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Informationen zum Dokument  BGer 1P.541/2003  Materielle Begründung
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BGer 1P.541/2003 vom 17.12.2003
 
Tribunale federale
 
{T 1/2}
 
1P.541/2003 /bom
 
Sentenza del 17 dicembre 2003
 
I Corte di diritto pubblico
 
Composizione
 
Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e presidente del Tribunale federale,
 
Nay, vicepresidente del Tribunale federale, Catenazzi,
 
cancelliere Crameri.
 
Parti
 
Peter Rüedi, via San Gottardo 127, 6648 Minusio,
 
ricorrente,
 
contro
 
Municipio di Minusio, via S. Gottardo 60, casella postale 1670, 6648 Minusio,
 
Consiglio comunale di Minusio, 6648 Minusio,
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, residenza governativa, 6500 Bellinzona,
 
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino,
 
via Pretorio 16, casella postale, 6901 Lugano.
 
Oggetto
 
art. 8, 9, 29 Cost. e art. 6 CEDU (ritiro di una mozione),
 
ricorso di diritto pubblico contro la sentenza del
 
2 luglio 2003 del Tribunale cantonale amministrativo.
 
Fatti:
 
A.
 
Il 26 ottobre 1998 Peter Rüedi, allora membro del Consiglio comunale di Minusio, aveva presentato un'interpellanza, poi trasformata in mozione, con la quale proponeva puntuali modificazioni delle norme di attuazione del piano regolatore comunale, in particolare riguardo alla nozione di deroghe. La mozione è stata bocciata il 17 maggio 1999 dal Consiglio comunale. I successivi ricorsi del mozionante sono stati respinti dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino, rispettivamente in seconda istanza dal Tribunale cantonale amministrativo. Un ricorso contro quest'ultima decisione è stato dichiarato inammissibile dal Tribunale federale con sentenza del 9 giugno 2000 (causa 1P.730/1999).
 
B.
 
Il 20 settembre 1999 Rüedi ha presentato una nuova mozione, sostanzialmente uguale alla prima. Il 16 settembre 2002 il Consiglio comunale l'ha respinta con 28 voti contrari e tre astenuti. Lo stesso giorno il mozionante aveva tuttavia consegnato al Presidente del Consiglio comunale uno scritto con il quale dichiarava di ritirare la mozione e, in via sussidiaria, chiedeva di sospenderne la trattazione in vista di ulteriori approfondimenti.
 
C.
 
L'interessato è allora insorto dinanzi al Consiglio di Stato del Cantone Ticino. Faceva valere che la mozione, in quanto ritirata, non poteva essere messa in votazione e rimproverava al Presidente della Commissione, che si era occupato della mozione, una collisione d'interessi. L'8 gennaio 2003 l'Esecutivo cantonale, rifiutata all'insorgente la facoltà di ritirare la mozione visto che non faceva più parte del Consiglio comunale, e negata l'esistenza di una collisione d'interessi, ha respinto il ricorso. Adito dal mozionante, con sentenza del 2 luglio 2003, il Tribunale cantonale amministrativo ne ha respinto il ricorso.
 
D.
 
Peter Rüedi impugna questa decisione con un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede di annullarla e in via subordinata, di rinviare gli atti all'Autorità cantonale affinché, dopo ulteriore istruzione, emani una nuova decisione.
 
Non sono state chieste osservazioni.
 
Diritto:
 
1.
 
1.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei ricorsi che gli vengono sottoposti, senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 129 I 185 consid. 1, 302 consid. 1).
 
1.2 Salvo eccezioni non realizzate in concreto, il ricorso di diritto pubblico ha natura puramente cassatoria: le conclusioni ricorsuali che vanno oltre la domanda di annullamento della sentenza impugnata, in particolare la proposta di rinvio degli atti all'Autorità cantonale per nuova istruzione, sono irricevibili (DTF 129 I 173 consid. 1.5, 185 consid. 1.5, 126 I 213 consid. 1c).
 
