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Original
 
Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
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4A_355/2018
Sentenza del 3 gennaio 2019
I Corte di diritto civile
Composizione
Giudici federali Kiss, Presidente,
Niquille, Ramelli, Giudice supplente,
Cancelliere Piatti.
Partecipanti al procedimento
A.________SA,
patrocinata dall'avv. Giampiero Berra,
ricorrente,
contro
1. B.B.________,
2. C.B.________,
3. D.B.________,
4. E.B.________,
componenti la comunione ereditaria fu F.B.________,
5. G.________,
tutti patrocinati dall'avv. Alan Gianinazzi,
6. H.________SA,
patrocinata dagli avv.ti Andrea Molino e Maurizio Agustoni,
opponenti.
Oggetto
azione di responsabilità contro gli organi societari,
ricorso contro la sentenza emanata l'11 maggio 2018 dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del
Cantone Ticino (12.2016.152/153).
Fatti:
A.
La A.________SA locava alla I.________SA un immobile situato a Pazzallo adibito a locale notturno e discoteca. Il 24 aprile 2006 la I.________SA è fallita. La A.________SA ha notificato nel fallimento un credito di fr. 1'085'068.35 per pigioni, spese accessorie non pagate e spese giudiziarie. Il 12 giugno 2007 la massa fallimentare le ha ceduto il diritto di agire civilmente e penalmente contro gli organi della società fallita.
Con petizione del 17 giugno 2008 la A.________SA ha quindi avviato davanti al Pretore di Lugano l'azione di responsabilità contro G.________, ritenuto amministratore di fatto, F.B.________, amministratore, e la H.________SA quale ufficio di revisione, chiedendo che fossero condannati solidalmente a pagarle fr. 1'085'068.35 e che fossero rigettate definitivamente per tale importo le opposizioni ai precetti esecutivi fatti notificare ai primi due convenuti.
F.B.________ è deceduto nel corso della procedura; gli sono subentrati gli eredi B.B.________, C.B.________, D.B.________ e E.B.________.
B.
Il Pretore ha accolto parzialmente la petizione con sentenza del 29 agosto 2016, condannando solidalmente i convenuti a pagare all'attrice fr. 711'904.55 e rigettando per quella somma le opposizioni.
Contro la sentenza di primo grado hanno presentato appello e chiesto la reiezione della petizione sia G.________ e gli eredi B.________ congiuntamente, sia la H.________SA. La II Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino li ha accolti entrambi; con sentenza dell'11 maggio 2018 ha respinto la petizione e ha addossato all'attrice le spese e le ripetibili di prima e seconda istanza.
C.
La A.________SA insorge davanti al Tribunale federale con ricorso in materia civile del 14 giugno 2018. Chiede, previo conferimento dell'effetto sospensivo al gravame, che la sentenza cantonale sia annullata, che sia confermata quella del Pretore e che sia riveduto il giudizio su spese e ripetibili; oppure che gli atti siano rinviati al Tribunale di appello per nuovo giudizio. In via subordinata, per il caso che queste domande fossero respinte, postula perlomeno la riforma del giudizio sulle spese e sulle ripetibili delle due istanze cantonali.
G.________ e gli eredi B.________ nonché la H.________SA propongono di respingere sia la domanda di misure d'urgenza che il ricorso con risposte rispettivamente del 29 e 30 agosto 2018. Ricorrente e opponenti hanno presentato una seconda presa di posizione. L'autorità cantonale non si è pronunciata.
La domanda di conferimento dell'effetto sospensivo al ricorso è stata respinta con decreto del 20 settembre 2018.
Diritto:
1.
Il ricorso, presentato tempestivamente dalla parte soccombente nella procedura cantonale (art. 100 cpv. 1 e 76 cpv. 1 lett. a LTF) e volto contro una sentenza finale (art. 90 LTF) emanata su ricorso dall'autorità ticinese di ultima istanza (art. 75 LTF) in una causa con valore litigioso superiore a fr. 30'000.-- (art. 72 cpv. 1 e 74 cpv. 1 lett. b LTF), è di per sé ammissibile.
2.
Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto (art. 106 cpv. 1 LTF) fondandosi sui fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF), che il ricorrente può contestare solo per inesattezza manifesta, ovvero arbitrio (DTF 140 III 115 consid. 2). A tale fine deve sollevare la censura espressamente e motivarla come esige l'art. 106 cpv. 2 LTF, dimostrando con precisione che è stato ignorato il senso e la portata di un mezzo di prova pertinente, che si è omesso senza ragioni valide di tenere conto di una prova importante suscettibile di modificare l'esito della lite, oppure che è stato ammesso o negato un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 144 II 281 consid. 3.6.2; 143 IV 500 consid. 1.1). Critiche di fatto di natura appellatoria, con le quali il ricorrente contrappone semplicemente le proprie valutazioni a quelle del giudizio impugnato, non sono ammissibili (DTF 140 III 264 consid. 2.3, con rinvii).
