BGE 102 Ib 321
 
53. Sentenza della II Corte civile del 18 novembre 1976 nella causa Aragni c. Dipartimento di giustizia del Cantone Ticino
 
Regeste
Erbrecht: Abtretung von Erbanteilen an Miterben; Art. 635 ZGB.
2. Gehört ein Grundstück zur Erbschaft und wird ein Erbanteil an einen Miterben abgetreten, so ist für den entsprechenden Grundbucheintrag die Zustimmung sämtlicher Miterben nicht erforderlich (E. 5).
3. Der Erbe, der infolge Abtretung seines Erbanteils an einen Miterben aus der Erbengemeinschaft ausgeschieden ist, bleibt für die Schulden des Erblassers während fünf Jahren solidarisch haftbar (E. 6).
 
Sachverhalt


BGE 102 Ib 321 (322):

Alcuni membri della comunione ereditaria Aragni Maria, Aragni Giulio e Aragni Antonio, proprietaria del mappale n. 216 di Ponte Capriasca, cedevano i propri diritti ereditari al coerede Aragni Ennio, il quale, con istanza del 15 aprile 1976, chiedeva all'Ufficio del registro fondiario di Lugano che fosse iscritto in quest'ultimo il trapasso della proprietà della suddetta particella dalla comunione ereditaria sino ad allora esistente a quella risultante dopo la menzionata cessione dei diritti. L'Ufficio del registro fondiario respingeva l'istanza rilevando che il contratto di cessione aveva effetti puramente obbligatori e non poteva quindi dar luogo ad una modifica dell'intestazione a registro fondiario. Il Dipartimento di giustizia del Cantone Ticino respingeva, quale Autorità di vigilanza sul registro fondiario, il gravame presentatogli da Ennio Aragni. Insorto con ricorso di diritto amministrativo contro la decisione del Dipartimento di giustizia del Cantone Ticino, Ennio Aragni ha chiesto che essa sia annullata e che sia ordinato all'Ufficio del registro fondiario di Lugano di dar seguito all'istanza presentatagli.
Il Dipartimento federale di giustizia e polizia ha proposto l'accoglimento del ricorso. Questo è stato accolto dal Tribunale federale.
 
Considerando in diritto:
1. Ai fini del presente giudizio è determinante la questione se una cessione di diritti successori a un coerede abbia effetti reali o dia luogo semplicemente ad una obbligazione. È infatti solamente nel primo caso che può entrare in considerazione un'iscrizione nel registro fondiario che tenga conto dell'avvenuta cessione. Tale problema non è sin qui stato risolto dalla giurisprudenza del Tribunale federale; la sentenza DTF 101 II 232 l'ha lasciato espressamente aperto. Su di esso s'è invece pronunciato in passato il Consiglio federale quale autorità superiore di vigilanza del registro fondiario (decisione del 10 gennaio 1913 nella causa Minnig c. Vallese, Foglio federale 1913, vol. 1, ediz. francese pag. 125 segg. (ediz. tedesca pag. 149 segg.); e Zeitschrift für Beurkundungs- und Grundbuchrecht (ZBGR) 5, 129; decisione 16 ottobre 1917 nella causa Markwalder c. Argovia, in Foglio federale 1917 vol. 4, ediz. francese

BGE 102 Ib 321 (323):

