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Informationen zum Dokument  BGer 2C_875/2019  Materielle Begründung
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BGer 2C_875/2019 vom 30.10.2019
 
 
2C_875/2019
 
 
Sentenza del 30 ottobre 2019
 
 
II Corte di diritto pubblico
 
Composizione
 
Giudici federali Seiler, Presidente,
 
Aubry Girardin, Stadelmann,
 
Cancelliera Ieronimo Perroud.
 
 
Partecipanti al procedimento
 
A.________,
 
ricorrente,
 
contro
 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Sezione della popolazione,
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino.
 
Oggetto
 
Rifiuto del rinnovo del permesso di dimora UE/AELS,
 
ricorso contro la sentenza emanata il 16 settembre 2019 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2018.455).
 
 
Fatti:
 
A. Il 16 settembre 2019 il Tribunale amministrativo del Cantone Ticino ha respinto il gravame esperito il 28 settembre 2018 da A.________, cittadino serbo, contro la risoluzione governativa del 22 agosto 2018 che confermava la decisione 29 maggio 2017 della Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni che rifiutava di rinnovargli il permesso di dimora UE/AELE ottenuto in seguito al suo matrimonio nel 2009, con una cittadina rumena, con la quale aveva avuto un figlio (1998). La Corte cantonale ha rilevato che in seguito al suo divorzio, pronunciato il 9 febbraio 2016, A.________ nulla poteva più dedurre dall'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681) rispettivamente non poteva appellarsi all'art. 50 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI; RS 142.20) né all'art. 8 CEDU. Infine, ha giudicato che il principio della proporzionalità non era stato disatteso.
1
B. Il 16 ottobre 2019 A.________ ha presentato dinanzi al Tribunale federale un ricorso con cui chiede che la sentenza cantonale sia annullata e che venga rinnovato il suo permesso di dimora. Domanda inoltre che, conferito effetto sospensivo al ricorso, venga dispensato dal dovere versare un anticipo a titolo di garanzie delle spese processuali.
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Non è stato ordinato alcun atto istruttorio.
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Diritto:
 
 
Erwägung 1
 
1.1. Come rettamente osservato dal Tribunale cantonale amministrativo, in virtù della recente giurisprudenza l'ex coniuge, proveniente da uno Stato terzo, di un cittadino dell'UE va trattato allo stesso modo degli ex coniugi di cittadini svizzeri e può quindi appellarsi all'art. 50 LStrI. Ciò anche se l'ex coniuge dell'UE - il quale deve tuttavia ancora fruire di un diritto di soggiorno in Svizzera - beneficiava, come in concreto, unicamente di un'autorizzazione di soggiorno UE/AELS (DTF 144 II 1 consid. 4 pag. 7 segg.). Diretto contro una decisione finale emessa da un'autorità di ultima istanza cantonale con natura di tribunale superiore in cause di diritto pubblico (art. 82 lett. a, 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2 LTF) e presentato tempestivamente (art. 100 cpv. 1 LTF) da una persona legittimata ad agire (art. 89 cpv. 1 LTF) il gravame è, quindi, di regola, ricevibile quale ricorso in materia di diritto pubblico, l'art. 83 lett. c n. 2 LTF non applicandosi in concreto.
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1.2. Il certificato medico allegato al ricorso, che porta una data successiva al giudizio impugnato, non verrà preso in considerazione (art. 99 cpv. 1 LTF; DTF 133 IV 342 consid. 2 pag. 343 seg.)
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Erwägung 2
 