3.
La Corte d'appello ha anzitutto riassunto i fondamenti della responsabilità degli organi della società anonima verso i creditori secondo gli art. 754 segg. CO, evidenziando in particolare la distinzione tra danno diretto e danno indiretto. Essa ha in seguito stabilito, sovvertendo il giudizio del Pretore, che non erano date le condizioni che permettessero all'attrice di pretendere dai convenuti il risarcimento del danno diretto. Questo aspetto del giudizio cantonale non è oggetto d'impugnazione davanti al Tribunale federale.
Per i giudici ticinesi l'attrice avrebbe quindi dovuto agire per la riparazione del danno subito dalla società. Dopo avere messo in dubbio ch'essa avesse "esplicitato in modo sufficientemente chiaro" tale pretesa in sede di appello, essi hanno osservato che in ogni caso l'attrice non aveva né spiegato, contravvenendo all'art. 311 cpv. 1 CPC, né soprattutto dimostrato "se e come a suo tempo avesse validamente sostanziato e poi comprovato il pregiudizio in tal modo da risarcirle e il necessario nesso di causalità". La Corte d'appello ha ricordato che il danno indiretto (recte: il danno diretto subito dalla società fallita) consiste nell'aumento dello scoperto intervenuto tra il momento in cui il fallimento avrebbe dovuto essere pronunciato se gli organi avessero adempiuto i propri doveri e quello in cui è stato effettivamente dichiarato. I calcoli, ha spiegato, vanno effettuati con i valori di liquidazione; la parte attrice li deve provare in linea di principio mediante una perizia, sotto pena di un giudizio a suo sfavore in applicazione dell'art. 8 CC. La Corte ticinese ha stabilito che l'attrice non aveva fornito tale prova; si era "limitata ad esporre e ad azionare il proprio danno con l'azione individuale". Aveva accennato davanti al Pretore all'esistenza di un danno subito dalla società, ma senza farlo valere con l'azione sociale di responsabilità né sostanziarlo.
Volendo concedere che lo avesse fatto, ha precisato la Corte ticinese, l'attrice non avrebbe comunque dimostrato l'entità di quel danno e neppure il nesso causale. Aveva sì alluso alla cifra di fr. 2'331'874.65, corrispondente al totale delle pretese dei creditori notificate nel fallimento, ma senza sostenere ch'essa equivalesse alla differenza dei valori di liquidazione della società e che fosse in relazione di causalità con il comportamento dei convenuti. In definitiva, hanno concluso i giudici d'appello, l'attrice aveva omesso di fare accertare dal perito giudiziario i valori di liquidazione nei momenti determinanti e non era stata in grado di dare indicazioni a tale riguardo nemmeno in sede di appello. Aveva del resto "pacificamente ammesso" che l'istruttoria non aveva permesso di accertare il danno da procrastinazione subito dalla società fallita.
4.
La ricorrente dichiara di prevalersi della violazione di innumerevoli norme del diritto privato e dell'accertamento manifestamente inesatto dei fatti. A parer suo la sentenza impugnata, "tendente ad equivocare bizantinamente sui termini", sarebbe arbitraria, "contraria ai fatti e alle risultanze di causa". Sostiene di avere promosso l'azione di responsabilità "in quanto cessionaria ai sensi degli art. 260 LEF e 757 CO"e di avere indicato chiaramente di avere agito in tale veste al fine di ottenere il risarcimento del danno che i convenuti avevano arrecato alla società fallita, limitando però la domanda di causa all'ammontare del pregiudizio individuale da lei subito. Ciò che importa, precisa la ricorrente, è che, quale cessionaria delle pretese della comunione dei creditori, avrebbe diritto di essere risarcita nella misura in cui la sua domanda non superi l'ammontare complessivo del pregiudizio causato alla società. In tale contesto la ricorrente ritiene di avere soddisfatto pienamente il proprio dovere di allegazione.
5.
La ricorrente non censura espressamente il rimprovero di avere violato l'art. 311 cpv. 1 CPC per difetto di motivazione, ovvero di non avere spiegato, nell'atto di appello, come avesse sostanziato e provato in prima istanza il pregiudizio subito dalla società nonché il nesso causale con le negligenze commesse dagli organi. Sotto questo profilo il gravame potrebbe essere inammissibile d'entrata, perché alla ricorrente incombeva l'obbligo di contestare anche questa motivazione formale, a sé stante e indipendente (DTF 142 III 364 consid. 2.4 pag. 368).