1.3 Conformemente all'art. 88 OG, il diritto di ricorrere spetta ai cittadini e agli enti collettivi lesi nei loro diritti da decreti o decisioni che li riguardano personalmente o che rivestono carattere obbligatorio generale (DTF 129 I 113 consid. 1.2, 217 consid. 1). Il ricorrente deve inoltre avere un interesse pratico e attuale all'annullamento della decisione impugnata e addurre i fatti che considera idonei a fondare la sua legittimazione, affinché il Tribunale federale possa stabilire se e in che misura la decisione impugnata leda, in maniera concreta, attuale e personale, i suoi interessi giuridicamente protetti (DTF 120 Ia 227 consid.1, 115 Ib 505 consid. 2 pag. 508 in alto). Ora, il ricorrente non si esprime al riguardo, né un siffatto interesse è ravvisabile; va d'altra parte ricordato che il ricorso di diritto pubblico non è dato per tutelare l'interesse generale o semplici interessi di fatto. Infine, non sono addotte né ravvisabili, circostanze particolari che imporrebbero, eccezionalmente, di rinunciare al requisito dell'interesse attuale (al riguardo v. DTF 129 I 113 consid. 1.7, 127 I 164 consid. 1a, 123 II 285 consid. 4, 121 I 279 consid. 1). Secondo la costante giurisprudenza, il divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.), e il principio della parità di trattamento (art. 8 Cost.), non conferiscono, da soli, una posizione giuridica protetta ai sensi dell'art. 88 OG (DTF 129 I 113 consid. 1.5, 217 consid. 1.3). Il ricorso parrebbe pertanto inammissibile per carenza di un interesse pratico: vista l'infondatezza del gravame, la questione non dev'essere comunque esaminata oltre.
 
1.4 Nell'ambito di un ricorso di diritto pubblico il Tribunale federale non applica d'ufficio il diritto, ma statuisce unicamente sulle censure sollevate e solo quando siano sufficientemente motivate: il ricorso deve quindi contenere un'esauriente motivazione giuridica, dalla quale si possa dedurre se, perché, ed eventualmente in quale misura, la decisione impugnata leda il ricorrente nei suoi diritti costituzionali (art. 90 cpv. 1 lett. b OG; DTF 129 I 113 consid. 2.1, 185 consid. 1.6, 127 I 38 consid. 3c). Ne segue che le censure ricorsuali, in gran misura meramente appellatorie, sono inammissibili.
 
2.
 
2.1 I Giudici cantonali hanno esaminato dapprima se nei comuni dotati di consiglio comunale il consigliere autore di una mozione possa ritirarla quando non sia più membro del legislativo. La Corte cantonale ha rilevato che la legge è silente sulla possibilità del mozionante di ritirare la mozione (art. 67 della legge organica comunale, del 10 marzo 1987, LOC): essa prevede soltanto il ritiro dei messaggi municipali, eccetto quelli sui conti, prima della deliberazione del consiglio comunale (art. 57 LOC). La Corte cantonale ha poi indicato - richiamando tuttavia l'abrogata legge sul Gran Consiglio e sui rapporti con il Consiglio di Stato, del 7 novembre 1984 (vLGC), richiamo non censurato dal ricorrente e comunque non decisivo vista in proposito l'analoga disciplina della nuova legge del 17 dicembre 2002 (LGC) - che a livello cantonale il granconsigliere che ha proposto un'iniziativa in materia legislativa può ritirarla prima della sua accettazione definitiva (art. 53 vLGC; cfr. art. 100 LGC). Allo stesso modo, hanno aggiunto i Giudici cantonali, può essere ritirata l'iniziativa popolare (art. 78 LOC, art. 148 cpv. 3 della legge sull'esercizio dei diritti politici, del 7 ottobre 1998, LEDP); anche a livello cantonale le domande di iniziativa legislativa possono essere ritirate (art. 127 cpv. 2 LEDP).
 
2.2 La Corte cantonale ha ritenuto che, secondo lo spirito della LOC, la mozione, quale strumento d'espressione personale del parlamentare, è un diritto individuale, la facoltà di esercitarlo spettando propriamente al singolo consigliere comunale: ciò dovrebbe comprendere anche la facoltà del consigliere comunale di ritirare il proprio atto parlamentare quando non sia più interessato a sottoporlo all'assemblea, e questo nonostante il silenzio del legislatore. Secondo i Giudici cantonali, negare la facoltà di ritiro della mozione significherebbe ammettere l'esistenza di un effetto devolutivo a favore del Consiglio comunale, che la LOC non avrebbe invero previsto; essi hanno aggiunto che una mozione in forma elaborata ha le medesime caratteristiche di un messaggio comunale, per cui si giustifica di trattarla in modo uguale, perlomeno con riferimento alla possibilità di ritiro.
 
2.3 Riguardo alla questione di sapere se un consigliere comunale possa ritirare una mozione anche quando non faccia più parte dell'organismo i Giudici cantonali hanno rilevato che, nei comuni con il consiglio comunale, la facoltà di presentare una mozione spetta unicamente a chi è membro del legislativo; anche a livello cantonale e federale il diritto di mozione è considerato uno strumento personale a disposizione del parlamentare. Essi hanno poi aggiunto che nel Cantone Ticino le iniziative e le mozioni presentate dai firmatari che non sono più membri del Gran Consiglio sono stralciate, salvo che siano riprese da altri deputati (art. 60 vLGC; cfr. art. 107 cpv. 1 LGC). Analoga normativa sussiste a livello federale (art. 40 cpv. 2 del regolamento del Consiglio nazionale, del 22 giugno 1990, RS 171.13, e art. 32 cpv. 2 del regolamento del Consiglio degli Stati, del 24 settembre 1986, RS 171.14).
 
Poiché il diritto di mozione è legato inscindibilmente alla carica di membro del legislativo, anche il diritto di disporne successivamente, e quindi di sottrarla al vaglio del legislativo, è legato alla carica medesima: l'abbandono della carica da parte del mozionante, o la sua mancata rielezione, comporterebbe quindi per lui l'impossibilità di ritirare la mozione. Di qui la regola di procedere in questi casi allo stralcio d'ufficio della mozione: la Corte cantonale ha tuttavia stabilito che, in mancanza di una norma comunale che preveda lo stralcio delle mozioni dei consiglieri non più in carica, esse restano in essere anche dopo la partenza del mozionante e vanno pertanto trattate dal consiglio comunale.
 
2.4 Il ricorrente, definendo insufficiente e incoerente la motivazione del giudizio impugnato, lamenta una violazione del diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.): a suo dire, la Corte cantonale non si sarebbe pronunciata sul destino della mozione quando il consigliere non è più in carica, insufficiente essendo a suo dire il riferimento all'assenza di una norma specifica. La censura, manifestamente, non regge. La criticata decisione, come si è visto, adempie chiaramente le esigenze di motivazione richieste dall'art. 29 cpv. 2 Cost.: essa permette infatti al ricorrente di comprendere perché la Corte cantonale non ha accolto la sua richiesta e di impugnare la contestata decisione con cognizione di causa (DTF 129 I 232 consid. 3.2 e rinvii).
 
2.5 In realtà il ricorrente rimprovera ai Giudici cantonali di non aver colmato, in maniera arbitraria, anche la seconda lacuna. L'assenza dello stralcio d'ufficio o della facoltà di ritirare la mozione al consigliere comunale non più in carica sarebbe, rispetto alla differente situazione vigente a livello cantonale e federale, e nei comuni con assemblea comunale, costitutiva di una disparità di trattamento (art. 8 Cost.).
 
Certo, un diritto alla motivazione può essere dedotto anche dal divieto di discriminazione (DTF 129 I 232 consid. 3.4). La critica, tuttavia, non regge. Non è infatti, di massima, discriminatorio trattare giudizialmente in maniera differente due fattispecie, in parte analoghe, quando il legislatore le ha disciplinate in modo diverso (DTF 129 I 265 consid. 3.2, 125 I 1 consid. 2b/aa, 166 consid. 2a). Il ricorrente non dimostra infatti che la normativa cantonale, non prevedendo la possibilità di ritirare la mozione al consigliere non più in carica, sarebbe non solo discutibile ma addirittura insostenibile e quindi arbitraria, visto che al legislatore spetta un ampio margine di apprezzamento nella scelta delle varie possibilità per raggiungere gli scopi prefissi (DTF 129 I 1 consid. 3, 265 consid. 3.2). Del resto, secondo costante giurisprudenza, il Tribunale federale annulla la decisione impugnata quando essa sia insostenibile e quindi arbitraria non solo nella motivazione, bensì anche nel risultato (DTF 129 I 8 consid. 2.1, 128 I 177 consid. 2.1), ciò che non si verifica nella fattispecie.
 
2.6 Riguardo all'asserita collisione d'interessi, il ricorrente ravvisa l'arbitrio in una non meglio specificata lacuna della LOC, che non parificherebbe il consiglio comunale ai tribunali.
 
I Giudici cantonali hanno ritenuto che il nuovo art. 32 cpv. 1 LOC, in vigore dal 1° gennaio 2000, secondo cui è escluso dalle discussioni del consiglio comunale il consigliere su oggetti che riguardano il suo interesse personale o quello di suoi parenti (art. 64 in relazione con l'art. 32 LOC), non è applicabile nell'ambito della procedura di adozione del piano regolatore (art. 32 cpv. 2 LOC). Hanno stabilito poi che la trattazione delle modifiche del piano regolatore oggetto della mozione litigiosa non era atta a procurare all'interessato vantaggi particolari. Hanno rilevato infine che le questioni sorte tra il ricorrente e l'interessato riguardo a un condominio attengono al diritto civile, e ch'esse non sono sufficienti per ammettere l'esistenza di un conflitto d'interessi. Ora, il ricorrente non spiega del tutto perché queste considerazioni sarebbero arbitrarie.
 
3.
 
Ne segue che il ricorso, nella misura in cui è ammissibile, dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG).
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
 
1.
 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
 
2.
 
La tassa di giustizia di fr. 1'000.-- è posta a carico del ricorrente.
 
3.
 
Comunicazione al ricorrente, al Municipio e al Consiglio comunale di Minusio, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
 
Losanna, 17 dicembre 2003
 
In nome della I Corte di diritto pubblico
 
del Tribunale federale svizzero
 
Il presidente: Il cancelliere:
 
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