Zurück zur Einstiegsseite Drucken
Original
 
Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
2A.557/2002 /bom
Sentenza del 3 giugno 2004
II Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Wurzburger, presidente,
Betschart, Hungerbühler, Müller, Merkli,
cancelliera Ieronimo Perroud.
Parti
A.A.________,
ricorrente, patrocinata dall'avv. dott. Giorgio De Biasio,
contro
Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
Residenza governativa, 6500 Bellinzona,
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino,
via Pretorio 16, casella postale, 6901 Lugano.
Oggetto
mancato rinnovo del permesso di dimora per sé e per il figlio C.A.________,
ricorso di diritto amministrativo contro la decisione del 9 ottobre 2002 del Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
A.A.________ (1972), cittadina russa titolare di un passaporto lettone per apolidi, ha beneficiato negli anni 1998/1999 di una serie permessi di dimora temporanei in Svizzera. Il 15 ottobre 1999 si è sposata con il cittadino italo-svizzero B.A.________ (1968). In seguito a ciò la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino le ha rilasciato un permesso di dimora, l'ultima volta rinnovato con scadenza al 14 ottobre 2001. Il 19 novembre 1999 l'interessata ha iniziato un'attività lavorativa. Il 17 gennaio 2000 A.A.________ è stata raggiunta dal figlio C.A.________ (1996), nato da una precedente relazione, al quale è pure stato rilasciato un permesso di dimora annuale, ugualmente rinnovato fino al 14 ottobre 2001.
B.
Il 26 marzo 2001 B.A.________ ha informato l'Ufficio regionale degli stranieri di Agno di aver chiesto la separazione legale dalla moglie, nonché di voler lasciare l'abitazione coniugale il 1° aprile successivo. Il 12 aprile 2001 A.A.________ ha promosso un'azione di separazione dinanzi alla Pretura del Distretto di Lugano, alla quale il marito ha aderito il 2 luglio successivo. Sentiti dal Giudice civile il 21 settembre 2001, i coniugi A.________ hanno confermato di voler vivere separatamente.
C.
Il 20 marzo 2002 la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino ha respinto l'istanza presentata l'11 settembre 2001 da A.A.________, per sé ed il figlio C.A.________, volta ad ottenere il rinnovo dei loro permessi di dimora e ha fissato loro un termine per lasciare il Cantone con scadenza al 31 maggio 2002. Detta autorità ha osservato che l'interessata non viveva più con il marito dal marzo 2001 e che non adempiva più la condizione per cui le era stato accordato il permesso richiesto.
Detta decisione è stata confermata su ricorso dapprima dal Consiglio di Stato ticinese, il 21 maggio 2002, e poi dal Tribunale cantonale amministrativo, con sentenza del 9 ottobre 2002. Lasciando indeciso il quesito di sapere se si trattava di un matrimonio fittizio, entrambe queste autorità hanno in sostanza ritenuto che la straniera abusava manifestamente dei propri diritti appellandosi ad un matrimonio esistente soltanto formalmente.
D.
Il 12 novembre 2002 A.A.________ ha inoltrato dinanzi al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo, con cui chiede che la sentenza cantonale sia annullata. Censura, in sostanza, la violazione del diritto federale determinante e dell'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone, in vigore dal 1° giugno 2002 (ALC; RS 0.142.112.681).
Chiamato ad esprimersi il Tribunale cantonale amministrativo ha rinunciato a formulare delle osservazioni, riconfermandosi nel suo giudizio. Dal canto loro sia il Consiglio di Stato ticinese che l'Ufficio federale degli stranieri (ora: Ufficio federale dell'immigrazione, dell'integrazione e dell'emigrazione) hanno domandato che il gravame sia respinto.
E.
Con decreto presidenziale del 25 novembre 2002 è stato conferito in via supercautelare effetto sospensivo al ricorso.
Diritto:
1.
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità del rimedio sottopostogli (DTF 129 I 337 consid. 1; 129 II 225 consid. 1, 453 consid. 2 e riferimenti).
1.1 In materia di diritto degli stranieri, il ricorso di diritto amministrativo non è proponibile contro il rilascio o il rifiuto di un permesso di dimora o di domicilio, salvo laddove un diritto all'ottenimento di un simile permesso si fonda su una disposizione del diritto federale o di un trattato internazionale (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG e art. 4 della legge federale del 26 marzo 1931 concernente la dimora e il domicilio degli stranieri [LDDS; RS 142.20]; DTF 128 II 145 consid. 1.1.1; 127 II 161 consid. 1a, 60 consid. 1a; 126 II 425 consid. 1 con numerosi rinvii).
