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Informationen zum Dokument  BGE 95 I 343  Materielle Begründung
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Regeste
Sachverhalt
Considerando in diritto:
3. La vendita e la messa a disposizione di apparecchi da gioco co ...
4. Il principio della separazione dei poteri, implicitamente gara ...
5. Vero è che, come autorità superiore di polizia,  ...
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50. Estratto della sentenza 30 aprile 1969 su ricorso Galeazzi e Gedasa SA contro Consiglio di Stato del Cantone Ticino.
 
 
Regeste
 
1. Der Verkauf und der Betrieb von Spielapparaten, bei denen der Spielausgang ausschliesslich oder vorwiegend von der Geschicklichkeit des Spielers abhängt, geniessen den Schutz der Handels- und Gewerbefreiheit. Voraussetzungen für die Beschränkung dieser Freiheit (Erw. 3).  
3. Voraussetzungen, unter denen die Regierung auch ohne gesetzliche Grundlage die zum Schutz und zur Wiederherstellung der öffentlichen Ordnung unumgänglichen Massnahmen anordnen kann (Erw. 5).  
 
Sachverhalt
 
BGE 95 I, 343 (344)A.- Il 19 novembre 1968, il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha promulgato il "Regolamento di applicazione della legge sugli esercizi pubblici" (RLEP), il cui art. 149 dispone quanto segue:
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"E'vietata la posa e l'esercizio di apparecchi da gioco rimuneranti denaro o gettoni corrispondenti a denaro."
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Il RLEP venne pubblicato sul Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi del 3 dicembre 1968. L'entrata in vigore della suesposta disposizione venne fissata per il 3 dicembre 1969 (v. art. 167 RLEP).
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B.- Armando Galeazzi, esercente e titolare di una licenza per un apparecchio da gioco del genere di quelli vietati dalla citata norma, e la Gedasa SA, noleggiatrice di siffatti apparecchi, hanno separatamente e tempestivamente interposto un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale, chiedendo che l'art. 149 RLEP venga annullato perché lesivo degli art. 4 e 31 CF.
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Il Consiglio di Stato propone di respingere i ricorsi.
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BGE 95 I, 343 (345)Considerando in diritto:
 
