BGer 6B_1010/2016
 
BGer 6B_1010/2016 vom 15.06.2017
6B_1010/2016
 
Sentenza del 15 giugno 2017
 
Corte di diritto penale
Composizione
Giudici federali Denys, Presidente,
Eusebio, Oberholzer,
Cancelliera Ortolano Ribordy.
 
Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. Giacomo Fazioli,
ricorrente,
contro
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano,
opponente.
Oggetto
Tentato omicidio intenzionale; arbitrio,
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata
il 14 giugno 2016 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino.
 
Fatti:
A. Il mattino del 16 novembre 2014, B.________ al rientro al suo domicilio ha trovato il marito, A.________ che, particolarmente arrabbiato, le ha impedito di entrare in casa, spintonandola almeno un paio di volte fino a farla cadere nei vicini cespugli. Mentre era ancora a terra, l'ha afferrata per i capelli, strappandone una ciocca, è poi rientrato e andato in cucina dove ha preso due coltelli e ha riguadagnato la soglia di casa. Vedendolo armato, B.________ ha deciso di andarsene e si è incamminata per il vialetto dove, fatti pochi passi, è stata raggiunta e ferita alla schiena con la lama del coltello brandito dal marito, di una lunghezza di 20 cm, che ha oltrepassato gli indumenti ed è affondata nella regione periscapolare destra della vittima per circa 3 cm, causandole uno pneumotorace. Nonostante una coltellata in quella zona sia potenzialmente letale, B.________ non è mai stata in pericolo di morte.
B. Con sentenza del 25 settembre 2015 la Corte delle assise criminali ha riconosciuto A.________ autore colpevole di lesioni semplici in parte aggravate, coazione e minaccia, nonché contravvenzione alla LStup; lo ha invece prosciolto dall'accusa di tentato omicidio intenzionale. Gli ha inflitto una pena detentiva di 28 mesi, parzialmente sospesa in ragione di 16 mesi per un periodo di prova di 3 anni, e una multa di fr. 100.--, condannandolo a risarcire i danni per spese legali dell'accusatrice privata e a riparare il torto morale.
C. In parziale accoglimento dell'appello inoltrato dal Procuratore pubblico, con sentenza del 14 giugno 2016, pronunciata nelle forme contumaciali, la Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (CARP) ha riconosciuto A.________ autore colpevole di tentato omicidio intenzionale. Avendo spontaneamente desistito dal consumare il reato, è stato condannato alla pena detentiva di 3 anni e 6 mesi, nonché alla multa di fr. 100.--.
D. Contro questo giudizio, A.________ si aggrava al Tribunale federale con un ricorso in materia penale, postulando in via principale il suo proscioglimento dall'accusa di tentato omicidio intenzionale e la sua condanna per gli stessi titoli di reato ritenuti in prima istanza alla stessa pena, subordinatamente l'annullamento della sentenza della CARP e il rinvio del caso alla Corte di prime cure per nuovo giudizio. Chiede inoltre di essere posto al beneficio dell'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio.
Non è stato ordinato uno scambio di scritti.
 
Diritto:
1. Presentato dall'imputato (art. 81 cpv. 1 LTF) e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF), resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità cantonale di ultima istanza che ha giudicato su ricorso (art. 80 LTF; in relazione alla decisione contumaciale v. sentenza 6B_141/2013 del 18 aprile 2013 consid. 1), il ricorso in materia penale, tempestivo (art. 100 cpv. 1 unitamente all'art. 46 cpv. 1 lett. b LTF) e interposto nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF), è di massima ammissibile.
D'acchito inammissibile risulta invece la conclusione subordinata formulata dall'insorgente volta a rinviare il caso all'autorità di prima istanza. Questo petitum è privo di qualsiasi motivazione, l'insorgente non spiegando perché, in caso di accoglimento del suo gravame in questa sede e di annullamento della sentenza della CARP, la causa dovrebbe essere rinviata non al Tribunale d'appello, bensì all'autorità di prime cure la cui decisione era peraltro stata impugnata unicamente dal Procuratore pubblico.
2. La ricostruzione degli eventi occorsi il 16 novembre 2014 è stata operata dalla CARP sulla base delle versioni fornite dai due protagonisti e in particolare di quella dell'accusatrice privata, considerata su più punti maggiormente credibile rispetto al ricorrente. Questi si duole di un accertamento dei fatti manifestamente inesatto.
2.1. Giusta l'art. 97 cpv. 1 LTF, la parte ricorrente può censurare l'accertamento dei fatti soltanto se è stato svolto in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario (DTF 140 III 264 consid. 2.3 pag. 266), o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento. Per giurisprudenza invalsa, l'arbitrio non si realizza già qualora la soluzione proposta con il ricorso possa apparire sostenibile o addirittura migliore rispetto a quella contestata; il Tribunale federale annulla la pronunzia criticata solo se il giudice del merito ha emanato un giudizio che appare - e ciò non solo nella sua motivazione bensì anche nell'esito - manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la situazione reale, gravemente lesivo di una norma o di un principio giuridico chiaro e indiscusso, oppure in contraddizione urtante con il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 142 V 513 consid. 4.2). Per quanto attiene più in particolare alla valutazione delle prove e all'accertamento dei fatti, il giudice - che in questo ambito dispone di un ampio margine di apprezzamento - incorre nell'arbitrio se misconosce manifestamente il senso e la portata di un mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto di un elemento di prova importante suscettibile di modificare l'esito della vertenza, oppure se ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 137 I 58 consid. 4.1.2).
