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Informationen zum Dokument  BGer 1A.107/2006  Materielle Begründung
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BGer 1A.107/2006 vom 10.08.2006
 
Tribunale federale
 
{T 0/2}
 
1A.107/2006 /biz
 
Sentenza del 10 agosto 2006
 
I Corte di diritto pubblico
 
Composizione
 
Giudici federali Féraud, presidente,
 
Aemisegger, Eusebio,
 
cancelliere Crameri.
 
Parti
 
A.________,
 
ricorrente, patrocinato dalla lic. iur. Paola Passucci e dall'avv. Nadir Guglielmoni,
 
contro
 
Ministero pubblico della Confederazione, Taubenstrasse 16, 3003 Berna.
 
Oggetto
 
assistenza giudiziaria internazionale in materia penale all'Italia,
 
ricorso di diritto amministrativo contro la decisione emanata il 20 aprile 2006 dal Ministero pubblico della Confederazione.
 
Fatti:
 
A.
 
Il 18 agosto 2005 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano ha presentato alla Svizzera una domanda di assistenza giudiziaria nell'ambito del procedimento penale aperto nei confronti di A.________ e altre persone per falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, peculato, corruzione, associazione per delinquere e associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope. Durante l'inchiesta sono stati sequestrati importanti quantitativi di cocaina. L'indagato, assistente della Polizia di Stato, sarebbe stato il capo dell'associazione, in quanto avrebbe individuato gli obiettivi, ideato e organizzato i delitti, predisponendone tempi e modalità. Egli disporrebbe di una carta di credito della banca B.________: su tale conto sarebbero transitati proventi dell'attività criminosa. La richiesta è stata completata il 23 agosto e il 29 settembre 2005.
 
B.
 
Con decisione di entrata nel merito del 25 agosto 2005 il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha ordinato alla banca B.________ di trasmettergli la documentazione bancaria riferibile all'indagato, imponendo alla banca, come richiesto dall'autorità estera, un divieto di comunicazione. È risultato che la citata carta era collegata a un conto aperto presso la banca B.________ di Chiasso, dove l'inquisito aveva locato una cassetta di sicurezza, che pure interessa l'autorità estera, come risulta dalla domanda complementare del 29 settembre 2005 ammessa con decisione incidentale di stessa data dal MPC. Il 25 gennaio 2006 l'autorità richiedente ha rinunciato al divieto di comunicazione. Il MPC, con decisione incidentale del 3 marzo 2006, l'ha revocato invitando la banca ad informare immediatamente il cliente delle misure di assistenza, ciò che è avvenuto il 15 marzo successivo: esso ha altresì autorizzato la presenza degli inquirenti esteri alla cernita della documentazione sequestrata, che ha avuto luogo senza la presenza del titolare del conto il 3 marzo 2006. Con decisione del 20 aprile 2006 il MPC ha ordinato la trasmissione all'Italia dei documenti bancari e del verbale sul contenuto della cassetta di sicurezza.
 
C.
 
A.________ impugna questa decisione con un ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale. Chiede di annullarla unitamente alle decisioni incidentali anteriori.
 
L'Ufficio federale di giustizia e il MPC propongono di respingere il ricorso.
 
Diritto:
 
1.
 
1.1 Italia e Svizzera sono parti contraenti della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 (CEAG; RS 0.351.1) e dell'Accordo concluso il 10 settembre 1998 che la completa e ne agevola l'applicazione, entrato in vigore il 1° giugno 2003 (in seguito: l'Accordo, RS 0.351.945.41). La legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale del 20 marzo 1981 (AIMP; RS 351.1) e la relativa ordinanza (OAIMP; RS 351.11) sono applicabili alle questioni che la prevalente Convenzione internazionale e l'Accordo non regolano espressamente o implicitamente, come pure quando il diritto nazionale sia più favorevole all'assistenza di quello convenzionale (art. 1 cpv. 1 AIMP, art. I cpv. 2 dell'Accordo; DTF 130 II 337 consid. 1, 124 II 180 consid. 1a), fatto salvo il rispetto dei diritti fondamentali (DTF 123 II 595 consid. 7c).
 
1.2 Secondo la norma speciale dell'art. 25 cpv. 6 AIMP, il Tribunale federale non è vincolato dalle censure e dalle conclusioni delle parti; esso esamina liberamente se i presupposti per la concessione dell'assistenza sono adempiuti e in quale misura questa debba esser prestata (DTF 123 II 134 consid. 1d, 118 Ib 269 consid. 2e). Non è tuttavia tenuto, come lo sarebbe un'autorità di vigilanza, a verificare la conformità delle decisioni impugnate con l'insieme delle norme applicabili (DTF 130 II 337 consid. 1.4, 123 II 134 consid. 1d).
 