1.2 Giusta l'art. 7 cpv. 1 LDDS, il coniuge straniero di un cittadino svizzero ha diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora. Il rifiuto del rinnovo del permesso sollecitato dalla ricorrente, sposata con un cittadino svizzero dal 15 ottobre 1999, può quindi essere sottoposto al Tribunale federale mediante ricorso di diritto amministrativo (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG a contrario). Sapere se questo diritto sussista ancora o sia invece decaduto in virtù delle eccezioni o delle restrizioni che discendono dall'art. 7 cpv. 2 LDDS e dall'abuso di diritto è per contro un problema di merito non di ammissibilità (DTF 128 II 145 consid. 1.1.2 e numerosi rinvii).
1.3 Di conseguenza, la questione di sapere se il gravame sia ricevibile anche dal profilo dell'art. 3 Allegato I ALC, a cui la ricorrente fa pure riferimento, può restare indecisa, potendo questa Corte entrare nel merito del medesimo già in virtù dei motivi che precedono.
2.
Giusta l'art. 104 OG, la ricorrente può far valere con il rimedio esperito la violazione del diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere di apprezzamento (lett. a), e l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti giuridicamente rilevanti, sotto riserva dell'art. 105 cpv. 2 OG (lett. b). Il Tribunale federale esamina liberamente l'applicazione del diritto federale, il quale include segnatamente i diritti costituzionali dei cittadini (DTF 128 II 56 consid. 2b; 124 II 517 consid. 1; 123 II 385 consid. 3) e i trattati internazionali (DTF 126 II 506 consid. 1b). Dato che non è vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi invocati dalle parti, esso può accogliere il ricorso per ragioni che la ricorrente non ha addotto o respingerlo in base ad argomenti che la decisione impugnata non ha preso in considerazione (art. 114 cpv. 1 in fine OG; DTF 127 II 264 consid. 1b; 125 II 497 consid. 1b/aa). Considerato comunque che nel caso concreto la decisione impugnata emana da un'autorità giudiziaria, l'accertamento dei fatti da essa operato vincola il Tribunale federale, salvo che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti oppure siano stati accertati violando norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG).
3.
Conformemente al suo articolo 1 lett. a, la legge federale del 26 marzo 1931 concernente la dimora e il domicilio degli stranieri si applica ai cittadini degli Stati membri della Comunità europea e ai loro familiari solo qualora l'Accordo tra la Svizzera e la Comunità europea in materia di libera circolazione delle persone non disponga altrimenti o se detta legge non preveda disposizioni più favorevoli. In concreto, si tratta quindi di determinare quali siano le norme di diritto materiale applicabili alla presente fattispecie.
3.1 Come accennato in narrativa, la ricorrente fonda il proprio gravame sulla pretesa violazione sia delle disposizioni nazionali in materia di dimora e domicilio degli stranieri, che dell'Accordo settoriale concluso tra la Svizzera e la Comunità europea in materia di libera circolazione delle persone, dal momento che suo marito disporrebbe, oltre che della nazionalità elvetica, anche di quella italiana.
Ora, quest'ultima circostanza non trova per il vero nessun riscontro nella documentazione agli atti. Si deve tuttavia rilevare che la ricorrente aveva già sostenuto ciò davanti al Tribunale amministrativo ticinese senza che da parte delle autorità cantonali venisse sollevata alcuna contestazione in proposito. Di conseguenza, la doppia nazionalità italiana e svizzera di B.A.________ costituisce un dato di fatto sul quale si sono sostanzialmente fondati anche i giudici cantonali per emanare la sentenza qui impugnata e, come tale, è vincolante per questa Corte (art. 105 cpv. 2 OG).
3.2 Chiarito questo primo aspetto, occorre stabilire se ciò sia sufficiente a far sì che la ricorrente possa richiamarsi al citato Accordo in materia di libera circolazione delle persone. In effetti, suo marito è nato in Svizzera, paese nel quale, a quanto pare, ha sempre risieduto e dove tuttora risiede senza dovere beneficiare di un'autorizzazione di soggiorno per stranieri, essendo egli, come detto, anche cittadino svizzero.