2.2. Le critiche di arbitrio, come quelle di violazione di garanzie di rango costituzionale, devono adempiere accresciute esigenze di motivazione. A norma dell'art. 106 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale esamina infatti tali censure solo se motivate in modo chiaro e preciso (DTF 141 IV 369 consid. 6.3). L'allegato ricorsuale deve pertanto indicare chiaramente i diritti che si pretendono violati e precisare altresì in che consista tale violazione; critiche appellatorie, argomentazioni vaghe e semplici rinvii agli atti cantonali non sono quindi ammissibili (DTF 136 II 101 consid. 3). In particolare, qualora sia lamentata la violazione del divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.), non ci si può limitare a criticare la decisione impugnata opponendovi semplicemente la propria opinione, come in una procedura d'appello, ma occorre dimostrare che essa è manifestamente insostenibile con un'argomentazione chiara e dettagliata (DTF 140 III 264 consid. 2.3 pag. 366).
Come si vedrà nel seguito, il gravame è poco rispettoso di queste esigenze di motivazione.
3. Al fine di valutare la credibilità delle parti, la CARP ha vagliato le rispettive dichiarazioni anche in relazione agli antefatti dell'episodio in giudizio, ciò che il ricorrente censura a priori, sostenendo che una comunque contestata maggiore credibilità della moglie riguardo a eventi precedenti non comporterebbe la stessa valutazione con riferimento a quanto accaduto il 16 novembre 2014.
Di per sé il modo di procedere dell'autorità cantonale non è censurabile. L'analisi delle versioni dei protagonisti su quanto occorso precedentemente ai fatti in giudizio può in effetti fornire indicazioni utili sulla credibilità generale del loro racconto. La CARP non si è però limitata a questo esame, trasponendolo eo ipso alle loro dichiarazioni in merito all'episodio del 16 novembre 2014, che ha invero vagliato con minuzia.
3.1. Sui numerosi litigi che caratterizzavano da tempo la vita di coppia, la CARP ha ritenuto la versione dell'accusatrice privata maggiormente credibile, avendo avuto sulla vicenda coniugale uno sguardo più lucido di quello del marito, nella misura in cui ha dimostrato di essere stata consapevole delle difficoltà che lui attraversava. Benché anch'ella ha accusato l'uomo di aggressività, lo ha fatto in modo pacato, precisando di non considerarlo violento, trattandosi di aggressività verbale e riconoscendo di averlo assillato con le sue preoccupazioni. Sebbene sia difficile stabilire una verità oggettiva sulla responsabilità della crescente tensione, la Corte cantonale ha comunque stabilito che la moglie ha detto il vero descrivendo tre precisi episodi (il pugno sul braccio, i vestiti gettati dalla finestra e la presa per il collo), mentre il ricorrente è stato smentito laddove ha preteso che in un'occasione ella ha cercato di colpirlo con un martello. I giudici cantonali nemmeno hanno creduto alla tesi secondo cui sua moglie avrebbe deliberatamente messo in atto una strategia volta alla sua denigrazione.
Contrariamente a quanto preteso, la CARP non ha messo in discussione le affermazioni del ricorrente adducendo una pretesa sua responsabilità per l'esasperazione della moglie. Vi ha fatto riferimento al fine di spiegare le ragioni per cui la donna ha danneggiato le porte delle stanze in cui egli si rifugiava, episodi da lui riferiti, riconosciuti dalla stessa e riportati anche dai testi. Neppure può essere ritenuto arbitrario considerare le dichiarazioni dell'accusatrice privata più credibili perché pacate e rivelatrici di uno sguardo più lucido sulla vicenda coniugale. Se è vero che ciò non ne corrobora automaticamente il contenuto, come obiettato dall'insorgente, costituisce nondimeno un indicatore dell'assenza di livore della donna nei confronti del marito, la quale non ne ha enfatizzato le colpe, minimizzando le proprie. D'altra parte, se quanto riferito dal ricorrente sui litigi coniugali trovano sostanziale conferma nelle deposizioni di altre persone, in particolare della moglie, così non è per quanto riguarda le riferite aggressioni fisiche di cui sarebbe stato vittima, elemento che non può essere considerato un dettaglio come preteso nel gravame. Neppure l'episodio del martello ha trovato riscontro. Al riguardo l'insorgente non sostanzia arbitrio alcuno, limitandosi a rilevare di averlo esposto in modo circostanziato e di per sé credibile, pur ammettendo che sulla questione non vi è conferma né della moglie né della suocera, trattasi di un'argomentazione di puro carattere appellatorio. Pure appellatorie e quindi inammissibili risultano le critiche sulla pretesa valutazione incompleta e unilaterale delle versioni dei coniugi e sull'omessa considerazione delle numerose dichiarazioni del ricorrente che avrebbero trovato puntuale conferma negli atti istruttori. Nel gravame infatti non viene indicato quali dichiarazioni sarebbero state ignorate e quali sarebbero le conferme, salvo il semplice