BGer 4A_563/2018
 
BGer 4A_563/2018 vom 16.10.2019
 
4A_563/2018
 
Sentenza del 16 ottobre 2019
 
I Corte di diritto civile
Composizione
Giudici federali Kiss, Presidente,
Klett, May Canellas,
Cancelliere Piatti.
 
Partecipanti al procedimento
A.________SA,
patrocinata dall'avv. Stefano Camponovo,
ricorrente,
contro
Commissione Paritetica Cantonale per l'edilizia ed il genio civile (CPC),
opponente.
Oggetto
contratto nazionale mantello per l'edilizia; regolamentazione salariale in casi particolari,
ricorso contro il lodo emanato il 18 settembre 2018 dall'arbitro unico per l'edilizia principale nel
Cantone Ticino.
 
Fatti:
A. B.________ è da diversi anni alle dipendenze della A.________SA ed è inabile al lavoro in ragione del 12,5 %. Per questo motivo la SUVA copre l'80 % del 12.5 % del salario di tale lavoratore.
Il 29 maggio 2018 la Commissione Paritetica Cantonale per l'edilizia ed il genio civile (in seguito: Commissione paritetica) ha rifiutato l'accordo salariale, che prevedeva un salario orario di fr. 26.27, presentato dalla datrice di lavoro per non doversi accollare la differenza fra quanto erogato dalla SUVA e la retribuzione di categoria prevista dal Contratto nazionale mantello per l'edilizia (CNM). Essa ha quindi invitato l'impresa edile a corrispondere all'operaio, retroattivamente dal 1° gennaio 2018, il salario orario di base per la categoria A del CNM di fr. 27.21.
B. Il 5 giugno 2018 la A.________SA ha adito l'arbitro unico per l'edilizia principale del Cantone Ticino, che ha confermato la predetta decisione con lodo del 18 settembre 2018. L'arbitro ha ritenuto che non erano dati i presupposti dell'art. 45 CNM, che permettevano una deroga ai salari minimi previsti da tale contratto collettivo di lavoro, poiché la SUVA copriva finanziariamente il minor rendimento dell'operaio nella misura prevista dalla legge.
C. Con ricorso in materia civile del 18 ottobre 2018 la A.________SA postula l'annullamento del lodo e l'accoglimento del ricorso inoltrato contro la mancata accettazione da parte della Commissione paritetica del salario orario di fr. 26.27 proposto per il menzionato dipendente. La ricorrente si prevale di una violazione dell'art. 393 lett. e CPC. Afferma che il lodo viola manifestamente sia il diritto, e segnatamente gli art. 45 e 65 CNM, sia l'equità, perché pone a carico del datore di lavoro, che ha assunto una persona con una parziale incapacità lavorativa, " la differenza salariale non coperta da SUVA ".
La Commissione paritetica cantonale propone con risposta 12 novembre 2018, in via principale, di dichiarare il ricorso inammissibile e in via subordinata di respingerlo.
 