Il Tribunale federale ha già avuto modo di esaminare la questione, lasciandola comunque indecisa, di sapere se il citato Accordo trovava applicazione nei confronti di persone in possesso della doppia cittadinanza, segnatamente di cittadini svizzeri, residenti in Svizzera, che erano ugualmente cittadini comunitari (cfr. sentenza del Tribunale federale 2A.425/2003 del 5 marzo 2003, consid. 3.4). Tale questione non deve tuttavia essere risolta in modo definitivo in questa sede, poiché, come si vedrà di seguito, il ricorso in esame risulta infondato che lo si esamini sia applicando l'art. 7 cpv. 1 LDDS (consid. 4) sia il citato Accordo (consid. 5).
4.
In primo luogo la presente fattispecie va vagliata dal profilo dell'art. 7 LDDS.
4.1 Per costante giurisprudenza vi è abuso di diritto laddove un determinato istituto giuridico viene invocato per realizzare degli interessi che il medesimo istituto non si prefigge di tutelare (DTF 121 I 367 consid. 3b; 121 II 97 consid. 4). In relazione all'art. 7 LDDS, ciò è il caso allorquando il coniuge straniero di un cittadino svizzero si richiama ad un matrimonio che sussiste solo a livello formale, unicamente per ottenere il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno: un simile scopo non risulta in effetti tra quelli contemplati dalla norma in questione per cui sfugge a qualsiasi tutela sul piano giuridico. Il matrimonio sussiste solo formalmente quando vi è una rottura definitiva dell'unione coniugale, ossia quando non vi è più alcuna possibilità di riconciliazione; le cause e i motivi all'origine di questa rottura non sono determinanti (DTF 128 II 145 consid. 2.2; 127 II 49 consid. 5a e 5d; 123 II 49 consid. 4 e 5; 121 II 97 consid. 2 e 4).
Secondo giurisprudenza, l'esistenza di una situazione di abuso non deve tuttavia essere ammessa con eccessiva facilità: in particolare non vi è abuso di diritto già per il fatto che i coniugi vivono separati o perché tra loro è pendente una procedura di divorzio. Nel formulare l'art. 7 LDDS, il legislatore ha infatti volutamente omesso di far dipendere il diritto del coniuge straniero di un cittadino svizzero all'ottenimento di un permesso di soggiorno dall'esistenza di una comunione matrimoniale di fatto (DTF 121 II 97 segg.): è per contro necessario che vi siano concreti indizi tali da indurre a ritenere che i coniugi non siano (più) intenzionati a condurre una vita comune e rimangano legati dal vincolo matrimoniale soltanto per ragioni di polizia degli stranieri (DTF 127 II 49 consid. 5a con riferimenti). In questo senso può sin da subito essere respinta l'obiezione sollevata dalla ricorrente secondo cui, in base alla prassi attuale, il fatto che i coniugi vivano separati farebbe nascere la presunzione dell'esistenza di un abuso di diritto. In effetti quello appena evocato non è altro che un elemento - più o meno importante a seconda delle circostanze - tra i tanti che l'autorità di polizia degli stranieri deve prendere in considerazione per valutare se sia data una delle fattispecie contemplate dall'art. 7 cpv. 2 LDDS e per negare, se del caso, il rilascio del permesso di soggiorno al coniuge straniero di un cittadino svizzero.
4.2
4.2.1 Con il suo gravame la ricorrente critica i principi giurisprudenziali appena esposti. In particolare sostiene che ai fini dell'applicazione dell'art. 7 LDDS si debba tenere conto dei mutamenti intervenuti nella legislazione svizzera in materia di divorzio, segnatamente del nuovo art. 114 del Codice civile svizzero (CC; RS 210), il quale prevede che i coniugi debbano avere vissuto separati per 4 anni prima che ciascuno di essi possa chiedere unilateralmente lo scioglimento del matrimonio. Afferma che con questa disposizione è stata introdotta la presunzione che un grave turbamento delle relazioni coniugali interviene solo dopo 4 anni di separazione. Orbene, la prassi attualmente vigente in materia di abuso di diritto impone alle autorità amministrative di polizia degli stranieri di effettuare proprio quelle valutazioni in merito alla qualità dei rapporti coniugali che la sopraccitata disposizione ha inteso togliere al giudice civile, così da legittimare un'intromissione nella libertà delle persone che il legislatore federale si è chiaramente proposto di tutelare. In questo modo, le autorità di polizia degli stranieri assumono paradossalmente il ruolo di giudici del divorzio, il che contrasta con l'ordinamento legislativo sulle competenze.