richiamo agli episodi delle porte rotte, di cui peraltro già si è detto. Dalla sentenza impugnata emerge anzi che la CARP ha vagliato la versione dell'insorgente, rilevandone l'assenza di riscontri, in particolare per le aggressioni fisiche e l'episodio del martello. La Corte neppure ha creduto alla tesi sulla sua denigrazione a opera della moglie, osservando che, malgrado in alcuni messaggi scritti alle sue amiche avesse formulato commenti non benevoli su di lui, si trattava di semplici sfoghi destinati a non uscire dai loro confini naturali. Il ricorrente critica la relativizzazione dei messaggi senza spiegare i motivi per cui le conclusioni dei giudici sarebbero insostenibili, in particolare non dimostra che le esternazioni in questione non siano dei semplici sfoghi. Laddove poi sostiene che le amiche della moglie lo chiamavano "psaico" si avvale di fatti non accertati, senza che siano adempiuti i presupposti dell'art. 105 cpv. 2 LTF. Si duole di arbitrio per la ritenuta inutilizzabilità del documento Word in cui egli aveva trascritto i messaggi del telefono della moglie, tuttavia non si confronta compiutamente con le ragioni esposte dalla CARP al riguardo, segnatamente con l'assenza di garanzia di fedefacenza. Lamenta poi il rifiuto della sua istanza probatoria volta a verificare il contenuto del cellulare della donna, ma non sostanzia il minimo arbitrio in merito alla valutazione anticipata della prova. Risulta inoltre che non ha ribadito tale istanza in sede di appello. A nulla vale nemmeno la generica critica sull'uso della testimonianza indiretta a sostegno dell'accertamento sulla presa al collo dell'accusatrice privata. Il principio della libera valutazione delle prove (art. 10 cpv. 2 CPP) permette al giudice di fondarsi sulle dichiarazioni di un teste relative a quanto riferitogli da un'altra persona (sentenza 6B_862/2015 del 7 novembre 2016 consid. 4.2). La CARP poteva quindi prendere in considerazione la deposizione della teste C.________ con riguardo all'episodio del collo raccontatole dall'accusatrice privata, l'insorgente non adducendo del resto alcun elemento che consenta di dubitare dello svolgimento dei fatti così come descritti da detta teste.
In simili circostanze, è in modo del tutto sostenibile che la CARP ha definito le dichiarazioni dell'accusatrice privata più credibili e verosimili.
3.2. Il ricorrente contesta pure di avere vissuto la rottura del legame coniugale in modo più conflittuale rispetto alla moglie, così come ritenuto dalla Corte cantonale. Ciò sarebbe in urto con alcuni messaggi da lei inviati alle sue amiche, nonché con la bozza di accordo da lui redatta nell'ottica del divorzio da cui risulterebbe la sua serenità e la sua volontà di trovare un 
Anche su questi aspetti l'impugnativa è priva di una pertinente motivazione. L'insorgente infatti si limita a proporre una propria valutazione delle prove agli atti, senza confrontarsi con gli argomenti della sentenza impugnata. Da questa emerge che proprio il giorno successivo l'inoltro da parte dell'avvocato della moglie di un'istanza urgente per l'adozione di misure a protezione dell'unione coniugale vi è stata una "brutta scenata" nel corso della quale il ricorrente ha preso per il collo la donna, episodio che cozza chiaramente con l'asserita serenità nell'affrontare il divorzio. In merito al rapporto extraconiugale, la CARP ha accertato che ne era parecchio infastidito, essendo peraltro irrilevante sapere se ciò fosse riconducibile alla relazione in quanto tale o solo alla per lui insufficiente trasparenza della moglie, oppure ancora se per lui si trattasse di una questione di rispetto, orgoglio o gelosia. Per l'insorgente invece la questione avrebbe una rilevanza, atteso che la pubblica accusa avrebbe intravisto nella presunta gelosia il movente dell'accoltellamento. La CARP tuttavia non ha seguito questa tesi accusatoria, di modo che la critica risulta inconferente.
4. Per quanto concerne i fatti del mattino del 16 novembre 2014, il ricorrente non contesta l'accertamento sul loro svolgimento se non in relazione alla dinamica del ferimento della moglie. Al riguardo gli accertamenti non potrebbero essere stabiliti sulla base delle dichiarazioni dell'accusatrice privata, perché sarebbero lacunose e contraddittorie; la valutazione contraria della CARP sarebbe pertanto arbitraria.
4.1. La Corte cantonale ha stabilito che quella mattina l'insorgente era particolarmente arrabbiato con la moglie. Anche su questo aspetto le censure di arbitrio appaiono inammissibili. Il ricorrente infatti non contesta l'accertamento sul suo stato d'animo di quella mattina, bensì sulle ragioni che lo avrebbero indotto al comportamento avuto, ovvero non la relazione extraconiugale in quanto tale ma l'assenza di sincerità della moglie e della sua amica. Tuttavia non spiega minimamente perché i motivi alla base della sua rabbia siano suscettibili di modificare l'esito del procedimento. Non si giustifica dunque attardarsi oltre.