1.3 Interposto tempestivamente contro le decisioni incidentali di entrata in materia e contro quella di chiusura del MPC di trasmissione di documenti acquisiti in esecuzione di una domanda di assistenza, il ricorso di diritto amministrativo, che contro la decisione di consegna ha effetto sospensivo per legge (art. 21 cpv. 4 lett. b e 80l cpv. 1 AIMP), è ricevibile dal profilo dell'art. 80g cpv. 1 e 2 in relazione con l'art. 25 cpv. 1 AIMP. La legittimazione del ricorrente, titolare della cassetta di sicurezza e del conto oggetto della criticata misura d'assistenza, è pacifica (art. 80h lett. b AIMP in relazione con l'art. 9a lett. a OAIMP).
 
2.
 
2.1 Il ricorrente fa valere una violazione del suo diritto di essere sentito, perché il MPC effettuando la cernita il 3 aprile 2006, giorno in cui è stato revocato il divieto di informazione, non gli ha offerto la possibilità di parteciparvi.
 
2.2 Secondo la giurisprudenza, l'autorità di esecuzione, dopo aver concesso al detentore la possibilità di addurre i motivi che si opporrebbero alla trasmissione di determinati atti e la facoltà di partecipare alla necessaria cernita, ha l'obbligo di motivare accuratamente la decisione di chiusura (DTF 130 II 14 consid. 4.4 pag. 18). La cernita della documentazione non spetta quindi esclusivamente all'autorità di esecuzione. Essa non potrebbe infatti ordinare in modo acritico e indeterminato la trasmissione dei documenti, delegandone in maniera inammissibile agli inquirenti esteri la cernita (DTF 127 II 151 consid. 4c/aa pag. 155, 122 II 367 consid. 2c, 112 Ib 576 consid. 14a pag. 604). Questo compito spetta infatti all'autorità svizzera d'esecuzione che, in assenza di un eventuale consenso dei ricorrenti all'esecuzione semplificata (art. 80c AIMP), prima di emanare una decisione di chiusura deve impartire agli interessati, affinché possano esercitare in maniera concreta ed effettiva il loro diritto di essere sentiti e adempiere al loro dovere di cooperazione, un termine per addurre riguardo a ogni singolo documento gli argomenti che secondo loro si opporrebbero alla consegna. La cernita deve aver luogo anche qualora l'interessato rinunci ad esprimersi (DTF 130 II 14 consid. 4.3 e 4.4, 126 II 258 consid. 9b/aa pag. 262; cfr. anche DTF 127 II 151 consid. 4c/aa; Robert Zimmermann, La coopération judiciaire internationale en matière pénale, 2a ed., Berna 2004, n. 271, 479-1, 479-2).
 
2.3 Il MPC, con decisione incidentale del 3 marzo 2006, ha autorizzato gli inquirenti esteri a partecipare alla cernita, che ha avuto luogo alla loro presenza lo stesso giorno. Con questa decisione esso ha inoltre revocato il divieto di comunicazione secondo l'art. 80n cpv. 1 AIMP e ordinato alla banca di trasmettere immediatamente al titolare del conto quella decisione, unitamente a quelle di entrata nel merito del 25 agosto e del 29 settembre 2005. L'Istituto di credito vi ha dato seguito il 15 marzo 2006, immettendo detto scritto nella posta trattenere del ricorrente.
 
È quindi manifesto che effettuando la cernita prima che il ricorrente avesse conoscenza della procedura, per ragioni invero poco comprensibili, visto che i documenti erano stati prodotti dalla banca tra il 15 settembre e il 4 ottobre 2005 e che già in data 25 gennaio 2005 l'autorità estera aveva chiesto la revoca del divieto di comunicazione, il MPC non ha offerto al titolare del conto, come imposto dalla giurisprudenza, la possibilità di parteciparvi.
 
Per di più, con questo opinabile modo di agire il MPC non ha neppure aspettato, senza addurre alcuna giustificazione al riguardo, la scadenza del termine ricorsuale di dieci giorni per permettere di impugnare la decisione incidentale che autorizzava la presenza degli inquirenti esteri alla cernita (vedi al riguardo la sentenza 1A.217/2004 del 18 ottobre 2004 consid. 2.4-2.10, apparsa in RtiD I-2005 n. 42).
 