3. La vendita e la messa a disposizione di apparecchi da gioco costituiscono un commercio e sono pertanto garantiti dall'art. 31 CF (RU 80 I 353 consid. 2). La relativa garanzia non è tuttavia assoluta: soggiace alla riserva delle disposizioni restrittive della costituzione e della legislazione. Al riguardo, il diritto federale vieta l'impianto di detti apparecchi in quanto servano al gioco d'azzardo; non lo limita invece in quanto trattisi di giochi il cui esito dipenda, esclusivamente o in modo preponderante, dalla destrezza del giocatore (art. 3 LF 5 ottobre 1929 sulle case da gioco). L'apparecchio "Tivoli" dei ricorrenti è di questo genere e non è quindi vietato per diritto federale (v. sentenza 17 marzo 1967 della Camera di diritto amministrativo del Tribunale federale). Il diritto federale non disciplina questa materia in modo esclusivo, per cui i cantoni possono disporre misure anche più restrittive (RU 80 I 352, 90 I 322 consid. 2). Ciò non è il caso per la più generale legge ticinese 10 marzo 1966 sull'esercizio delle professioni ambulanti e degli apparecchi automatici, i cui divieti (art. 1) sono conformi a quelli dell'art. 3 della legge federale. L'ulteriore restrizione qui impugnata, concerne solo l'impianto e l'utilizzazione di detti apparecchi negli esercizi pubblici, ed è contenuta (art. 149) nel relativo regolamento speciale. Ma, rispetto alla libertà di commercio, la situazione non è diversa, perchè, sia pure con le particolari limitazioni previste anche dal diritto federale (art. 31 ter e 32 quater CF) - qui non in discussione - anche i titolari di esercizi pubblici godono della garanzia di cui all'art. 31 CF (RU 93 I 224).
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Ne consegue che, qualora non costituisca urgente norma di polizia presa dall'autorità cantonale in stato di necessità, l'impugnata limitazione della libertà di commercio è valida solo se promulgata nel rispetto del principio della separazione dei poteri (RU 89 I 470, 90 I 323 consid. 3), se è giustificata da ragioni di ordine pubblico, se è adeguata agli scopi perseguiti ed è applicabile in modo uniforme (RU 88 I 236, 93 I 309a).
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4. Il principio della separazione dei poteri, implicitamente garantito dall'art. 4 CC, è solidamente ancorato nell'art. 16 CC, il quale delimita in modo esplicito i tre poteri. Il potere legislativo è esercitato dal Gran Consiglio (art. 21, 25, specie num. 2) e dal popolo mediante l'iniziativa popolare (art. 29 § 2) e il BGE 95 I, 343 (346)referendum (art. 57). La costituzione non lascia alcun adito ad un potere legislativo indipendente del Consiglio di Stato (cfr. RU 83 I 114 lett. b). Questo può proporre progetti di leggi, ma la loro deliberazione spetta al Gran Consiglio. Dalla competenza governativa di provvedere alla "esecuzione delle leggi, ordini e regolamenti" e di prendere "le determinazioni necessarie" (art. 35 cpv. 1), può essere dedotta solo una competenza regolamentare intra legem.
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La pretesa del Consiglio di Stato di essere in genere autorizzato anche a emanare disposizioni regolamentari praeter legem deve perciò essere respinta. L'autorità esecutiva potrebbe assumere funzioni di legislatore in una determinata materia, solo se fosse autorizzata da una esplicita delegazione del legislatore, contenuta in una disposizione della legge speciale (RU 88 I 33). Una siffatta norma potrebbe essere ravvisata nella legge sugli esercizi pubblici, al massimo, per l'art. 42 cpv. 3, il quale dispone che il regolamento di applicazione può stabilire un elenco dei "giochi d'azzardo vietati", ulteriore a quello espressamente stabilito nella legge. Ma questa eventuale delegazione non può concernere - come del resto ammette anche il Consiglio di Stato - gli apparecchi da gioco che, come il "Tivoli", non sono essenzialmente fondati sull'azzardo.
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L'impugnato art. 149 del RLEP è pertanto valido solo in quanto sia sussummibile all'art. 52 cpv. 1 LEP, indicato nella marginale e il quale prescrive che
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"Il Consiglio di Stato può stabilire per regolamento le condizioni di esercizio e il numero degli apparecchi di televisione, radio, musica e gioco, nonchè le norme concernenti i locali e le aree dove essi vengono installati."
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L'art. 149 RLEP non si limita a stabilire le condizioni e il numero degli apparecchi da gioco, ma, in quanto remuneranti in denaro o gettoni equivalenti, li vieta. Non costituisce quindi applicazione della suesposta norma legale, bensì modificazione della medesima. Crea, comunque, nuovo e diverso diritto materiale. Ciò stante, il Consiglio di Stato, stabilendo il controverso divieto, si è arrogato competenze legislative non riconosciutegli dalla costituzione ed ha, quindi, evidentemente e arbitrariamente trasgredito il principio della separazione dei poteri.
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5. Vero è che, come autorità superiore di polizia, l'autorità governativa può disporre, anche senza una precisa base BGE 95 I, 343 (347)legale, misure indispensabili a ristabilire l'ordine pubblico o a preservarlo da un serio pericolo che lo minacci in modo diretto ed imminente (RU 88 I 176, 91 I 327). Contrariamente a quanto afferma il Consiglio di Stato, la controversa disposizione regolamentare non può tuttavia essere fondata su un presupposto stato di necessità. Non si vede, infatti, come un apparecchio da gioco, con il quale il cliente di un esercizio pubblico può rischiare qualche franco nell'esercizio di una sua presunta abilità, possa turbare l'ordine pubblico. Ad ogni modo, l'art. 149 RLEP è stato promulgato come normale disposizione regolamentare, non come norma d'urgenza, che, in caso di cessazione del pericolo, deve essere abrogata o sostituita da disposizione di una legge in senso formale (cfr. RU 83 I 117 lett. c).
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D'altronde, il Consiglio di Stato non ha dimostrato la necessità e l'urgenza della norma impugnata. Al riguardo si è limitato a far rilevare l'improvvisa diffusione dei controversi apparecchi da gioco (1967: 9; 1968: 643). Ma tale circostanza può, al massimo, dimostrare l'attrattiva che siffatti giochi esercitano sui clienti degli esercizi pubblici, non una loro pericolosità. Ne consegue che l'art. 149 RLEP non può in alcun modo costituire valida limitazione della libertà di commercio e che deve essere annullato.
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