pag. 333 segg. (ediz. tedesca pag. 337 segg.) e ZBGR 5, 134). Secondo queste decisioni, la cessione di diritti successori può comportare soltanto effetti obbligatori. Tale principio è stato ripreso dal Dipartimento federale di giustizia e polizia (decisione del 29 giugno 1928 nella causa Fiaux c. Vaud, in ZBGR 10, 141) e dall'Ufficio federale del registro fondiario (Giurisprudenza delle autorità amministrative della Confederazione 1937 n. 58 II e 58 III; 1938 n. 46; 1943 n. 30; e numerosi pareri non pubblicati, resi tra il 1933 e il 1962).
2. Come è stato rilevato dal Dipartimento federale di giustizia e polizia nelle proprie osservazioni sul ricorso, il problema generale degli effetti della cessione di diritti successori a un coerede non è sfuggito al legislatore, pur non avendolo questi risolto esplicitamente; egli si è infatti limitato a stabilire la natura meramente obbligatoria della cessione effettuata a un terzo. Il relatore di lingua francese al Consiglio nazionale ha ribadito nella seduta del 29 marzo 1906 (Boll.sten. 1906 CN, pag. 385) che, se la cessione è fatta a un coerede, questi può, a differenza del cessionario non coerede, far valere direttamente nella divisione sia i suoi diritti successori originari, sia quelli risultanti dalla cessione. Fermo restando questo caposaldo, che appare chiaramente nel testo del vigente art. 635 CC, va tuttavia esaminato quali siano gli effetti di una cessione a un coerede che intervengono prima della divisione.
3. a) La dottrina, ricordata con pertinenza dal Dipartimento federale di giustizia e polizia, s'è dal 1908 occupata della questione. In un primo periodo essa ha ammesso che la cessione dei diritti tra coeredi ha un effetto reale, nel senso che la quota del cessionario s'accresce di quella del cedente, che perde la sua qualità di erede (ROSSEL-MENTHA, Manuel de droit suisse, 1a edizione 1908, vol. 1, pag. 712, e 2a edizione 1922, vol. II n. 1175 e 1176; CURTI FORRER, Commentaire du Code civil, 1912, nota 10 all'art. 635; TH. GUHL, Gesamthandsverhältnisse und deren grundbuchliche Behandlung, Zeitschrift des bernischen Juristenvereins 53 (1917), pag. 58; R. BOLLIGER, Die Erbschaftsveräusserung auf rechtsvergleichender Grundlage, tesi Zurigo 1918, pag. 22; M. HABICHT, Die Formen der Erbschaftsteilung im schweizerischen Recht, tesi Zurigo 1924, pag. 23; C. VOLKART, Der Vertrag über die Abtretung von Anteilen an einer angefallenen Erbschaft, ZBGR 5 (1924), pag. 169). A partire dal 1925 le opinioni cominciano a divergere.


BGE 102 Ib 321 (324):

Così A. BOREL (Das Bäuerliche Erbrecht, 1925, pag. 137; cfr. altresì BOREL-NEUKOMM, Das Bäuerliche Erbrecht, 1954, pag. 212 nota 7) sostiene che la cessione ha solo effetti personali e che il cedente resta erede e membro della comunione ereditaria sino alla divisione, tanto nel caso in cui il cessionario sia un coerede, quanto in quello in cui sia un terzo. Un'altra corrente riteneva invece che la cessione a un coerede comporti effetti reali (H. WIDMER, Die Erbgemeinschaft, tesi Zurigo 1925, pag. 70 segg.; H. LEEMANN, in Schweizerische Juristen-Zeitung, vol. 23 (1926/27), pag. 15; A. GLOOR, Der aussergrundbuchliche Eigentumserwerb nach schweizerischem Recht, tesi Zurigo, 1929, pag. 71; O. ANNEN, Die objektiv und subjektiv beschränkte Teilung der Erbgemeinschaft, tesi Friburgo 1941, pag. 88; ESCHER, Commentario, 2a ediz. 1937 n. 3-17 ad art. 635, e 3a ediz. 1960 n. 9-17 ad art. 635). Una terza corrente, infine, è stata in tale epoca assertrice della tesi dell'effetto obbligatorio della cessione, salvo che questa sia stata fatta a favore di tutti i coeredi (F. JENNY, Die Abtretung von Erbanteilen nach Art. 635 ZGB, in Zeitschrift des bernischen Juristenvereins 64 (1928), pag. 145 segg., e Gesamteigentum und Grundbuch, in ZBGR 40 (1959) pag. 193 segg.; P. TUOR, Commentario n. 12-20 ad art. 635; R. HAAB, Commentario, n. 19-21 ad art. 652-654; R. FELBER, Aufgeschobene und partielle Erbteilung, tesi Berna 1939, pag. 71; A. BECK, in Fiches Juridiques Suisses n. 7/790; J. LUTHY, Les cessions de parts héréditaires, tesi Losanna 1955, pag. 33-53; J. M. GROSSEN, Propriété commune et registre foncier, in ZBGR 40 (1959) pag. 15; A. JOST, Der Erbteilungsprozess im schweizerischen Recht, 1960, pag. 121). Più recentemente, parte della dottrina ha sostenuto che la cessione di diritti successori a un coerede può comportare effetti reali ove tale sia stata la volontà delle parti e risulti dal testo del contratto (TUOR-PICENONI, Commentario, ediz. 1964, n. 20b ad art. 635; TUOR-SCHNYDER, Das Schweizerische Zivilgesetzbuch, 9a ediz., 1975, pag. 459; H. HAUSHEER, Erbrechtliche Probleme des Unternehmers, 1970, pag. 17, nota in fine; A. BECK, Grundriss des schweizerischen Erbrechtes 1970, pag. 149 e 150; V. PICENONI, Die Behandlung der Grundbuchgeschäfte im Erbgang, in ZBGR 53 (1972), pag. 139; P. HAUSER, Der Erbverteilungsvertrag, tesi Zurigo 1973 pag. 41; D. ZOBL, Änderungen im Personalbestand von Gesamthandschaften, tesi Zurigo 1973, pag. 176 segg.; P. PIOTET, Droit successoral, 1975, pag. 604, e Précis

