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Original
 
Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
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1C_516/2019
Sentenza del 22 ottobre 2019
I Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Fonjallaz, Giudice presidente,
Kneubühler, Muschietti,
Cancelliere Crameri.
Partecipanti al procedimento
A.________Sagl,
patrocinata dall'avv. Luca Pestelacci,
ricorrente,
contro
Municipio di X.________,
patrocinato dall'avv. Raffaello Balerna,
Dipartimento del territorio del Cantone Ticino,
Ufficio delle domande di costruzione,
Presidente del Consiglio di Stato del Cantone Ticino.
Oggetto
Divieto di usare serre per la coltivazione della canapa; reiezione dell'effetto sospensivo,
ricorso contro la sentenza emanata il 27 agosto 2019
dal Tribunale cantonale amministrativo del Cantone Ticino (52.2019.272).
Fatti:
A.
A.________Sagl è affittuaria del fondo yyy sito a X.________, attribuito alla zona agricola (superficie per l'avvicendamento delle colture), sul quale si trovano alcune serre. Il 20 giugno 2018 essa ha notificato alla Polizia cantonale l'avvio di una coltivazione di canapa. Invitato a preavvisare la notifica, il 10 luglio 2018 il Municipio ha osservato che le serre si trovano in una zona di protezione S2 dei pozzi di captazione dell'acquedotto intercomunale di Z.________. Interpellato al riguardo, l'Ufficio della protezione delle acque e dell'approvvigionamento idrico (UPAAI) ha indicato che il "ripristino delle serre" potrebbe essere autorizzato in deroga alle norme in materia di protezione delle acque, riservandosi di esprimersi a "livello costruttivo" nel quadro di una notifica di costruzione. Il 3 agosto seguente la Polizia cantonale ha confermato la conformità della notifica, riservata l'applicazione di altre norme, quali la legge edilizia cantonale.
B.
Il 14 agosto 2018 il Municipio ha comunicato alla A.________Sagl che prima dell'inizio dell'attività essa doveva presentare una domanda di costruzione. Il 27 agosto seguente l'interessata ha osservato che l'intervento sulle serre sarebbe di mera manutenzione ordinaria, precisando d'avervi già piantato le talee. Con comunicato del 26 settembre 2018 il Municipio ha informato la popolazione dell'avviata coltivazione di canapa. Durante il mese di ottobre numerosi vicini e cittadini si sono lamentati delle esalazioni maleodoranti derivanti dalle piante in fiore. Con decisione del 4 aprile 2019, ritenuto un cambiamento di destinazione e prevalente l'interesse dei vicini a non sopportare le immissioni moleste, l'Esecutivo comunale ha ordinato alla A.________Sagl e alla proprietaria del fondo di inoltrare una domanda di costruzione a posteriori per la coltivazione di canapa nelle serre, vietando loro di utilizzarle fino al rilascio della licenza edilizia.
C.
Contro questo provvedimento, A.________Sagl è insorta al Consiglio di Stato, postulando, in via cautelare, limitatamente al divieto d'uso dichiarato immediatamente esecutivo, la restituzione dell'effetto sospensivo al ricorso. Il 9 maggio 2019 il Presidente dell'Esecutivo cantonale ha respinto quest'ultima domanda. Adito dall'interessata, con giudizio del 27 agosto 2019 il Tribunale cantonale amministrativo ne ha respinto il gravame.
D.
Avverso questa sentenza A.________Sagl presenta un ricorso in materia di diritto pubblico e, subordinatamente, un ricorso sussidiario in materia costituzionale. Chiede di annullare la decisione impugnata e di riformarla nel senso di annullare quella governativa e di riconcedere l'effetto sospensivo al gravame.
Non è stato ordinato uno scambio di scritti.
Diritto:
1.
1.1. Il Tribunale federale vaglia d'ufficio se e in che misura un ricorso può essere esaminato nel merito (DTF 145 I 239 consid. 2).
1.2. Presentato tempestivamente contro una decisione dell'ultima istanza cantonale in materia edilizia, il ricorso in materia di diritto pubblico è, nella misura di cui si dirà, ammissibile sotto il profilo degli art. 82 lett. a, 86 cpv. 1 lett. d e 100 cpv. 1 LTF (DTF 133 II 409 consid. 1.1). Il ricorso sussidiario in materia costituzionale è quindi inammissibile (art. 113 LTF). La legittimazione della ricorrente è pacifica.