Diritto:
1. La contestazione di un lodo emanato nella giurisdizione arbitrale interna si differenzia - in parte - dalle regole vigenti in materia d'impugnazione di sentenze statali. Costituiscono motivi di ricorso solo quelli elencati nell'art. 393 CPC o, se le parti hanno convenuto di sottomettersi alle regole sugli arbitrati internazionali (art. 353 cpv. 2 CPC), nell'art. 190 LDIP. Il ricorrente non può per contro prevalersi di una violazione del diritto federale non annoverata in tali articoli.
Il Tribunale federale esamina soltanto le censure che il ricorrente propone e motiva (art. 77 cpv. 3 LTF). Questa norma corrisponde a quanto previsto dall'art. 106 cpv. 2 LTF per le censure attinenti alla violazione di diritti fondamentali o di disposizioni di diritto cantonale e intercantonale (DTF 134 III 186 consid. 5). Alla stregua di tale disposto essa istituisce il principio dell'allegazione (Rügeprinzip) ed esclude quindi l'ammissibilità di critiche appellatorie (sentenza 4A_402/2018 dell'11 marzo 2019 consid. 1).
2. Giusta l'art. 393 lett. e CPC, norma che riprende il motivo di ricorso già previsto dall'abrogato art. 36 lett. f del Concordato sull'arbitrato del 27 marzo 1969 (CA), la sentenza emanata in un arbitrato interno può essere impugnata se è arbitraria nel suo esito perché si fonda su accertamenti di fatto palesemente in contrasto con gli atti o su una manifesta violazione del diritto o dell'equità. La nozione di arbitrio di questa norma corrisponde sostanzialmente a quella sviluppata dalla giurisprudenza con riferimento all'art. 9 Cost. (sentenza 5A_978/2015 del 17 febbraio 2016 consid. 3; DTF 131 I 45 consid. 3.4). Una decisione non è pertanto arbitraria per il solo motivo che un'altra soluzione sarebbe sostenibile o addirittura preferibile, ma il giudizio attaccato dev'essere, anche nel suo risultato, manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la situazione effettiva, fondato su una svista manifesta oppure in urto palese con il sentimento di giustizia ed equità (DTF 141 III 564 consid. 4.1, con rinvii).
Infine, la violazione manifesta dell'equità, pure sanzionata da questa norma, presuppone che il tribunale sia stato autorizzato a statuire in equità o che applichi norme che rinviano all'equità (sentenza 4A_599/2014 del 1° aprile 2015 consid. 3.1, in SJ 2015 I 405).
2.1. La ricorrente ritiene che l'arbitro avrebbe manifestamente violato il diritto, perché l'obbligo di versare il 20 % del 12,5 % di salario attinente all'inabilità lavorativa non coperto dalla SUVA sarebbe in contraddizione con l'art. 65 cpv. 1 CNM. Tale disposizione prevede che in caso di infortunio del lavoratore, il datore di lavoro non deve versare alcuna prestazione fintanto che le prestazioni assicurative della SUVA coprono l'80 % del guadagno assicurato. Afferma poi che l'accordo salariale è conforme all'art. 45 cpv. 1 lett. a CNM, poiché, per i lavoratori che fisicamente non sono in grado di svolgere pienamente la loro attività, i salari base rivestono un carattere puramente indicativo.
In concreto occorre innanzi tutto rilevare che l'art. 65 CNM si riferisce  alle prestazioni in caso di infortunio e all'obbligo di versare il salario durante il periodo - limitato - in cui il lavoratore è per tale motivo impedito di lavorare. Ora, la ricorrente non spiega perché sarebbe addirittura arbitrario non applicare tale disposto quando si tratta invece di concordare un salario - inferiore ai minimi previsti dal CCL - per un lavoratore che fisicamente non è in grado di svolgere pienamente la sua attività. Anche quando si riferisce all'art. 45 CNM, essa omette di confrontarsi con la considerazione del lodo, secondo cui una deroga ai salari minimi non entra in considerazione nella fattispecie perché la SUVA si fa carico finanziariamente - nella misura prevista dalla legge - delle carenze fisiche del lavoratore. La censura, di natura meramente appellatoria, risulta pertanto inammissibile.
2.2. Infine la ricorrente afferma che la decisione impugnata viola manifestamente l'equità, perché il lodo le caricherebbe, a posteriori, " un'iniquità contributiva ", atteso che essa ha assunto, svolgendo pure una funzione sociale, un dipendente con una parziale incapacità lavorativa, ma deve sobbarcarsi la parte di salario non coperta dalla SUVA.
Con la summenzionata argomentazione la ricorrente pare fraintendere la portata della censura invocata. Per potersene validamente prevalere essa avrebbe dovuto mostrare, in assenza di un qualsiasi riscontro in tal senso nel lodo, che in concreto l'arbitro sarebbe stato autorizzato a statuire in equità o avrebbe applicato norme che rinviano all'equità e non limitarsi invece a sostenere, peraltro in maniera appellatoria, che la decisione impugnata sarebbe manifestamente iniqua. Anche questa censura si rivela pertanto inammissibile.
3. Da quanto precede discende che il ricorso si palesa inammissibile. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF), mentre non si giustifica assegnare ripetibili all'opponente che, non essendo stata patrocinata, non è incorsa in spese per la procedura innanzi al Tribunale federale.
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico della ricorrente.
3. Comunicazione alle parti e all'arbitro unico per l'edilizia principale nel Cantone Ticino.
Losanna, 16 ottobre 2019
In nome della I Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: Kiss
Il Cancelliere: Piatti