4.2.2 La critica è infondata. Come spiegato di recente dal Tribunale federale, per quanto attiene all'applicazione delle norme in materia di diritto degli stranieri, le autorità amministrative sono sostanzialmente tenute a valutare le relazioni tra coniuge svizzero e coniuge straniero senza essere vincolate dalla situazione esistente dal profilo del diritto del divorzio e soprattutto in maniera indipendente dal giudice civile (DTF 128 II 145 consid. 2.2). D'altronde è lo stesso art. 7 LDDS ad imporre una simile valutazione. Nella misura in cui detto disposto sancisce il decadimento dei diritti contemplati dal suo primo capoverso in caso di matrimonio fittizio o di mantenimento del legame coniugale unicamente per scopi di polizia degli stranieri, esso obbliga di fatto le autorità di polizia degli stranieri a verificare a titolo pregiudiziale la posizione del coniuge straniero sotto il profilo delle sue relazioni matrimoniali con il coniuge svizzero, perlomeno laddove sussistono seri indizi di abuso. Tale esame dev'essere sostanziale e non può limitarsi alla semplice constatazione dei rapporti formalmente esistenti dal punto di vista del diritto civile, altrimenti le possibilità di aggirare la legge rimarrebbero intatte e verrebbero così vanificati gli scopi che il legislatore voleva raggiungere con l'adozione dell'art. 7 cpv. 2 LDDS. In questo ambito il nuovo diritto del divorzio non ha affatto modificato i compiti e le competenze riservate in materia di polizia degli stranieri alle autorità amministrative chiamate a decidere in merito al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorni a favore del coniuge straniero di un cittadino svizzero (sentenza del Tribunale federale 2A.233/2002 del 17 ottobre 2002 in: RDAT 2003 I n. 50 pag. 162 segg., consid. 4.1.2).
4.3 Considerato quindi che, alla luce di tutto quanto appena esposto, non sussistono motivi per scostarsi dalla prassi seguita sin qui dal Tribunale federale riguardo all'applicazione dell'art. 7 LDDS, occorre ricordare in primo luogo che i fatti accertati dal Tribunale amministrativo sono vincolanti per questa Corte (art. 105 cpv. 2 OG). Nel caso concreto emerge chiaramente dalla sentenza querelata - ciò che peraltro la ricorrente medesima non contesta - che i coniugi A.________, hanno cessato di convivere nell'aprile 2001, periodo nel quale hanno pure chiesto al competente giudice civile di pronunciare la loro separazione legale. Al riguardo la ricorrente non dimostra né fornisce la prova che vi sia una possibilità di riconciliazione tra lei e suo marito come anche non allega in modo credibile che vi sia una volontà comune di ricominciare una convivenza. Anzi la breve durata della loro comunione domestica (1 anno e 5 mesi) e il fatto che essi abbiano da tempo organizzato le loro rispettive vite in maniera del tutto autonoma l'una dall'altro, lasciano semmai supporre l'esatto contrario. In queste condizioni, è a giusta ragione che la Corte cantonale ha considerato che l'interessata commetteva un abuso di diritto richiamandosi al proprio matrimonio, il quale esiste solo formalmente, al fine di ottenere il rilascio di un permesso di dimora.
4.4 Visto quanto precede è dunque senza incorrere nella violazione del diritto federale che il Tribunale cantonale amministrativo è giunto alla conclusione che la ricorrente, abusando dei diritti che le derivano dall'art. 7 cpv. 1 prima frase LDDS, si richiama ad un matrimonio esistente soltanto sulla carta al solo scopo di potere fruire dell'autorizzazione a soggiornare in Svizzera.
In assenza di una vera unione coniugale, ella non può inoltre prevalersi dell'esistenza di una vita familiare intatta e effettivamente vissuta, ai sensi dell'art. 13 Cost. e dell'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950 (CEDU; RS 0.101), in grado di permetterle di pretendere il rilascio di un'autorizzazione di soggiorno in base a questi disposti (DTF 120 Ib 16 consid. 3b; 126 II 377 consid. 2c/aa, 425 consid. 4c/aa con rinvii).
Non avendo la ricorrente alcun diritto al rinnovo del permesso di dimora litigioso, nemmeno il figlio minorenne - il quale aveva ottenuto un simile permesso nell'ambito del ricongiungimento familiare - può pretendere di continuare a soggiornare nel nostro Paese.
5.