1.3. La sentenza impugnata è una decisione in materia di misure cautelari ai sensi dell'art. 98 LTF, contro la quale la ricorrente può fare valere unicamente la violazione di diritti costituzionali (DTF 137 III 475 consid. 2 pag. 477). Essa deve quindi motivare le censure conformemente alle accresciute esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 143 I 377 consid. 1.2 e 1.3 pag. 380; 143 II 283 consid. 1.2.2). Deve pertanto confrontarsi con i considerandi della sentenza impugnata, spiegando in modo chiaro e preciso per quali ragioni sono violate le garanzie costituzionali invocate, in concreto il principio della buona fede (DTF 142 II 369 consid. 2.1).
Nel caso di un ricorso contro una decisione in materia di misure cautelari è possibile procedere a una rettifica o a una completazione degli accertamenti di fatto solo qualora l'istanza cantonale abbia violato dei diritti costituzionali (DTF 133 III 393 consid. 7.1 pag. 398) e la ricorrente dimostri l'arbitrio (DTF 143 I 377 consid. 1.2 e 1.3 pag. 380; 143 II 283 consid. 1.2.2 pag. 286).
1.4. Nella misura in cui la ricorrente adduce una motivazione insufficiente dell'impugnato giudizio la critica non regge. Come si vedrà, la criticata decisione si esprime infatti su tutte le questioni rilevanti per il giudizio (DTF 145 I 167 consid. 4.1 pag. 170 seg.; 142 II 154 consid. 4.2 pag. 157).
2.
2.1. La Corte cantonale ha rilevato che il Presidente del Consiglio di Stato, attribuendo un maggior peso all'interesse generale a non permettere la continuazione di un'attività mai autorizzata mediante licenza edilizia, piuttosto che a quello prettamente economico della ricorrente, non ha abusato del potere di apprezzamento che gli compete. Ha stabilito che la fondatezza o meno di questi argomenti costituisce una questione di merito, che esula dall'oggetto del litigio, limitato al quesito della restituzione dell'effetto sospensivo al gravame. Ciò poiché, considerata la natura cautelare del divieto d'uso litigioso, esso è immediatamente esecutivo per legge, motivo per cui un ricorso presentato contro lo stesso non esplica effetto sospensivo, la ricorrente potendo nondimeno chiedere al presidente dell'autorità di ricorso di concederlo.
2.2. Quando un'autorità decide sull'effetto sospensivo, essa si fonda sugli atti fino a quel momento a disposizione ed esegue una valutazione e una ponderazione sommaria degli interessi in discussione, senza confrontarsi in modo approfondito con tutti gli aspetti di fatto e di diritto che si pongono (DTF 131 III 473 consid. 2.3). I provvedimenti cautelari devono essere concessi quando sono necessari e urgenti per tutelare interessi pubblici o privati prevalenti, affinché sia evitato un pregiudizio difficilmente riparabile. L'autorità dispone di un ampio margine di apprezzamento nella ponderazione di questi interessi (DTF 129 II 286 consid. 3). I motivi a sostegno di una sospensione devono essere più importanti di quelli che giustificano di eseguire subito la decisione. La prognosi della causa principale può essere presa in considerazione solo quando è evidente (DTF 130 II 149 consid. 2.2). L'autorità di ricorso non è comunque tenuta a svolgere chiarimenti supplementari dispendiosi, ma può statuire sulla misura provvisionale sulla base degli atti disponibili (DTF 145 I 73 consid. 7.2.3.2 pag. 106; 117 V 185 consid. 2b; sentenze 1C_534/2018 del 2 novembre 2018 consid. 3, in: RtiD I-2019 n. 24 pag. 130 e 1C_294/2019 del 26 giugno 2019 consid. 5.2).
2.3. Poiché l'autorità beneficia di un ampio margine di apprezzamento, il Tribunale federale si impone un particolare riserbo nella valutazione dello stesso. Annulla il relativo giudizio solo se l'istanza precedente ha ecceduto o abusato del proprio potere di apprezzamento, se ha completamente ignorato elementi rilevanti oppure se ha trascurato interessi coinvolti o li ha valutati in modo manifestamente errato (sentenza 1C_534/2018, citata, consid. 3).