BGE 102 Ib 321 (325):

de droit successoral, 1976, pag. 135; U. E. KOHLER, Die Abtretung angefallener Erbanteile (Art. 635 ZGB), tesi Zurigo 1976, pagg. 75-121).
b) Come il Dipartimento federale di giustizia e polizia ha rilevato nelle sue esaurienti osservazioni, i fautori dell'effetto reale hanno invocato in primo luogo ragioni di ordine pratico: il coerede cedente non deve più partecipare alla gestione della comunione; sotto il profilo della certezza, essi sottolineano il vantaggio dato dall'impossibilità di cedere più volte gli stessi diritti; quanto agli aspetti giuridici, viene ribadito che la cessione ha per oggetto soltanto la parte dei diritti di proprietà comune che spetta al cedente, ed è fatto valere che i due capoversi dell'art. 635 CC sono in opposizione tra di loro e devono essere interpretati a contrario. Tale dottrina osserva che la cessione di una quota ereditaria all'insieme dei coeredi comporta necessariamente l'uscita del cedente dalla comunione ereditaria, la quale continua a sussistere senza di lui; nel caso di cessione ad un solo coerede, ipotesi in cui non può farsi luogo ad accrescimento, dato che di questo può profittare soltanto l'insieme dei membri della comunione, deve ammettersi una successione a titolo universale tra vivi (v., tra gli altri, VOLKART-ESCHER, op.cit. loc.cit.).
I partigiani dell'effetto obbligatorio non hanno misconosciuto la rilevanza delle considerazioni di ordine pratico, ma hanno ritenuto di potervi porre rimedio facendo ricorso alla rappresentanza, espressa o addirittura tacita, del cedente da parte del cessionario (v. LUTHY, op.cit., pag. 62). Non prevista espressamente dal legislatore, una successione universale tra vivi non entra per essi in linea di conto; respinto è pure il ragionamento a contrario, a cui è contrapposto quello analogico. Mentre JENNY vedeva nella divisione l'unica possibilità per un coerede d'uscire dalla comunione, TUOR ammetteva tale possibilità anche laddove la cessione fosse fatta a profitto di tutti i coeredi e l'eventuale controprestazione non provenisse dai beni della successione. Per questo autore, la divisione oggettivamente e soggettivamente limitata pone fine entro tali limiti alla comunione ereditaria; la comunione non è tuttavia sciolta, bensì continua sotto altra forma. Nella sentenza DTF 60 I 145 il Tribunale federale ha riconosciuto esplicitamente che il coerede, il quale abbia ricevuto, in una forma qualsiasi, la sua quota ereditaria, cessa di far parte della comunione

BGE 102 Ib 321 (326):

ereditaria, che continua tra gli altri coeredi fino alla divisione di quanto resta della successione.
c) Attualmente la dottrina prevalente è favorevole alla tesi dell'effetto reale, sempreché le parti l'abbiano espressamente voluto ed abbiano chiaramente manifestato tale loro volontà. Determinante appare al proposito il rilievo di PIOTET (op.cit., pag. 604), il quale ha messo in risalto che ciò che impedisce alla convenzione conclusa tra un coerede e un terzo di far entrare quest'ultimo nella comunione è il principio per cui nessuno può entrar a far parte (salvo che per successione a titolo universale) della comunione senza l'accordo degli altri membri della stessa; orbene, laddove il cessionario è già membro della comunione, come è il caso nella cessione di una quota ereditaria a un coerede, questa obbiezione cade.
Le conseguenze pratiche della dottrina favorevole all'effetto obbligatorio sono insoddisfacenti, dato che il cedente rimane membro della comunione; il ricorso alla rappresentanza costituisce un palliativo artificioso e insufficiente, tenuto conto che un mandato di rappresentanza è essenzialmente revocabile. Il testo dell'art. 635 cpv. 2 CC induce ad un'interpretazione a contrario del cpv. 1: se l'effetto di una cessione tra coeredi fosse lo stesso, la disposizione espressa del cpv. 2 non sarebbe necessaria, o quanto meno sarebbe formulata diversamente. A differenza di quanto avviene nel caso della cessione a un terzo (ossia non membro della comunione), l'effetto reale non implica l'ingresso nella comunione di un estraneo e questa circostanza essenziale giustifica una disciplina opposta a quella dell'art. 635 cpv. 2 CC.
Decisiva appare la circostanza che l'effetto reale della cessione a un coerede ha il vantaggio pratico di dar luogo immediatamente ad una situazione del tutto netta, conforme alla volontà delle parti e tale da corrispondere a ciò che esse attendono normalmente da un tale negozio giuridico.