4.2. L'insorgente rileva le contraddizioni delle dichiarazioni della moglie in merito al suo rientro a casa quel mattino. Se in un primo momento ella ha riferito di aver aperto la porta e di non essere riuscita a entrare, successivamente avrebbe affermato di essere entrata. Non sarebbe dunque stata in grado di fornire una versione lineare e coerente su questa prima fase del litigio. Ciò inciderebbe sulla sua capacità di riferire fedelmente e senza confusioni su quanto successo in seguito.
La CARP non ha scorto divergenze nelle diverse dichiarazioni della donna, avendo sempre sostenuto di essere rimasta sulla soglia di casa. Ha poi aggiunto che quand'anche avesse messo un piede nell'atrio, non si potrebbe comunque ritenere senza incorrere in un eccesso di formalismo che abbia cambiato versione. Infatti, l'atrio è solo il locale d'ingresso alla casa e nel linguaggio corrente entrare nell'atrio è cosa diversa dall'entrare in casa. A fronte di queste spiegazioni, il ricorrente si limita ad affermare che la disquisizione sul concetto di "soglia" e di "atrio" non sarebbe sufficiente a sanare le contraddizioni, argomentazione lungi dal sostanziare qualsiasi arbitrio. Il fatto che l'accusatrice privata abbia menzionato di aver lasciato il casco e le cose che aveva in mano quando si trovava sulla soglia non lascia "supporre", come avanzato nel gravame, che siano stati posati dentro la casa, dietro la porta. Del resto, la documentazione fotografica agli atti permette di avallare l'interpretazione dei giudici cantonali. Se effettivamente si scorge un mobile-guardaroba dietro la porta, il ricorrente disattende che nell'immagine n. 20, raffigurante parte dell'atrio, si nota un mobile scarpiera di una profondità tale da permettere di appoggiare un casco, senza per questo necessariamente penetrare in casa. In simili circostanze, nel negare la sussistenza di sensibili contraddizioni delle dichiarazioni della moglie, la CARP non ha commesso arbitrio.
Vano risulta poi il tentativo di lamentare il mancato esperimento del sopralluogo richiesto dal ricorrente. L'istanza probatoria in tal senso è stata respinta dalla Presidente della CARP con decreto del 3 maggio 2016 (incarto CARP XXVII), perché la prova proposta non appariva necessaria. Al riguardo tuttavia l'insorgente non dimostra arbitrio in questa valutazione anticipata della prova, limitandosi a sostenere che un sopralluogo avrebbe "forse" permesso di stabilire con maggiore certezza la dinamica dei fatti, argomentazione dal puro carattere appellatorio. Peraltro nemmeno risulta che egli abbia riproposto l'istanza probatoria al dibattimento, per cui se ne deve dedurre che abbia rinunciato alla prova in questione.
4.3. La CARP ha pure accertato che, mentre la moglie era nel cespuglio in seguito agli spintoni, il ricorrente l'ha afferrata violentemente per i capelli al punto da strapparne una ciocca e l'ha colpita con dei calci, come da lei dichiarato.
L'insorgente non contesta questi accertamenti, ma ancora una volta si duole del fatto che l'autorità cantonale abbia ritenuto maggiormente credibile l'accusatrice privata, adducendo la pacatezza del suo racconto. Precisa di non aver mai preteso che ella avesse una volontà di nuocergli, ma piuttosto la considera incapace, per mancanza di un ricordo lucido e costante, di ricostruire con precisione e affidabilità gli attimi concitati di quel mattino. La censura è gratuita. Non si scorge infatti come la CARP abbia potuto commettere arbitrio nell'accertare che il ricorrente ha sferrato dei calci alla donna, che lui sostiene di non ricordare, ma che la donna ha riferito. Su questo aspetto, malgrado continui ad addurre pretese chiare, evidenti e incontestabili contraddizioni e imprecisioni dell'accusatrice privata, non ne rileva neanche una.
4.4. Successivamente il ricorrente è rientrato in casa e ha preso due coltelli. Egli ha spiegato di averlo fatto perché furioso in ragione degli insulti e delle minacce di chiamare la polizia che la moglie avrebbe proferito mentre già si incamminava per il vialetto per andarsene, mentre ella ha dichiarato di aver pensato di chiamare la polizia solo dopo essere stata ferita, a tutela dei figli. La CARP ha ritenuto le dichiarazioni dell'insorgente inverosimili, in primo luogo perché, vista la posizione in cui l'accusatrice privata è stata colpita, egli avrebbe dovuto muoversi con la velocità di un lampo per riuscire a rientrare in casa, andare in cucina, prendere i coltelli e raggiungere la moglie. In secondo luogo, la Corte cantonale ha considerato pure inverosimile che la donna abbia partecipato in modo attivo al litigio con insulti e minacce, perché in contraddizione irrimediabile con la sua preoccupazione di salvaguardare, per quanto possibile, la serenità dei figli che assistevano alla scena. La CARP ha inoltre accertato che il ricorrente, arrivato sulla soglia di casa con i coltelli, ha minacciato la moglie di ucciderla. La Corte cantonale non gli ha poi creduto quando ha sostenuto di volerla soltanto spaventare. Atteso che l'accusatrice privata non ha proferito minacce di sorta che potessero indurlo a prendere i coltelli, per i giudici cantonali il suo armarsi può essere inteso unicamente come la manifestazione della volontà di continuare, in crescendo, la violenza sino a quel momento messa in atto. Hanno viepiù definito inverosimili i suoi asseriti propositi, non scorgendo come si possa pensare di riuscire a dissuadere una persona che in seguito alla violenza subita intende (per ipotesi) chiamare la polizia, spaventandola maggiormente con la minaccia di una violenza ancor più grave.