3.
La Corte cantonale ha ritenuto che l'interesse pubblico dei vicini, volto in particolare a impedire che nelle more della procedura la ricorrente, senza essere al beneficio di una licenza edilizia, prosegua un'attività che genera apprezzabili esalazioni moleste verso le zone residenziali circostanti, situate a un centinaio di metri di distanza o anche meno, può prevalere sugli interessi prettamente economici della ricorrente. Ha stabilito che a prima vista appare tutt'altro che inverosimile che questa attività, già solo per le diverse ripercussioni che genera sull'ambiente circostante, e per l'incidenza sulla zona di protezione delle acque sotterranee, esiga l'avvio di una procedura di rilascio del permesso di costruzione, nell'ambito della quale anche i vicini toccati possano eventualmente esercitare i propri diritti di difesa.
Ha stabilito infatti che secondo la giurisprudenza ogni modifica delle condizioni di utilizzazione di un edificio o di un impianto esistente atta a produrre, intensificare o alterare in maniera apprezzabile ripercussioni diverse e localmente percettibili, può configurare un cambiamento di destinazione che può comportare l'avvio di una procedura di rilascio del permesso di costruzione: in casi dubbi l'autorità è quindi tenuta a avviare una tale procedura, poiché solo in tale ambito è possibile procedere a una valutazione più approfondita. Ha precisato che la questione di sapere se e in che misura l'attività svolta all'interno delle serre sia conforme alle normative in vigore, in particolare quelle sulla protezione del territorio e dell'ambiente, non deve essere risolta nel quadro della procedura in esame, ma in quella di merito. Al riguardo ha nondimeno rilevato che la ricorrente sostiene a torto che la coltivazione litigiosa non si distinguerebbe da quella di piante o di ortaggi, quali pomodori, ritenuto che quest'ultima non genera esalazioni moleste sull'ambiente circostante.
4.
La ricorrente sostiene che l'obbligo di inoltrare una domanda di costruzione a posteriori le causerebbe un pregiudizio irreparabile.
Il criticato obbligo non costituisce manifestamente una decisione finale. Essa non risolve infatti il quesito di sapere se gli interventi litigiosi possano e in che misura essere autorizzati a posteriori. Esso implica unicamente l'esigenza di dare avvio a una procedura formale che, con la collaborazione della ricorrente, permetta di verificare compiutamente gli aspetti di legittimità materiale degli interventi litigiosi avversati da vicini, che si risolverà nel rilascio o nel diniego della licenza edilizia: si tratta di una decisione incidentale ai sensi dell'art. 93 cpv. 1 LTF, direttamente impugnabile dinanzi al Tribunale federale soltanto qualora sia suscettibile di cagionare un pregiudizio irreparabile (lett. a; sentenze 1C_294/2019 del 26 giugno 2019 consid. 3.2 e 1C_354/2011 del 25 ottobre 2011 consid. 1.4.3 e 1.4.4). Il semplice prolungamento della procedura o l'aumento dei costi collegati alla causa non bastano di regola a fondare un simile pregiudizio (DTF 140 V 321 consid. 3.3 pag. 326).
Al riguardo, adducendo a torto che la Corte cantonale avrebbe già anticipato la propria posizione sul merito del ricorso, essa sostiene che dovrebbe attendere due o tre anni per poter presentare e fare esaminare il ricorso dal Tribunale federale: durante questo lasso di tempo non potrebbe utilizzare le serre, ciò che la obbligherebbe a chiudere la propria attività e forse addirittura a dichiarare fallimento. Osserva che in relazione alla coltivazione della canapa avrebbe operato grandi investimenti, rimandando al riguardo - in maniera inammissibile perché la motivazione delle censure dev'essere contenuta nell'atto di ricorso medesimo (DTF 143 II 283 consid. 1.2.3; 138 IV 47 consid. 2.8.1 pag. 54) - a documenti contabili prodotti nella procedura di merito dinanzi al Consiglio di Stato. Sostiene che avrebbe effettuato investimenti per CHF 21'000.-- e che le spese per produrre e arrivare al prodotto finito ammonterebbero a CHF 154'413.78, senza considerare tuttavia la diminuzione del danno derivante dalla mancata coltivazione, dalla raccolta e dalla preparazione alla vendita del prodotto finito che implica il contestato provvedimento. Anche l'accenno a perdite derivanti da asserite ordinazioni non è di per sé determinante. La ricorrente medesima adduce infatti che potrebbe coltivare le piante di canapa al di fuori delle serre, sebbene con un riscontro economico fortemente limitato. Inoltre, come rettamente accertato dai giudici cantonali, il provvedimento cautelare litigioso non vieta altre coltivazioni nelle serre, ma soltanto un'attività recente che non è stata ancora formalmente approvata. Visto l'esito del ricorso, la questione della sussistenza di un danno irreparabile non dev'essere comunque esaminata oltre.
