BGE 101 IV 84
 
22. Sentenza 7 marzo 1975 della Corte di Cassazione penale nella causa X. contro Dipartimento di Polizia del Cantone Ticino
 
Regeste
Strassenverkehr. Zeichengabe eines Verkehrspolizisten an einer Verzweigung, die mit einer sich in Betrieb befindlichen Signalanlage versehen ist. Art. 49 und 47 Abs. 1 SSV.
 
Sachverhalt


BGE 101 IV 84 (85):

Il 4 luglio 1974 X. attraversava, a Lugano, con un'autovettura da lui guidata, un crocevia semaforizzato allorché la segnalazione luminosa era rossa nella sua direzione di marcia. Essendogli stata contestata l'infrazione, X. eccepiva d'aver interpretato un saluto verbale rivolto ad un terzo da un agente di polizia che si trovava sul posto, quale invito a continuare la sua marcia.
Non ritenendo determinante tale giustificazione, il Dipartimento cantonale di polizia infliggeva a X. con decisione 12 settembre 1974 una multa di fr. 60.-- per infrazione alle norme della circolazione stradale.
Con sentenza 30 gennaio 1975 il Tribunale cantonale amministrativo respingeva il gravame presentatogli da X. contro la decisione dipartimentale. Esso rilevava che, pur essendo ammesso che, per assicurare una maggior fluidità del traffico, la circolazione possa essere regolata manualmente dalla polizia anche laddove esistono e funzionano impianti semaforici, il segnale di via libera per la circolazione va in ogni caso impartito manualmente con un "cenno di approccio" e non verbalmente (art. 47 cpv. 1 lett. d dell'ordinanza del Consiglio federale sulla segnaletica stradale, del 31 maggio 1963, OSS). Il preteso malinteso di X. non era quindi scusabile, perché risultato da una negligenza da parte sua, sufficiente a dar luogo ad una trasgressione delle norme della circolazione stradale punibile ai sensi di legge.
X. ha proposto tempestivo ricorso per cassazione contro la sentenza del Tribunale cantonale amministrativo, facendo valere che l'agente di polizia si trovava al momento del fatto dietro la sua autovettura, di guisa che non era a lui possibile scorgere il cenno di approccio; nessuna negligenza poteva quindi essergli posta a carico.
 
Considerando in diritto:
Contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, la circostanza incontestata che l'agente di polizia non si trovasse davanti, bensì dietro a lui, non lo giustifica. Ove un impianto semaforico segni il rosso, ossia "fermata", un eventuale segnale derogatorio impartito da un agente di polizia dev'essere manifestato con assoluta chiarezza, e, come rettamente osserva la decisione impugnata, manualmente, in modo conforme

BGE 101 IV 84 (86):

all'art. 47 cpv. 1 OSS. Il ricorrente sostiene d'aver inteso il "buonasera" pronunciato dall'agente ad un suo conoscente come "bona", espressione dialettale che effettivamente può essere compresa nel senso di "va bene (`c'est bon')", e significare eventualmente, ma in circostanze ben diverse, un invito a proseguire. In realtà, una simile espressione verbale, giustamente perché pronunciata da un agente sito dietro l'interessato e quindi non in una posizione centrale, ossia non nell'area dell'intersezione limitata dall'impianto semaforico e quindi non idonea a dimostrare chiaramente il transitorio esercizio da parte dell'agente della funzione normalmente riservata al semaforo, non doveva indurre il ricorrente a proseguire senz'altro la propria marcia allorché la luce del semaforo era ancora rossa. Nelle circostanze concrete, l'espressione "bona" pronunciata da un agente a tergo del ricorrente non poteva bastare in alcun caso a sostituire il segnale di fermata manifestato dall'impianto semaforico, o un cenno d'approccio conforme all'art. 47 cpv. 1 lett. d OSS, esternato da un agente di polizia ubicato in una posizione ben visibile alle correnti del traffico affluenti all'intersezione stradale; e ciò neppure ove si volesse ammettere che il cenno d'approccio possa eccezionalmente essere sostituito da un segnale acustico. Con ragione il ricorrente neppure afferma che è prassi a Lugano sostituire nelle ore di punta la disciplina semaforica del traffico con espressioni dialettali pronunciate da un agente posto dietro il capofila di una determinata colonna di autovetture. Solamente in tal caso egli potrebbe eventualmente discolparsi, adducendo una pratica generalizzata contraria alle norme della circolazione stradale ed introdotta dalla stessa polizia. Il Tribunale cantonale amministrativo poteva quindi, senza violare alcuna disposizione del diritto federale, ritenere che il ricorrente, nel riprendere la marcia nonostante il segnale luminoso rosso, sulla semplice base di un'espressione non univoca e proveniente da tergo, abbia agito con negligenza e si sia quindi reso colpevole della infrazione contestatagli.
Il ricorso va quindi respinto come manifestamente infondato.