatamente dal fatto che la revoca è resa pubblica con l'indicazione di motivi che non corrispondono al vero. In un caso siffatto non può essergli negato l'interesse all'immediato accertamente giudiziale, nella forma dell'azione di riparazione morale; questa presuppone però sempre una speciale gravità dell'offesa e della colpa. È vero che, a norma della vigente giurisprudenza del Tribunale federale, l'azione di accertamento non è più proponibile contro un atto di molestia cessato (RU 67 II 44). Ci si potrebbe però chiedere se l'azione non dovrebbe essere concessa anche quando l'atto di molestia appartiene al passato, purchè ne persistano gli effetti pregiudizievoli. Ma la questione può rimanere insoluta, atteso che in concreto la revoca non è avvenuta in modo da pregiudicare illecitamente

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l'attore nelle sue relazioni personali. A tutela dei suoi interessi, questi non disponeva pertanto che dell'azione di condanna, espressamente riservata dall'art. 705 cp. 2 CO.
Il Tribunale federale pronuncia:
1.- Il ricorso principale è accolto. Di conseguenza è annullata la sentenza 23 novembre 1953 della Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino e la petizione di causa è respinta.
2.- Il ricorso adesivo è irricevibile.