5.
5.1. I giudici cantonali hanno ritenuto infondato il rimprovero mosso al Municipio di aver agito tardivamente e in maniera contraria alla buona fede. Ciò poiché già in sede di notifica della coltivazione ai sensi dell'art. 13 della legge ticinese sulla coltivazione della canapa e sulla vendita al dettaglio dei suoi prodotti del 24 giugno 2002 - secondo cui la sua coltivazione all'interno e all'esterno è subordinata a un obbligo di notifica preventivo e annuale all'autorità competente e deve rispettare i disposti dell'Ordinanza del DEFR concernente le sementi e i tuberi-seme delle specie campicole, delle piante foraggere e degli ortaggi del 7 dicembre 1998 (RS 916.151.1) - la ricorrente era stata resa attenta, con scritti del 3 agosto 2018 della Polizia cantonale e del 14 agosto 2018 del Municipio alla procedura edilizia. La Corte cantonale ha accertato che prima di ricevere qualsiasi autorizzazione e/o possibile rassicurazione, essa ha deliberatamente scelto di iniziare la propria attività ponendo l'autorità di fronte al fatto compiuto. Ne ha concluso ch'essa, dai successivi scritti e atteggiamenti del Municipio, che si sarebbe in un certo modo "adeguato" alla situazione, non può dedurre una violazione del principio della buona fede e dell'affidamento.
Ha quindi stabilito che la decisione presidenziale, di ritenere che l'interesse generale e quello dei vicini all'immediata esecutività dell'ordine municipale prevale sull'interesse meramente economico della ricorrente a continuare a svolgere un'attività che non è mai stata autorizzata e dalla quale scaturiscono reiterate turbative, non realizza gli estremi di un abuso del potere di apprezzamento. Né essa viola il principio di proporzionalità, poiché si limita a vietare un'attività recente non autorizzata, ma non impedisce di utilizzare le serre per altre coltivazioni.
5.2. Il ricorso è imperniato su pretese assicurazioni fornite dal Municipio circa il rispetto delle pertinenti norme legali in seguito a un sopralluogo esperito del tecnico comunale, conformità ribadita con un comunicato stampa del 26 settembre 2018 con il quale ha informato la popolazione dell'avvio della coltivazione della canapa che "avveniva con il rispetto di tutti i parametri richiesti"; un ulteriore comunicato stampa confermerebbe la legalità della coltivazione in esame. Insistendo su queste pretese "rassicurazioni" fornite dal Municipio, la ricorrente disattende tuttavia che, anteriormente a tali comunicazioni, il 14 agosto 2018 il Municipio le aveva notificato che prima dell'inizio dell'attività litigiosa essa avrebbe dovuto presentare una domanda di costruzione: la ricorrente aveva tuttavia già piantato le talee nelle serre. Essa deve quindi assumere le conseguenze di questa sua strategia, volta a mettere l'autorità di fronte al fatto compiuto.
Certo, l'invocato principio della buona fede (art. 5 cpv. 3 e art. 9 Cost.) tutela tra l'altro la fiducia riposta in un'informazione ricevuta dall'autorità, quando quest'ultima sia intervenuta in una situazione concreta rispetto a determinate persone, quando la stessa era competente a rilasciare l'informazione o il cittadino poteva ritenerla competente sulla base di fondati motivi, quando posteriormente al rilascio dell'informazione non siano intervenuti mutamenti legislativi e, quando affidandosi sull'esattezza dell'informazione, egli abbia preso delle disposizioni non reversibili (DTF 143 V 341 consid. 5.2.1 pag. 346, 95 consid. 3.6.2 pag. 103). Ora, nel caso in esame la ricorrente ha preso delle disposizioni (coltivazione della canapa), peraltro reversibili, prima che il Municipio fornisse generiche assicurazioni, ragione per cui già per questo motivo l'invocato principio non è leso. Per di più, l'UPAAI si era riservato di esprimersi a "livello costruttivo" nell'ambito di una notifica di costruzione; pure la Polizia cantonale aveva espresso una riserva riguardo all'applicazione di altre norme, quali la legge edilizia cantonale.