Il gravame è comunque, nella misura in cui è ammissibile, anche infondato nel merito.
6.
È utile ricordare alcune regole relative alle azioni di responsabilità contro gli organi societari che, con le loro manchevolezze, hanno danneggiato la società anonima; regole che la sentenza cantonale espone correttamente e che anche la ricorrente sembra conoscere.
6.1. Dopo il fallimento della società anonima, l'azione di responsabilità spetta in primo luogo alla massa dei creditori, che l'esercita tramite l'amministrazione del fallimento. Il singolo creditore, che non riesce a incassare il proprio credito a causa dell'insolvenza della società, subisce un danno indiretto, che è il riflesso del pregiudizio arrecato alla società (cfr. DTF 141 III 112 consid. 5.2.2 pag. 117). Egli può promuovere l'azione di responsabilità solo se l'amministrazione fallimentare rinuncia all'azione sociale. Tuttavia, che lo faccia grazie alla facoltà concessagli direttamente dall'art. 757 cpv. 1 e 2 CO oppure quale cessionario secondo l'art. 260 LEF, egli non diviene titolare della pretesa di risarcimento, che continua ad appartenere alla massa fallimentare; il creditore cessionario agisce in nome proprio, a suo rischio e pericolo al posto della massa, ma oggetto dell'azione rimane il danno subito dalla società fallita, non il suo pregiudizio individuale (DTF 132 III 342 consid. 2.2 e 2.3.3; sentenze 4A_597/2016 del 22 gennaio 2018 consid. 3.1; 5A_879/2017 del 13 dicembre 2017 consid. 3 e 4.2; 4A_384/2016 del 1° febbraio 2017 consid. 2.1.2).
6.2. Questo danno - detto anche danno da procrastinazione - consiste nell'aumento dello scoperto fra il momento in cui il fallimento avrebbe dovuto essere pronunciato se l'organo avesse adempiuto i suoi doveri e il momento in cui il fallimento è stato effettivamente dichiarato (DTF 136 III 322 consid. 3.2-3.2.2). Entrano in linea di conto unicamente i valori di liquidazione degli attivi della società, poiché il fallimento comporta lo scioglimento (art. 736 n. 3 CO) e la liquidazione della società in conformità con le norme del diritto fallimentare. I valori di liquidazione, che permettono di far emergere eventuali riserve latenti, sono determinanti per fissare lo scoperto nei due momenti del raffronto.
Spetta all'attore sollecitare il tribunale affinché sia allestita una perizia a tale riguardo, poiché è solo in questo modo che è di regola possibile stabilire se il danno totale subito dalla società è almeno equivalente alle conclusioni prese dall'attore. A tale fine è irrilevante che l'incartamento della causa contenga tutti i documenti (segnatamente quelli contabili) disponibili. Non compete infatti al giudice ricostituire lo stato del patrimonio della società; in linea di principio solo un perito dispone delle necessarie conoscenze tecniche. Se l'attore non riesce a provare il danno, il giudice deve statuire a suo sfavore in applicazione dell'art. 8 CC (sentenza 4A_597/2016 del 22 gennaio 2018 consid. 4 e rinvii).
7.
La ricorrente afferma di avere dichiarato, davanti al Pretore, di essere cessionaria del diritto di agire contro gli organi della società fallita, di avere quantificato in fr. 2'331'874.65 le pretese che le erano state cedute, cifra corrispondente al totale dei crediti insinuati nel fallimento, e di avere precisato di limitare l'azione al proprio credito scoperto di fr. 1'085'068.35. Nelle repliche al Tribunale federale essa indica i passaggi della petizione ove aveva effettivamente esposto tali fatti. Simili allegazioni non erano tuttavia atte a sostanziare il danno da procrastinazione subito dalla società, definito sopra, che, per le ragioni anzidette (consid. 6.2), non corrisponde affatto all'ammontare dei crediti notificati nel fallimento.
Secondo la Corte cantonale la ricorrente aveva " pacificamente ammesso " che l'istruttoria non aveva permesso di accertare il danno subito dalla società fallita. In effetti, nel passaggio della risposta all'appello dell'ufficio di revisione indicato nella sentenza, la ricorrente aveva riconosciuto che il perito giudiziario non aveva determinato i valori di liquidazione della società fallita. Essa aveva aggiunto che il perito aveva accertato le diverse posizioni del pregiudizio da lei subito, costituito dalle pigioni e spese accessorie perse, più interessi, spese e ripetibili. Quanto al danno della società, in quell'occasione la ricorrente aveva semplicemente affermato ch'esso non necessitava di prove, perché corrispondeva al totale di fr. 1'331'312.25 dei crediti riconosciuti nella graduatoria, che i convenuti non avevano impugnato e che era cresciuta in giudicato. Ma nemmeno questo dato equivale al danno societario; tutt'al più, in talune circostanze, che la ricorrente non pretende però di avere addotto, e a determinate condizioni, il totale delle pretese ammesse nella graduatoria può costituire un indizio dell'aumento dello stato d'insolvenza della società (DTF 136 III 322 consid. 3.3 pag. 326).
Ne viene che l'autorità cantonale, posta la nozione di danno da procrastinazione in modo conforme al diritto federale, ha stabilito giustamente che la ricorrente non lo aveva allegato né sostanziato correttamente.
8.
Nel seguito del gravame la ricorrente, partendo dall'assunto che il danno subito dalla società non deve necessariamente essere determinato sulla base dei valori di liquidazione, evidenzia e commenta diversi dati che sarebbero emersi dall'istruttoria, in particolare dalla perizia giudiziaria; dati che le due istanze cantonali avrebbero a parer suo dovuto prendere in considerazione per accertare il danno patito dalla società fallita o perlomeno per stabilire, se del caso applicando l'art. 42 cpv. 2 CO, che il pregiudizio personale del quale chiedeva il risarcimento non superava l'ammontare di quel danno.
Questi argomenti non sono ammissibili, poiché la ricorrente li fonda su fatti che non risultano dal giudizio impugnato (consid. 2). Essa non indica d'altronde quando e come avrebbe sostanziato davanti al Pretore un danno societario da calcolarsi in altro modo rispetto alle regole giurisprudenziali suesposte.
S'è detto che non compete al giudice indagare tra le carte contabili per ricostruire il patrimonio della società fallita alle date determinanti (consid. 6.2). La parte attrice deve allegare e sostanziare il danno fornendo gli elementi atti a stabilirne l'esistenza e a stimarlo. L'art. 42 cpv. 2 CO alleggerisce tutt'al più la prova, non sminuisce affatto l'obbligo di allegare e sostanziare, nella misura possibile, tutti i fatti rilevanti (DTF 133 III 462 consid. 4.4.2 pag. 471; sentenza 4A_597/2016 del 22 gennaio 2018 consid. 4 e 4.3). La ricorrente non ha fatto fronte a questo onere. Laddove aveva menzionato il danno subito dalla società, aveva dato per scontato ch'esso corrispondesse semplicemente all'ammontare dei crediti notificati nel fallimento oppure, in sede di appello, ai crediti ammessi nella graduatoria. Errava in entrambi i casi.
9.
Le ultime censure sono volte contro le indennità per ripetibili stabilite dal Tribunale cantonale: fr. 28'200.-- a favore dei convenuti G.________ e B.________ e fr. 50'000.- a favore della convenuta H.________SA per la procedura di prima istanza; fr. 20'000.-- per entrambe le parti convenute per la procedura di appello. A mente della ricorrente tali importi sarebbero eccessivi, punitivi, arbitrari e violerebbero la prassi usuale.
Le censure sono inammissibili perché generiche, appellatorie e prive di qualsiasi rifermento al diritto ticinese, che è determinante per la fissazione delle indennità per ripetibili. Il processo di prima istanza era ancora disciplinato dal diritto cantonale (cfr. sentenza impugnata consid. 7), in particolare dal codice di procedura civile ticinese e dalle norme alle quali esso se del caso rinviava per il calcolo delle indennità. Per la procedura d'appello vigeva già il CPC, ma gli art. 105 cpv. 2 e 96 rinviano ancora alle tariffe stabilite dai Cantoni. L'opponente H.________SA obietta pertanto giustamente che la ricorrente aveva l'onere di dimostrare in modo puntuale quali disposizioni sono state applicate in modo talmente insostenibile da ledere l'art. 9 Cost. per arbitrio (art. 106 cpv. 2 LTF).
10.
In conclusione il gravame, nella misura in cui è ammissibile, è infondato. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 e 68 cpv. 1 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 9'000.-- sono poste a carico della ricorrente, la quale rifonderà fr. 10'000.-- agli opponenti G.________ nonché B.B.________, C.B.________, D.B.________ e E.B.________, congiuntamente, e fr. 10'000.-- alla H.________SA a titolo di ripetibili per la procedura innanzi al Tribunale federale.
3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Losanna, 3 gennaio 2019
In nome della I Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: Kiss
Il Cancelliere: Piatti