A queste considerazioni il ricorrente formula una serie di obiezioni ancora una volta di carattere appellatorio. Evidenzia certo l'assenza di riscontri oggettivi sia sul punto esatto del vialetto in cui sarebbe avvenuto il ferimento, ricordato che le parti ne avrebbero indicati due diversi, distanti tra loro alcuni metri, sia in merito alla sua ritenuta e qui contestata volontà di continuare in crescendo la violenza sino a quel momento messa in atto. Egli tuttavia non si confronta minimamente con gli argomenti dei giudici precedenti e ancor meno ne dimostra l'insostenibilità, ma elabora semplici supposizioni, adducendo per esempio che sia "verosimile" che l'escalation di violenza sia stata "con ogni probabilità" indotta da qualcosa, quale appunto un atteggiamento o delle parole dell'accusatrice privata. Per dimostrare l'arbitrio, non basta fornire una versione alternativa, seppur possibile, a quella esposta nella sentenza impugnata, ma occorre dimostrare che quest'ultima è insostenibile. L'insorgente omette completamente di misurarsi sia con la trascrizione della telefonata con cui, una volta ferita, la moglie ha chiesto soccorso alla polizia, menzionata dalla CARP a comprova della veracità della preoccupazione della donna per i bambini, sia con le ragioni per le quali è stata qualificata come inverosimile la sua tesi sull'intenzione di unicamente spaventarla. Nel ricorso viene di transenna anche menzionata l'assenza di un sopralluogo e di un contraddittorio in punto alle dichiarazioni sul luogo esatto del ferimento. Trattasi di accenni al tal punto generici da nemmeno poter essere considerati delle censure e neppure si abbozza un'eventuale violazione del diritto da parte dell'autorità precedente. Non v'è pertanto motivo di soffermarsi oltre.
4.5. Durante l'inchiesta l'accusatrice privata ha dichiarato di aver visto il marito con due coltelli e al dibattimento di primo grado, pur ribadendo di aver visto due coltelli, ha affermato di non poter escludere che fossero tre. Sul modo in cui egli li teneva, in corso di inchiesta, ha riferito che li aveva in mano, mentre al dibattimento di primo grado che li teneva sottobraccio. La CARP ha qualificato tali dichiarazioni sostanzialmente costanti e lineari. Per il ricorrente, essa ne relativizzerebbe le contraddizioni, considerandole irrilevanti e incorrendo così nell'arbitrio.
Sul numero di coltelli, le considerazioni dell'autorità cantonale appaiono sostenibili. Come da essa rilevato, la versione dell'accusatrice privata è lineare, in quanto ha sempre affermato di averne visti due e d'altronde su questo punto il ricorso neppure spiega le ragioni per cui, nell'aggiungere al dibattimento di non poter escludere che i coltelli fossero tre, la moglie abbia in qualche modo fornito una versione diversa da quella precedente. Quanto al modo in cui l'insorgente teneva i coltelli, la CARP ha osservato come le dichiarazioni dell'accusatrice privata non fossero al riguardo perentorie, essendo ricorsa a espressioni quali "mi pare che", "ho il ricordo che" ed ha comunque sempre posizionato gli stessi in un solo posto (o in una mano o sottobraccio). Ha ricondotto l'assenza di perentorietà allo spavento del momento che le ha impedito di percepire con esattezza quel dettaglio, portando alla mancata fissazione del ricordo. Il ricorrente sostiene che questa argomentazione sarebbe smentita dagli atti, posto come in tutti i suoi interrogatori la moglie avrebbe dato prova di perfetta lucidità, rilasciando affermazioni assai precise. Contesta poi che le sue dichiarazioni non sarebbero perentorie. Benché di primo acchito le obiezioni ricorsuali possano apparire non prive di pertinenza, l'insorgente non contesta la considerazione della CARP, salvo affermare senza ulteriori spiegazioni che sarebbe manifestamente sbagliata. Le dichiarazioni dell'accusatrice privata conservano comunque un buon fondamento, nella misura in cui ha sempre posizionato i coltelli in un solo posto. Sia come sia, pur volendo riconoscere che sulla questione la moglie abbia fornito delle versioni contrastanti, non è possibile concludere sulla sua non credibilità su tutto quanto da ella riferito, in particolare su quanto accaduto dopo che il ricorrente si è presentato sull'uscio munito di coltelli.