5.3. In questo stadio della procedura, l'obbligo di inoltrare una domanda di costruzione regge. Nel caso di specie, in assenza dei necessari accertamenti fattuali e giuridici, né la Corte cantonale e ancor meno il Tribunale federale potrebbero pronunciarsi definitivamente sulle questioni litigiose. La questione di sapere se e in che misura si sarebbe in presenza di un cambiamento di destinazione, quesito sul quale si diffonde la ricorrente, dovrà essere compiutamente vagliata nel quadro dell'esame della domanda di costruzione ed esula dall'oggetto del presente litigio.
5.4. La ricorrente, sostenendo che la Corte cantonale avrebbe analizzato in maniera troppo superficiale gli inconvenienti, in particolare le esalazioni moleste derivanti dalla coltivazione litigiosa, misconosce che, come visto (consid. 2.2 e 2.3), essa non era tenuta a svolgere chiarimenti supplementari dispendiosi, potendo statuire sulla misura provvisionale sulla base degli atti disponibili. La ricorrente non dimostra l'insostenibilità e quindi l'arbitrarietà né della motivazione né del risultato dell'impugnato giudizio (DTF 144 II 281 consid. 3.6.2 pag. 287; 144 I 113 consid. 7.1 pag. 124). Essa osserva che le esalazioni moleste, non nocive per la salute, sarebbero limitate a un periodo di circa quattro settimane all'anno, al momento della fioritura tra settembre e ottobre. Aggiunge che anche una coltivazione di piante di limoni o di lavanda comporterebbe la presenza di forti odori. Certo, i rilievi della ricorrente, secondo cui i cittadini che risiedono a fianco di una zona agricola devono prendere in conto determinate immissioni, come gli odori provenienti da tale zona o ch'essa potrebbe coltivare le piante al di fuori delle serre, con una propagazione maggiore di odori, non sono privi di ogni fondamento. Ciò non è tuttavia sufficiente per dimostrare che le autorità cantonali avrebbero ecceduto il vasto potere di apprezzamento che compete loro nell'ambito dell'adozione di misure cautelari. Anche queste questioni potranno essere vagliate compiutamente nell'ambito dell'esame della domanda di costruzione.
5.5. La libertà economica garantita dagli art. 27 e 94 Cost., invocata dalla ricorrente, protegge ogni attività economica privata esercitata a titolo professionale e volta al conseguimento di un guadagno o di un reddito (DTF 143 I 403 consid. 5.6.1; 142 II 369 consid. 6.2; 141 V 557 consid. 7.1). Essa include, in particolare, la libera scelta della professione, il libero accesso a un'attività economica privata e il suo libero esercizio (art. 27 cpv. 2 Cost.). Le restrizioni alla libertà economica sono di massima conformi alla Costituzione se si fondano su motivi di polizia o di politica sociale oppure su misure che non servono in primo luogo agli interessi economici (DTF 143 I 403 consid. 5.2; 142 I 76 consid. 3.1). Il Tribunale federale ha già avuto modo di precisare che il semplice fatto che un provvedimento pianificatorio possa avere un'incidenza su un'attività economica non è di principio contrario all'art. 27 Cost., nella misura in cui le limitazioni siano giustificate dalle necessità di una pianificazione territoriale e ch'esse non privino di qualsiasi contenuto la libertà di commercio e di industria (DTF 142 I 162 consid. 3.3). In concreto il criticato divieto si fonda su motivi di natura edilizia e di protezione dell'ambiente e non impedisce alla ricorrente di utilizzare le serre per altre coltivazioni, motivo per cui, in questo stadio della procedura, la libertà economica non è lesa.
6.
In quanto ammissibile, il ricorso dev'essere pertanto respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico della ricorrente.
3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Dipartimento del territorio, Ufficio delle domande di costruzione, al Presidente del Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
Losanna, 22 ottobre 2019
In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il Giudice presidente: Fonjallaz
Il Cancelliere: Crameri