Rimane da esaminare la vertenza dal profilo dell'Accordo tra la Svizzera e la Comunità europea in materia di libera circolazione delle persone. Giusta l'art. 3 cpv. 1, cpv. 2 lett. a e cpv. 5 Allegato I ALC, il coniuge di un lavoratore comunitario ha il diritto di stabilirsi con lui nonché di accedere a un'attività economica, il lavoratore comunitario dovendo tuttavia disporre per la propria famiglia di un alloggio che sia considerato normale.
5.1 Il Tribunale federale si è recentemente pronunciato sulla portata di questa disposizione (DTF 130 II 113 segg.). Secondo questa giurisprudenza, l'art. 3 Allegato I ALC conferisce al coniuge di un lavoratore comunitario che beneficia di un'autorizzazione di dimora (o di domicilio) in Svizzera dei diritti di portata analoga a quelli di cui beneficia il coniuge straniero di un cittadino svizzero in virtù dell'art. 7 cpv. 1 LDDS. Di conseguenza, come per lo straniero sposato con un cittadino svizzero, il coniuge straniero di un lavoratore comunitario dispone, in linea di principio, di un diritto di soggiorno in Svizzera durante tutta la durata formale del matrimonio, atteso che non vi è l'obbligo di vivere "in permanenza" sotto lo stesso tetto con il consorte per fruire di questo diritto (consid. 8.3 ove il Tribunale federale giunge a questa conclusione dopo essersi espresso nei considerandi 8.1 e 8.2 - ai quali si rinvia in concreto - sulla portata della sentenza della CdGCE del 13 febbraio 1985 nella causa n. 267/83 in re Diatta [pubblicata nella Raccolta di giurisprudenza 1985, pag. 567 segg.]. Va poi comunque precisato che l'intenzione di vivere durevolmente in comunione domestica deve, in principio, esistere perlomeno al momento dell'entrata nello Stato di accoglienza [consid. 9.5]).
5.2 Sempre secondo la DTF 130 II 113 sopraccitata, questo diritto non è tuttavia assoluto. Da un lato, l'art. 3 Allegato I ALC non tutela i matrimoni fittizi (consid. 9.3). Dall'altro, in caso di separazione dei coniugi, vi è abuso di diritto ad invocare questa disposizione allorquando il legame coniugale è svuotato della propria sostanza e che la domanda di raggruppamento familiare ha quale unico scopo il rilascio di un'autorizzazione di soggiorno a favore del coniuge straniero del lavoratore comunitario. Al riguardo, i criteri sviluppati dalla giurisprudenza in merito all'art. 7 cpv. 1 LDDS si applicano mutatis mutandis sia per garantire il rispetto del principio di non discriminazione di cui all'art. 2 ALC sia per assicurare una certa coesione d'insieme del sistema (consid. 9.5). Di conseguenza, il fatto di richiamarsi ad un matrimonio che sussiste solo formalmente comporta la decadenza del diritto conferito dall'art. 3 Allegato I ALC.
5.3 Per quanto attiene alla vertenza in esame ciò significa che, viste le relazioni esistenti tra i coniugi A.________ già esaminate in precedenza (cfr. consid. 4.3), la domanda della ricorrente di poter continuare a soggiornare in Svizzera risulta abusiva anche dal profilo dell'art. 3 Allegato I ALC.
6.
Da quanto precede, risulta che la ricorrente beneficia del medesimo trattamento sia nel caso in cui la si voglia considerare come la moglie di un cittadino svizzero, sia nel caso in cui la si intenda trattare come la moglie di un cittadino comunitario. Ciò permette di respingere la tesi, avanzata nel gravame, secondo cui la regolamentazione prevista dal diritto interno per il coniuge straniero di un cittadino svizzero sarebbe meno favorevole del regime legale che l'Accordo settoriale con la Comunità europea riserva al coniuge straniero di un cittadino comunitario.
7.
7.1 In conclusione, tenuto conto di tutto quanto sopra esposto, il ricorso, infondato, dev'essere respinto.
7.2 Con l'emanazione del presente giudizio, l'istanza volta al conferimento dell'effetto sospensivo al ricorso è divenuta priva d'oggetto.
8.
Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1, 153 e 153a OG). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 159 cpv. 2 OG).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è respinto.
2.
La tassa di giustizia di fr. 2'000.-- è posta a carico della ricorrente.
3.
Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale dell'immigrazione, dell'integrazione e dell'emigrazione.
Losanna, 3 giugno 2004
In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: La cancelliera: