BGE 125 V 465
 
76. Sentenza del 6 settembre 1999 nella causa C. contro Ufficio per l'industria, arti e mestieri e lavoro dei Grigioni e Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni
 
Regeste
Art. 8 Abs. 1 lit. c AVIG; Art. 20 lit. a des Übereinkommens Nr. 168 der Internationalen Arbeitsorganisation (IAO) über Beschäftigungsförderung und den Schutz gegen Arbeitslosigkeit vom 21. Juni 1988: Aufenthalt in der Schweiz als Anspruchserfordernis.
 
Sachverhalt
A.- Il cittadino italiano C., coniugato, beneficiario di un permesso di domicilio tipo C, ha lavorato presso l'impresa di costruzioni L. SA, B. (Svizzera), fino al suo licenziamento per mancanza di lavoro. A partire dal 1o gennaio 1997 egli ha fatto valere il diritto all'indennità di disoccupazione.
Il 21 febbraio 1997 l'Ufficio per l'industria, arti e mestieri e lavoro dei Grigioni ha negato all'interessato il diritto all'indennità di disoccupazione a decorrere dal 1o gennaio 1997 per mancanza di domicilio in Svizzera.
B.- Contro il provvedimento di diniego C. è insorto con ricorso al Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni, il quale, per giudizio del 2 settembre 1997, ha respinto l'impugnativa.
C.- C., rappresentato dall'avvocato S., interpone ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale delle assicurazioni. Con protesta di spese e ripetibili, chiede l'annullamento del giudizio cantonale e conseguentemente il riconoscimento delle indennità di disoccupazione. Dei motivi sviluppati si dirà, per quanto necessario, in seguito.
L'Ufficio per l'industria, arti e mestieri e lavoro dei Grigioni postula la reiezione del gravame, mentre l'Ufficio federale dell'industria, delle arti e mestieri e del lavoro (dal 1o gennaio 1998: Ufficio federale dello sviluppo economico e del lavoro; dal 1o luglio 1999: Segretariato di Stato dell'economia) ha rinunciato a presentare osservazioni.
 
Diritto:
In ossequio al principio del divieto dell'esportazione di prestazioni, la giurisprudenza ha precisato che la succitata norma subordina il diritto all'indennità di disoccupazione alla residenza effettiva in Svizzera, così come all'intenzione di conservarla durante un certo periodo e di farne, durante questo tempo, il centro delle proprie relazioni personali (DTF 115 V 448). Questi requisiti non collimano con quelli del domicilio civile secondo l'art. 23 CC (DTF 115 V 449 consid. 1b con riferimenti; cfr. anche DTF 119 V 108 consid. 6c e riferimenti).
La nozione di domicilio della legislazione sugli stranieri non coincide con quella del diritto civile (DTF 113 V 264 consid. 2b; RCC 1990 pag. 261 consid. 3a e 1982 pag. 171 consid. 2a con riferimenti), né tanto meno con quella della residenza secondo l'art. 8 cpv. 1 lett. c LADI.
b) (...).
3. Nella fattispecie il ricorrente sostiene che la summenzionata giurisprudenza violerebbe l'art. 20 lett. a della Convenzione n. 168 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) concernente la promozione dell'impiego e la protezione contro la disoccupazione del 21 giugno 1988 (RS 0.822.726.8; RU 1991 1914; in vigore per la Svizzera dal 17 ottobre 1991, in seguito: Convenzione n. 168). Egli rileva segnatamente che tale giurisprudenza non sarebbe conforme al diritto internazionale poiché subordina il diritto all'indennità di disoccupazione, oltre che alla residenza effettiva in Svizzera, anche all'intenzione di conservarla durante un certo periodo e di farne - durante questo tempo - il centro delle proprie relazioni personali, quando la Convenzione in oggetto richiederebbe invece dall'interessato solo di trovarsi sul territorio svizzero. (...).
"Les indemnités auxquelles une personne protégée aurait eu droit dans les éventualités de chômage complet ou partiel, ou de suspension du gain due à une suspension temporaire de travail sans cessation de la relation de travail, peuvent être refusées, supprimées, suspendues ou réduites dans une mesure prescrite:
aussi longtemps que l'intéressé ne se trouve pas sur le territoire du Membre (a);"
b) Per costante giurisprudenza l'interpretazione di un accordo internazionale deve procedere anzitutto dal testo convenzionale. Se il testo è chiaro e il significato - come risulta dal generale uso della lingua, dall'oggetto e dallo scopo della disposizione - non appare privo di senso, non è data interpretazione estensiva o limitativa, a meno che dal contesto o dai lavori preparatori si possa con sicurezza dedurre che il testo non corrisponde alla volontà delle parti contraenti (DTF 121 V 43 consid. 2c, DTF 119 V 107 consid. 6a, DTF 117 V 269 consid. 3b e sentenze ivi citate). In questo ambito - conformemente a una giurisprudenza solo recentemente modificata - le nozioni, applicabili in una convenzione di sicurezza sociale e determinanti per il diritto a prestazioni di un istituto di assicurazione svizzero, dovevano essere interpretate sempre giusta la concezione svizzera, ossia secondo il diritto nazionale (DTF 112 V 149 consid. 2a con rinvii).
Con l'entrata in vigore - per la Svizzera il 6 giugno 1990 - della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969 (RS 0.111; RU 1990 1112), il Tribunale federale delle assicurazioni ha precisato l'accennata giurisprudenza (DTF 117 V 268), nel senso che ha considerato essere necessario, a norma dei principi generali sull'interpretazione degli accordi internazionali stabiliti negli art. 31 a 33, cercare in primo luogo il significato autonomo di una disposizione convenzionale. Solo se una convenzione - interpretata regolarmente alla luce di suddette regole - non disciplina né esplicitamente né tacitamente una precisa questione, è ammissibile per la sua interpretazione consultare sussidiariamente le nozioni applicabili nel diritto nazionale (DTF 124 V 228 seg. consid. 3a; cfr. anche DTF 121 V 43 consid. 2c e DTF 119 V 107 consid. 6a con rinvii).
Giova al riguardo ricordare che in una recente sentenza il Tribunale federale delle assicurazioni, esprimendosi sugli scopi prefissisi dalla Convenzione all'art. 2, ha evidenziato come la medesima volga a che gli Stati membri prendano misure appropriate per coordinare il loro sistema di protezione contro la disoccupazione e la loro politica d'occupazione: a tal fine devono provvedere in particolare a che le modalità d'indennizzo contribuiscano alla promozione del pieno impiego e non abbiano per effetto di scoraggiare i datori di lavoro dall'offrire, rispettivamente i lavoratori dal cercare, un'occupazione produttiva (DTF 124 V 229 consid. 3b).
Orbene non si vede come la suddetta giurisprudenza relativa all'art. 8 cpv. 1 lett. c LADI esigente una presenza qualificata nel nostro Paese possa essere contraria alla Convenzione. In effetti, solo restando a diretto contatto con il mondo del lavoro nel quale intende essere reinserito il disoccupato può dar prova di un serio e costante impegno nella ricerca di un lavoro. Inoltre la presenza effettiva garantisce alle autorità competenti la possibilità di verificare l'idoneità al collocamento e di controllare la disoccupazione. Ridurre tale presenza a qualche ora al giorno, come richiesto dal ricorrente, equivarrebbe a non far obbligo agli interessati di mettersi nella situazione di concretamente poter reperire un impiego. Con un simile sistema verrebbe garantita solo l'indennizzazione degli assicurati, mentre sarebbe disatteso l'altro intento contenuto nella Convenzione, quello della promozione del pieno impiego, intento che può essere concretizzato solo con un disciplinamento che favorisca la ricerca di un'occupazione. La giurisprudenza di questa Corte che subordina il diritto all'indennità di disoccupazione, oltre che alla residenza effettiva in Svizzera, anche all'intenzione di conservarla durante un certo periodo e di farne - durante questo tempo - il centro delle proprie relazioni personali non è quindi in contrasto con il diritto convenzionale, questo a prescindere dal fatto che ciò non esclude necessariamente per l'interessato la possibilità di avere il domicilio all'estero presso la propria famiglia.
(...).
Le considerazioni che precedono appaiono tanto più valide quando si ritenga come l'art. 20 della Convenzione, oltre al requisito di trovarsi nello Stato membro (lett. a), prevede una serie di situazioni nelle quali il diritto a prestazioni è subordinato alla condizione che il richiedente abbia fatto tutto quanto da lui esigibile per non essere disoccupato (lett. b - h).
Orbene, per attestare la sua effettiva residenza in Svizzera il ricorrente rileva in particolare di avere avuto a disposizione una camera presso il "Personalhaus" dell'ex-datore di lavoro. A comprova di quanto affermato esibisce una dichiarazione 18 dicembre 1996 di quest'ultimo, da cui si evince che l'interessato, quale dipendente della ditta L. SA, abitava durante tutto l'anno nel "Personalhaus". Per contro, nulla si rileva per quanto concerne il periodo dopo il licenziamento.
In effetti, nell'incarto manca qualsivoglia documento attestante una costante presenza sul mercato del lavoro svizzero per consentire al giudice di statuire. Si rende pertanto necessario un complemento d'istruttoria.