2.1. Il Tribunale cantonale amministrativo ha osservato in primo luogo che l'insorgente non poteva ottenere il rinnovo del proprio permesso di dimora UE/AELS siccome in seguito al suo divorzio le condizioni previste dall'ALC (art. 7 ALC e 3 Allegato I ALC) per il rilascio di questo tipo di autorizzazione non erano più date (art. 23 OLCP [RS142.203] in relazione con l'art. 62 cpv. 1 lett. d LStrI). Il ricorrente non rimette in discussione questo aspetto, che non occorre più di conseguenza riesaminare in questa sede (DTF 142 I 99 consid. 1.7.1 pag. 106). Ci si limita pertanto a rinviare al pertinente considerando del giudizio contestato (cfr. sentenza cantonale consid. 2 pag. 4).
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2.2. Esaminando poi il caso dal profilo del diritto interno la Corte cantonale ha osservato che i requisiti posti dall'art. 50 cpv. 1 lett. a LStrI per continuare a beneficiare di un permesso di dimora dopo lo scioglimento del matrimonio non erano dati. Sebbene l'unione coniugale fosse durata più di tre anni, l'interessato non poteva definirsi integrato. Egli si esprimeva con grosse difficoltà in italiano e dipendeva dall'aiuto sociale dal mese di settembre 2015 (fr. 105'074.75 percepiti, cfr. estratto conto del 16 agosto 2019 dell'Ufficio del sostengo sociale e dell'inserimento). Riguardo ai problemi di salute che, secondo le sue dichiarazioni, gli avrebbero impedito di continuare a lavorare e che l'avrebbero costretto a chiedere l'assistenza pubblica per mancanza di introiti, i giudici cantonali hanno rilevato che la domanda di rendita d'invalidità presentata nel 2015 era stata respinta nel 2017, l'Ufficio AI avendo accertato che egli disponeva di un'abilità lavorativa residua del 50 %. Il fatto poi che, con progetto di decisione del 7 gennaio 2019 la citata autorità prevederebbe di assegnarli una rendita d'invalidità intera dal 1° gennaio 2019 nulla mutava, un degrado dello stato di salute essendo stato accertato soltanto dall'agosto 2018, ossia più di un anno dopo il diniego del rinnovo del permesso di dimora. Infine l'interessato era oberato di debiti privati (64 procedure esecutive aperte per complessivi fr. 65'268.35 e 130 attestati di carenza beni per un totale di fr. 123'547.10).
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Il Tribunale cantonale amministrativo ha poi negato che fossero dati gli estremi per riconoscere un caso personale di rigore (art. 50 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 LStrI), il reinserimento sociale dell'interessato nel paese d'origine non apparendo fortemente compromesso: vi era nato e cresciuto, vi aveva frequentato le scuole e vissuto fino all'età di 43 anni e vi rientrava regolarmente. Per quanto concerne i suoi problemi di salute che renderebbero inesigibile il suo trasferimento in patria, i giudici ticinesi hanno osservato che il paese d'origine non era sprovvisto di adeguate strutture sanitarie medico-psichiatriche-assistenziali pubbliche di qualità, di modo che poteva senz'altro essere curato anche lì. In ogni caso incombeva alle autorità di esecuzione di controllare nuovamente le condizioni di salute dell'interessato al momento dell'allontanamento e di procurargli, se necessario, il trattamento e l'accompagnamento necessari per garantire un rinvio conforme all'art. 3 CEDU (RS 0.101).
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Infine l'insorgente non poteva appellarsi all'art. 8 CEDU poiché, come illustrato, non era integrato, e non si trovava in rapporto di dipendenza con il figlio, maggiorenne dal settembre del 2016, con il quale, come da lui stesso ammesso, non aveva rapporti stretti ed intensamente vissuti. Premesse queste considerazioni un rientro in patria, dove poteva continuare a beneficiare della rendita AI di cui fruirebbe dal 1° gennaio 2019, era esigibile nonché rispettoso del principio della proporzionalità.
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2.3. Di fronte a quest'analisi dettagliata e particolareggiata il ricorrente si limita ad affermare, con riferimento alla questione della sua integrazione (e quindi dell'applicazione dell'art. 50 cpv. 1 lett. a LStrI), che anche se non parla perfettamente l'italiano, è in grado di comunicare, di farsi capire e di comprendere quanto riferitogli. Sostiene poi che il fatto che una rendita AI intera gli sia stata riconosciuta dal 1° gennaio 2019 confermerebbe che è stato impedito di continuare a lavorare a causa dei suoi problemi di salute. Per quanto concerne invece il suo reinserimento nel paese d'origine (e quindi dell'applicabilità dell'art. 50 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 LStrI), adduce di non avervi più nessun parente stretto e che l'assenza di un sostegno sociale e familiare unito alle sue precarie condizioni di salute complicherà molto la sua reintegrazione senza tralasciare che rischierebbe di non aver più alcun sostegno medico adeguato in caso di rinvio.
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2.4. Una simile argomentazione, ai limiti dell'ammissibilità (per le esigenze di allegazione e di motivazione degli art. 42 cpv. 2 e 106 cpv. 2 LTF, vedasi DTF 134 II 244 consid. 2.1 pag. 245 seg.; 133 II 249 consid. 1.4.2 pag. 254), non è all'evidenza idonea a dimostrare che l'apprezzamento effettuato dalla Corte cantonale disattende l'ALC, l'art. 50 LStrI, l'art. 8 CEDU e, infine, il principio di proporzionalità. Al contrario la ponderazione svolta dalla citata autorità appare ad ogni modo corretta, motivo per cui si rinvia ai pertinenti considerandi contenuti nella sentenza querelata (art. 109 cpv. 3 LTF), ai quali ci si allinea.
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2.5. Da quel che precede discende che l'impugnativa risulta manifestamente infondata e può essere evasa secondo la procedura semplificata prevista dall'art. 109 LTF.
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Erwägung 3
 
3.1. Con l'evasione del ricorso, la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo è divenuta priva d'oggetto.
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3.2. La domanda di esonero dal dovere versare un anticipo per le spese, intesa quale domanda di assistenza giudiziaria, non può trovare accoglimento, atteso che le conclusioni del ricorrente erano sin dall'inizio prive di probabilità di successo (art. 64 LTF). Si terrà comunque conto della sua situazione finanziaria nel fissare le spese che verranno poste a suo carico (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF).
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 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
 
1. Il ricorso è respinto.
 
2. La domanda di assistenza giudiziaria è respinta.
 
3. Le spese giudiziarie ridotte di fr. 500.-- sono poste a carico del ricorrente.
 
4. Comunicazione al ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché alla Segreteria di Stato della migrazione SEM.
 
Losanna, 30 ottobre 2019
 
In nome della II Corte di diritto pubblico
 
del Tribunale federale svizzero
 
Il Presidente: Seiler
 
La Cancelliera: Ieronimo Perroud
 
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