4.6. La CARP ha accertato che alla vista del ricorrente armato di coltelli la moglie ha deciso di andarsene e si è incamminata a passo sostenuto per il vialetto. Analizzando le versioni dei protagonisti, ha stabilito che l'insorgente ha colpito la donna da dietro, mentre si stava allontanando. Non hanno creduto alla tesi difensiva secondo cui egli avrebbe raggiunto la moglie agitando i coltelli e l'avrebbe involontariamente ferita, rilevando dei cambiamenti significativi nelle diverse versioni da lui fornite. Se in un primo tempo ha affermato di non essersi accorto di aver ferito l'accusatrice privata e di non sapere come sia accaduto, successivamente ha sostenuto che una volta raggiunta si sarebbe posizionato al suo fianco ed entrambi si sarebbero fermati, ammettendo implicitamente che la ferita fosse riconducibile ai suoi movimenti con i coltelli. Avrebbe in seguito sostenuto che la moglie si sarebbe ferita forse perché, alla vista del coltello brandito davanti, avrebbe indietreggiato mentre lui rimaneva sul posto. Al dibattimento di primo grado tale ipotesi è divenuta un'affermazione perentoria. La CARP ha ritenuto il racconto del ricorrente intrinsecamente inverosimile: risulta contraria alla comune esperienza della vita e alla comune conoscenza delle cose l'immagine dell'uomo che si affianca alla moglie che fugge e allarga le braccia, divaricandole così da poter contemporaneamente agitare un coltello davanti al petto della donna e un altro dietro la sua schiena. Questa inverosimiglianza è ancora più marcata quando si pretende che la lama di uno dei coltelli è penetrata nella scapola della moglie, per colpa sua che, fermandosi bruscamente spaventata dall'altro coltello agitatole davanti, ha indietreggiato ferendosi.
Il ricorrente contesta di aver cambiato nel tempo la versione dei fatti. Contrariamente a quanto sembra sostenere, le incoerenze rilevate dalla CARP non concernono tuttavia l'agitare in aria i coltelli, rispettivamente le finte coltellate, ma piuttosto la dinamica del ferimento in quanto tale, laddove inizialmente ha sostenuto che sarebbe occorso mentre i protagonisti erano fermi, per poi ipotizzare e in seguito affermare che invece la donna avrebbe indietreggiato impattando il coltello che avrebbe avuto dietro la schiena. Al riguardo l'insorgente nemmeno tenta di dimostrare che in realtà non vi sarebbe alcun mutamento di versione, definendo in sostanza tali variazioni irrilevanti nella misura in cui comunque gli scenari sarebbero in chiaro contrasto con il ritenuto intento di uccidere. Egli si limita così a minimizzarle, enfatizzando per contro quelle che considera siano delle contraddizioni e dei mutamenti delle dichiarazioni dell'accusatrice privata di cui mancando di tener conto, rispettivamente relativizzandole, la CARP sarebbe incorsa nell'arbitrio. Infatti in un primo tempo la donna avrebbe riferito che, alle minacce dell'uomo di ucciderla, non avrebbe risposto nulla, in seguito avrebbe affermato di avergli chiesto se fosse matto, per poi dichiarare di avergli domandato cosa stesse facendo, se fosse matto. Dimostrerebbe in tal modo di non essere in grado di riferire con esattezza quanto sia stato detto quel giorno. Avrebbe modificato pure il suo racconto in punto alla "fuga". Inizialmente avrebbe detto di essersi allontanata voltando la schiena al marito fino a sentire la lama nella schiena, mentre al dibattimento avrebbe fornito una versione che molto si avvicina a quella del ricorrente, dichiarando che sarebbe stata raggiunta da dietro "un po' lateralmente", confermando di fatto di aver avuto il marito sul fianco e non potendo escludere di essersi perfino fermata.
L'insorgente travisa e plasma le dichiarazioni della moglie. In realtà, come rilevato dalla CARP, questa ha sempre fornito una versione costante, negando in modo perentorio che i fatti si siano svolti come descritto dal marito. Ha escluso di aver mai avuto un coltello davanti, di essersi improvvisamente fermata o di aver indietreggiato. È vero che al dibattimento di primo grado ha precisato di essere stata raggiunta da dietro dal ricorrente "un po' lateralmente", dal momento che si girava parzialmente per guardarlo. Lo teneva quindi sott'occhio come osservato dalla CARP. Ciò è tuttavia lungi dal coincidere con quanto dichiarato dall'insorgente. È vero pure che al dibattimento di primo grado l'accusatrice privata ha riferito di non ricordare di aver fatto un movimento repentino di arresto e quindi di non poterlo escludere, proprio perché non lo ricordava. Al proposito, la Corte cantonale ha ritenuto che questa aggiunta, dopo aver a più riprese escluso tale fatto, non ha alcun significato logico e costituisce un'anomalia difficilmente spiegabile, tanto più perché fornita a una o più domande non verbalizzate. Ha quindi concluso che tale aggiunta nulla modifica alle dichiarazioni immediatamente precedenti, in cui la donna ha categoricamente negato di essersi fermata come invece preteso dal ricorrente. Esse conservano pertanto piena validità. A fronte di questa motivazione, l'insorgente si limita a lamentare la relativizzazione della portata e della chiarezza delle affermazioni rese nel corso del dibattimento di prima sede, senza peraltro procedere a un nuovo interrogatorio della donna in sede di appello, al fine di delucidare i punti controversi di quella che è stata ritenuta una verbalizzazione non ineccepibile. L'argomentazione non è sufficiente a sostanziare il lamentato arbitrio nella valutazione delle prove. In particolare il ricorrente non spiega per quali ragioni, negando qualsiasi portata alla citata aggiunta e attenendosi alle perentorie affermazioni della moglie sulla dinamica del ferimento, la CARP avrebbe interpretato in modo non solo opinabile, ma addirittura insostenibile le dichiarazioni agli atti.
4.7. L'insorgente contesta pure la conclusione della Corte cantonale, secondo cui non sarebbe possibile determinare con quale mano egli impugnasse il coltello con cui è stata inflitta la ferita. Sennonché egli omette di illustrare quale rilevanza ciò possa avere ai fini del giudizio, di modo che la censura non merita disamina.
4.8. Come visto (supra consid. 4.6), la CARP ha accertato la dinamica del ferimento sulla scorta della versione dei fatti della moglie, ritenuta più credibile, rilevando nelle sue dichiarazioni il pregio della congruenza, della logica interna, della differenziazione ed evidenziazione di sfumature, nonché della pacatezza. Ha invece scartato la versione del ricorrente, tenuto conto della sua generale non credibilità e dell'evidente inverosimiglianza. La Corte cantonale ha concluso che il colpo inferto dall'insorgente all'accusatrice privata, da dietro mentre lei si stava allontanando, è un accoltellamento volontario. Anche il tipo di lesione avvalora il gesto volontario. In effetti il medico legale ha affermato che nella sua esperienza personale non gli è mai capitato di vedere una ferita da punta e taglio penetrante di natura accidentale.
L'insorgente contesta queste conclusioni che considera arbitrarie. Sarebbe insostenibile ritenere credibile l'accusatrice privata alla luce delle numerose aggiunte, contraddizioni e incongruenze delle sue dichiarazioni. La pacatezza non sarebbe inoltre un criterio pertinente per valutare la credibilità delle parti, considerata soprattutto la posizione del ricorrente, imputato chiamato a difendersi da gravi accuse che ritiene ingiuste. Peraltro la CARP neppure spiegherebbe perché la versione dell'insorgente sarebbe talmente inconsueta da risultare contraria alla comune esperienza della vita e alla comune conoscenza delle cose, tale da essere addirittura definita una "strampalata tesi difensiva". Sarebbe inoltre tendenziosa l'autorità cantonale quando lascia intendere che egli avrebbe preteso che la moglie si sarebbe infilzata da sola sul coltello, procedendo a un'esagerazione quasi caricaturale delle sue dichiarazioni. Egli avrebbe sempre sostenuto che il ferimento è risultato da un impatto non voluto con la schiena della donna. Lo stesso perito giudiziario avrebbe affermato che la lesione sarebbe compatibile con entrambe le versioni degli interessati. Nella misura in cui la CARP si scosterebbe da questo accertamento peritale e si fonderebbe su una presunta esperienza statistica personale del medico legale, priva di carattere scientifico, incorrerebbe in un'inammissibile contraddizione.
Sulla credibilità delle diverse versioni delle parti già si è detto sopra, la relativa valutazione della CARP ha resistito alle critiche di arbitrio. Quanto alla pacatezza delle dichiarazioni, deducibile anche dal loro contenuto, è sicuramente un criterio pertinente per l'esame dell'attendibilità dei racconti, di modo che non è possibile imputare alcun arbitrio ai giudici cantonali, tanto meno che è solo uno dei criteri, neppure dei più significativi, da loro utilizzato. In merito alla generale inverosimiglianza della versione della difesa, questo Tribunale condivide le considerazioni della CARP. È quanto meno inusuale afferrare non uno, ma due coltelli per asseritamente solo spaventare qualcuno che alla loro vista si allontana e, non pago, inseguirlo, raggiungerlo sul fianco, allargare le braccia e brandire una lama davanti e una dietro. Peraltro non si scorgono i motivi per diminuire l'effetto scenico di due coltelli, agitandone solo uno sotto gli occhi della vittima. Il ricorrente erra poi manifestamente laddove rimprovera ai giudici cantonali di essersi scostati dalle conclusioni peritali, secondo cui la ferita sarebbe compatibile sia con un colpo accidentale sia con un accoltellamento volontario. Proprio perché il medico legale non esclude una versione, non risulta insostenibile ritenere che l'esperienza personale del medico legale, anche se non ha un carattere assolutamente scientifico, conforti l'accertamento sulla volontarietà del colpo, accertamento effettuato indipendentemente dalle valutazioni tecnico-peritali.
5. Posti questi fatti, segnatamente il ferimento da tergo mentre la moglie si stava allontanando, la CARP ha ritenuto che si è trattato di un accoltellamento volontario. Infatti, dopo aver detto alla donna che l'avrebbe ammazzata, l'ha colpita intenzionalmente in una zona che è sede di organi vitali con un'arma potenzialmente atta a infliggere una lesione letale. Il colpo vibrato non può dunque essere inteso se non come la concretizzazione della minaccia di morte appena proferita, dopo che aveva già percosso la moglie in un accesso di aggressività. Questa concretizzazione, ossia il colpo sferrato con un coltello dotato di una lama affilata di ben 20 cm in una zona in cui un colpo di quel genere ha notoriamente natura potenzialmente letale, dimostra come la minaccia di morte formulata poco prima corrispondesse all'intenzione di chi l'ha proferita. Secondo la CARP si è trattato di un'intenzione maturata sull'onda di una furente frustrazione e che è stata subito abbandonata per la manifestazione di dolore della vittima. Il ricorrente ha colpito la moglie una volta sola, malgrado nulla gli impedisse di inferire ulteriori colpi. Avendo quindi rinunciato a perfezionare l'omicidio in piena autonomia, senza condizionamenti esterni, l'autorità cantonale ha riconosciuto sussistere una desistenza spontanea giusta l'art. 23 cpv. 1 CP.
5.1. L'insorgente ritiene questa conclusione insostenibile. Dopo aver scartato la tesi difensiva, la CARP ne proporrebbe un'altra assai più improbabile, contraria alla comune esperienza della vita, nonché intrinsecamente contraddittoria. Sarebbe pure arbitrario dedurre un'intenzione omicida dalla minaccia, contestata in assenza di prove oggettive, di uccidere l'accusatrice privata. I giudici precedenti interpreterebbero in senso letterale una frase consueta in siffatte circostanze di degenerazione, malgrado la moglie abbia riferito di non poter escludere che l'insorgente abbia proferito minacce analoghe in altre occasioni, senza tuttavia mai passare all'atto. La ritenuta immediata desistenza del ricorrente deporrebbe invero in favore della sua versione circa l'assenza di un intento omicida dal momento che, se davvero l'avesse avuto, avrebbe facilmente potuto "infierire in altre modalità e con altra tempistica".
5.2. Ciò che l'autore sapeva, voleva o ha preso in considerazione pertiene all'accertamento dei fatti, che vincola il Tribunale federale, tranne se svolto in modo manifestamente inesatto o in violazione del diritto (v. art. 105 LTF). È per contro una questione di diritto, valutabile con piena cognizione, quella di sapere se, sulla base dei fatti accertati, la conclusione sul dolo sia fondata (DTF 138 V 74 consid. 8.4.1 e rinvii).
Nella misura in cui il ricorrente tenta nuovamente di contestare l'accertamento dei fatti, si rinvia a quanto già esposto (v. supra consid. 4), la valutazione delle prove su cui poggia il giudizio essendo sfuggita alle numerose censure di arbitrio. Per il resto, la conclusione della CARP sulla sussistenza di un dolo resiste alle critiche ricorsuali. Dopo aver spintonato la moglie, tirato violentemente i suoi capelli e sferratole dei calci, egli si è munito di due coltelli e l'ha minacciata di morte. Nulla egli può dedurre da asserite precedenti minacce di natura analoga. Innanzitutto, salvo un generico richiamo alle dichiarazioni dell'accusatrice privata, che è stata interrogata più volte, il ricorso è privo di riferimenti a specifici documenti dell'incarto da cui risulterebbero. Orbene, non spetta al Tribunale federale ricercare negli atti di causa gli elementi a sostegno di una censura (DTF 133 IV 286 consid. 6.2). Inoltre il ricorrente non pretende che, anche in precedenti occasioni in cui avrebbe proferito simili minacce, avrebbe brandito dei coltelli. Ciò posto, come osservato in sede cantonale, si è trattato di un'escalation di violenza: l'insorgente ha impugnato dei coltelli proferendo le suddette minacce, ha inseguito la vittima che si stava allontanando e l'ha colpita al dorso mentre voltava la schiena. In simili circostanze ravvedere nella minaccia di uccidere la moglie una volontà omicida, concretata con un colpo di coltello alla schiena, è conforme al diritto.
6. Ne segue che, per quanto ammissibile, il ricorso si rivela infondato e va pertanto respinto.
L'istanza di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio non può trovare accoglimento. Non è infatti supportata da alcun documento volto a comprovare l'assenza dei mezzi necessari ai sensi dell'art. 64 cpv. 1 LTF. Il ricorrente spiega di non essere in grado di provare la propria indigenza, afferma di non possedere alcuna sostanza, di lavorare a tempo parziale senza disporre di un contratto di lavoro o di altri giustificativi relativi alla sua remunerazione versatagli in contanti. Asserisce di riuscire a coprire a stento il proprio fabbisogno. Anche la pigione della camera in cui alloggia sarebbe pagata in contanti e non esisterebbe un contratto scritto di sub-locazione. Nonostante l'assenza di giustificativi, egli ricorda che in sede cantonale avrebbe beneficiato dell'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio e che da allora la sua situazione finanziaria non sarebbe mutata. Sennonché, ai fini dell'art. 64 LTF non è decisivo che l'istante abbia ottenuto l'assistenza giudiziaria in sede cantonale (v. DTF 122 III 392 consid. 3a). Peraltro, già dalle sue affermazioni appare che da allora la sua situazione personale e finanziaria è mutata: se nella sentenza impugnata egli risulta casalingo, nel suo gravame asserisce di lavorare attualmente a tempo parziale. Spetta all'istante non solo illustrare, bensì documentare il suo stato di bisogno fornendo indicazioni, con debite prove a sostegno, sul reddito, sul patrimonio, sull'insieme degli oneri finanziari e sui suoi bisogni attuali. Se questa incombenza non è assolta, la domanda di assistenza giudiziaria dev'essere respinta (v. DTF 125 IV 161 consid. 4a).
Le spese giudiziarie sono pertanto poste a carico del ricorrente, secondo soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF).
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2. La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio è respinta.
3. Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- sono poste a carico del ricorrente.
4. Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino, nonché per informazione alla patrocinatrice dell'accusatrice privata.
Losanna, 15 giugno 2017
In nome della Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Denys
La Cancelliera: Ortolano Ribordy