2.4 Certo, sia nella decisione impugnata che nelle osservazioni al ricorso il MPC rileva che il ricorrente non abita in Svizzera e che non vi aveva eletto domicilio, ma che era stato nondimeno possibile contattarlo per il tramite dell'autorità estera. Quest'ultimo rilievo non è decisivo, ritenuto che dallo scritto della Procura milanese del 9 giugno 2006 risulta ch'essa, al ritorno della cernita del 3 marzo precedente, aveva comunicato verbalmente e senza alcuna ritualità al difensore del ricorrente l'espletamento della rogatoria. Questa comunicazione, tardiva, chiaramente non permetteva al ricorrente di partecipare alla criticata cernita, alla quale non era stato invitato (sulla possibilità di statuire simultaneamente sull'ammissibilità della domanda e sulla chiusura della procedura, purché il diritto di essere sentito delle parti sia garantito, v. DTF 125 II 356 consid. 5c).
 
2.5 Il vizio di procedura commesso dal MPC non comporta tuttavia l'annullamento della decisione impugnata.
 
Il ricorrente, sostenendo che la circostanza d'essere stato contattato tramite l'autorità rogante non muterebbe il fatto che il MPC avrebbe dovuto concedergli la possibilità di partecipare alla cernita, disattende infatti ch'egli, assistito dal suo difensore estero, avuta conoscenza della procedura d'assistenza, contrariamente a quanto chiaramente imposto dall'art. 80m AIMP, non ha eletto domicilio in Svizzera. Per questo motivo anche la decisione di chiusura è stata intimata alla banca, che l'ha poi informato. In effetti, secondo l'art. 80m cpv. 1 AIMP, l'autorità di esecuzione notifica le sue decisioni all'avente diritto abitante in Svizzera (lett. a) e a quello residente all'estero, se ha eletto domicilio in Svizzera (lett. b). Riguardo a quest'ultima fattispecie l'art. 9 OAIMP precisa che, in caso contrario, le notificazioni potranno essere omesse.
 
Il ricorrente, in applicazione del principio della buona fede processuale, avuto conoscenza della rogatoria, qualora avvesse inteso far uso e non rinunciare alla sua facoltà di partecipare alla procedura di assistenza (art. 80h AIMP), avrebbe quindi dovuto eleggere domicilio in Svizzera. Prima dell'emanazione della decisione di chiusura, come ancora si vedrà, egli disponeva infatti di un lasso di tempo sufficiente sia a tale scopo sia per chiedere di consultare gli atti e di poter partecipare a una nuova cernita.
 
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, in assenza di un'elezione di domicilio, il MPC in applicazione dell'art. 80m AIMP non era infatti tenuto, dopo la revoca del divieto di comunicazione, a impartirgli - all'estero - un termine per proporre eventuali obiezioni (Laurent Moreillon (editore), Entraide internationale en matière pénale, Basilea 2004, n. 2 all'art. 80m). La mancata elezione di domicilio non implica certo che non debbano essere prese le necessarie decisioni, ma soltanto che la loro notificazione può essere omessa. In concreto il MPC, visto che il ricorrente non aveva eletto domicilio in Svizzera, poteva tuttavia ritenere che questi intendesse rinunciare alla sua facoltà di partecipare alla procedura.
 
2.5.1 La facoltà del titolare del conto di partecipare alla procedura non lo esime dall'eleggere domicilio in Svizzera: questione decisiva sulla quale il ricorrente non si esprime. Il vizio commesso dal MPC comportava invero la facoltà del ricorrente, qualora avesse eletto domicilio in Svizzera, di richiedere l'espletamento di una nuova cernita in sua presenza.
 
2.5.2 Nella fattispecie il difensore italiano del ricorrente era stato informato dalla Procura estera, dopo il 3 marzo 2006, dell'espletamento della rogatoria. Con scritto dell'11 aprile 2006 detta Procura ha poi comunicato al MPC che il ricorrente non acconsentiva all'esecuzione semplificata della domanda (art. 80c AIMP). Il ricorrente, assistito da un legale, venuto a conoscenza dell'esecuzione della rogatoria e visto il suo rifiuto a una consegna semplificata dei documenti, poteva e doveva quindi informarsi sul prosieguo della procedura di assistenza e, qualora avesse voluto parteciparvi, avrebbe dovuto eleggere domicilio in Svizzera. Inoltre, a partire dal 15 marzo 2006 la banca gli ha messo a disposizione le decisioni del MPC. Il ricorrente non fa valere di non aver avuto accesso a tali decisioni, nonostante queste siano state immesse, secondo quanto indicato dalla banca, "nella posta trattenere" (sulla cosiddetta convenzione "fermo banca" v. DTF 124 II 124 consid. 2, 130 IV 43 consid. 1.3; sentenza 1A.212/2003 del 30 agosto 2004, consid. 7).
 
Il ricorrente avrebbe pertanto potuto partecipare alla procedura d'assistenza (art. 80b AIMP) e chiedere prima dell'emanazione della decisione di chiusura, se lo riteneva necessario, di poter consultare gli atti, in particolare la rogatoria e i suoi complementi, e d'effettuare una nuova cernita in sua presenza, con l'eventuale partecipazione dei suoi difensori italiani. Egli ha tuttavia eletto domicilio in Svizzera, presso il suo legale, soltanto dopo l'emanazione della decisione di chiusura, il 10 maggio 2006. In effetti, il prevenuto e il suo avvocato devono agire tempestivamente e in maniera appropriata per la tutela dei diritti di difesa, principio che si applica in particolare a domande di ripetizione dei confronti. Se un siffatto intervento non ha luogo, secondo il principio della buona fede non si può aspettare che le autorità penali intervengano d'ufficio (DTF 120 Ia 48 consid. 2e/bb, 118 Ia 462 consid. 2b/bb; sentenza 1P.102/2006 del 26 giugno 2006 consid. 3.3). Queste conclusioni valgono a maggior ragione nel caso di specie dove era manifesto che, sulla base di una domanda tempestiva del ricorrente, il MPC avrebbe dovuto ripetere la procedura di cernita e ricordato che nell'ambito del procedimento penale estero egli potrà avvalersi compiutamente dei suoi diritti di difesa.
 
3.
 
3.1 Nel merito il ricorrente si limita a far valere, in maniera del tutto generica, un'asserita violazione del principio della proporzionalità, accennando al fatto che la documentazione sarebbe inutile e irrilevante per il procedimento estero, che la domanda tenderebbe a una ricerca indiscriminata di prove e che il divieto di comunicazione imposto alla banca sarebbe stato sproporzionato e inutile. Riguardo a quest'ultima censura il ricorrente non critica del tutto la durata del divieto (cfr. su questo tema DTF 131 I 245). L'accenno alla circostanza che la banca nel suo scritto al MPC del 18 ottobre 2005 rilevava la discrepanza tra l'obbligo di mantenere il divieto di informazione e l'apertura della cassetta di sicurezza da parte del MPC, al quale il ricorrente avrebbe dovuto rivolgersi per avere le necessarie spiegazioni, non dimostra affatto l'asserita lesione.
 
3.2 L'accenno a una ricerca indiscriminata di prove, perché al dire del ricorrente dalla rogatoria non risulterebbe alcun elemento di connessione tra il suo conto e la commissione dei prospettati reati, è privo di ogni fondamento. Nella domanda estera è infatti chiaramente indicato perché sulla sua relazione bancaria sarebbero transitati proventi del reato. Contrariamente all'assunto ricorsuale, la connessione tra il conto litigioso e l'inchiesta estera è manifesta e la trasmissione dei documenti litigiosi è idonea a far progredire le indagini (DTF 122 II 367 consid. 2). La contestata trasmissione è quindi giustificata, l'utilità potenziale di queste informazioni essendo palese (DTF 126 II 258 consid. 9c, 122 II 367 consid. 2c).
 
Del resto, il ricorrente neppure tenta di dimostrare l'inutilità degli atti di cui è stata ordinata la trasmissione. Secondo la costante pubblicata giurisprudenza, spetta infatti alle persone o società interessate dimostrare per quali motivi le informazioni da trasmettere non presenterebbero alcun interesse per il procedimento penale estero (DTF 130 II 14 consid. 4.3, 122 II 367 consid. 2d pag. 371 seg.). Ora, il ricorrente non indica del tutto quali singoli documenti e perché sarebbero sicuramente irrilevanti per detto procedimento. Non compete al Tribunale federale rimediare d'ufficio a queste omissioni (DTF 126 II 258 consid. 9c in fine, 122 II 367 consid. 2d).
 
4.
 
Ne segue che il ricorso dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG).
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
 
1.
 
Il ricorso è respinto.
 
2.
 
La tassa di giustizia di fr. 5'000.- è posta a carico del ricorrente.
 
3.
 
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico della Confederazione e all'Ufficio federale di giustizia, Divisione assistenza giudiziaria internazionale (B 162 507).
 
Losanna, 10 agosto 2006
 
In nome della I Corte di diritto pubblico
 
del Tribunale federale svizzero
 
Il presidente: Il cancelliere:
 
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