BGE 102 Ib 321 (327):

5. Per quanto concerne gli immobili oggetto della comunione, resta da esaminare secondo quali modalità possa essere iscritto nel registro fondiario il trasferimento dei diritti alla proprietà comune ceduti al coerede, ossia l'uscita dalla proprietà comune del coerede cedente. Il fatto che i diritti ceduti ad un coerede siano diritti su una proprietà fondiaria comune può indurre a chiedersi se non occorra il consenso di tutti i coeredi-comproprietari, ossia se bastino la dichiarazione del coerede cedente e quella del coerede cessionario. Il consenso di tutti i coeredi renderebbe peraltro spesso gravoso e complicato il modo di procedere, né può, generalmente, ravvisarsi un interesse giuridico sufficiente dei coeredi che non siano parti della convenzione ad intervenire attivamente dinnanzi all'ufficio del registro fondiario per rendere possibile la nuova iscrizione. L'iscrizione ha qui valore puramente declaratorio, gli effetti reali del trasferimento provenendo non dall'iscrizione nel registro fondiario, bensì dalla convenzione in virtù della quale i diritti sulla comproprietà spettanti al coerede cedente sono stati ceduti al coerede cessionario. Il fatto che ci si trovi in presenza di diritti che si estendono a tutta la cosa (art. 652 CC) non toglie che si tratti pur sempre di diritti che idealmente sono suscettibili di una individuazione, nel senso che tali diritti costituiscono una precisa quota aritmetica di tutti i diritti sulla cosa comune. La necessaria normale partecipazione di tutti i comproprietari in comune per poter disporre concretamente della cosa in comune non esclude sempre la possibilità di un'alienazione quantitativa di parte dei diritti estesi a tutta la cosa, fatta senza l'intervento di tutti i comproprietari in comune. Tale intervento non appare indispensabile, pur dovendosi riconoscere l'esistenza di una connessione più stretta di quanto sia il caso nella comproprietà semplice. Né tale soluzione appare iniqua sul piano pratico della ponderazione degli interessi reciproci: la cessione avviene tra coeredi, ossia tra persone che erano comunque comproprietarie in comune dell'immobile; un'estensione meramente quantitativa dei diritti su tutta la cosa comune, idonea a giustificare l'effetto reale della cessione, può altresì giustificare, sotto il profilo pratico, che si prescinda dalla partecipazione obbligatoria di tutti i coeredi nella procedura d'iscrizione nel registro fondiario del trasferimento dei diritti ceduti.
Ne segue che per l'iscrizione della cessione tra coeredi nel

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registro fondiario, ossia per l'iscrizione dell'uscita dalla comunione del coerede cedente, è sufficiente la richiesta del coerede cessionario, suffragata dal contratto scritto o dalla dichiarazione unilaterale scritta, con cui il coerede cedente ha trasferito a quello cessionario i propri diritti di comproprietà comune sull'immobile in questione (v. V. PICENONI, Die Behandlung der Grundbuchgeschäfte im Erbgang, in ZBGR vol. 53 (1972), pag. 139).
6. L'effetto reale della cessione di ragioni ereditarie tra coeredi non deve pregiudicare i diritti dei creditori della successione, né gli interessi dei coeredi rimasti nella comunione; gli uni e gli altri sogliono perdere, con l'uscita del coerede della comunione, un condebitore. La dottrina ha suggerito di applicare, in via analogica, nei confronti del coerede uscente la regola contenuta nell'art. 639 CC, ossia di riconoscerlo in linea di principio solidalmente responsabile con gli altri eredi dei debiti della successione per un quinquennio. Tale disciplina contempera equamente gli opposti interessi e va quindi adottata. Non occorre decidere nel presente giudizio in quale momento comincia a correre il termine quinquennale, se da quello della cessione delle ragioni ereditarie, oppure da quello della divisione.